Addio a Franco Battiato

Malato da tempo, l’artista siciliano si è spento nella mattina del 18 maggio, nella sua casa di Milo, in provincia di Catania. Classe 1945, precursore della musica elettronica, si era avvicinato al pop a fine anni ’70. Nel 1981 il boom con “La voce del padrone”

«Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza/ Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza». Lo immaginiamo così l’ultimo viaggio di Franco Battiato, prendendo in prestito le parole di una delle sue canzoni più famose, “La cura” (1997). L’artista si è spento stamani, 18 maggio, nella sua grande casa a Milo (il castello dei Moncada) in provincia di Catania, circondato dai suoi libri e dal suo mare. Negli ultimi anni aveva vissuto la malattia con ancor più riserbo del solito. Ogni tanto qualche fake news ne ha anticipato la dipartita. Ma stavolta è vero e il mondo della musica italiana perde uno dei suoi più grandi cantautori.

Nato a Riposto (oggi Jonia) il 23 marzo del 1945, si trasferisce a Milano dopo la prematura scomparsa del padre e rimanendo molto devoto alla madre, per la quale faceva dire Messa ogni mattina nell’apposita cappellina costruita nella loro casa-castello. Si avvicina al mondo dello spettacolo cantando e suonando in un noto cabaret dell’epoca, frequentato anche da Paolo Poli, Enzo Jannacci, Renato Pozzetto, Bruno Lauzi e Giorgio Gaber, con cui instaura una duratura amicizia. Gli esordi svelano subito i suoi sfaccettati interessi, dalla musica lirica al pop, fino all’avanguardia.

Ironico e arguto come sanno essere le persone colte, credente e dedito alla meditazione, schivo ma dallo sguardo fulminante che chi scrive ricorda di aver incrociato nel backstage di un concerto a Roma nel 2011, nell’ambito della manifestazione “Rock in Roma” a Capannelle. Negli anni ha manifestato la sua arte anche attraverso il cinema e la pittura ma la musica resta il campo d’azione privilegiato e qui ha potuto spaziare usando linguaggi e riferimenti diversissimi. Precursore della musica elettronica, negli anni ’70 produceva album sperimentali come “Fetus” e “Pollution”, che hanno fatto scoprire all’Italia le risorse di quel genere musicale e di un rock spinto e ancora inusuale da noi, non sempre ben compreso. Da lì la sfida della musica leggera, a modo suo.

A fine anni ’70 Battiato comincia a scrivere canzoni pop, a partire da “L’era del cinghiale bianco” del 1979, che contiene la ballata cantata in siciliano “Stranizza d’amuri”. L’anno successivo arriva “Patriots”, con “Up Patriots to Arms” e “Prospettiva Nevski”, a segnare ancora di più la nuova strada intrapresa. Ma il vero e proprio boom arriva nel 1981 con “La voce del padrone”, il primo Lp a superare il milione di copie vendute in Italia e ogni brano diventa praticamente un classico della canzone italiana, da “Bandiera bianca” a “Cuccurucucù”, da “Summer on a Solitary Beach” a “Centro di gravità permanente”.

Anche se è sempre stato lontano da atteggiamenti militanti, non ha mai nascosto le sue simpatie per la Sinistra e con “Povera patria” (1991) ha firmato uno dei più intensi ritratti del degrado del nostro Paese, ancora molto attuale. «Si può sperare/ Che il mondo torni a quote più normali/ Che possa contemplare il cielo e i fiori/ Che non si parli più di dittature/ Se avremo ancora un po’ da vivere/ La primavera intanto tarda ad arrivare».

18 maggio 2021