Addio a Capovilla, testimone umile e mite di cuore

Il ricordo in un’intervista registrata nel 2014, a pochi giorni dalla canonizzazione di Giovanni XXIII: «Grazie romani per il vostro affetto»

Il ricordo in un’intervista radiofonica registrata nel 2014, a pochi giorni dalla canonizzazione di Giovanni XXIII: «Grazie romani per il vostro affetto» 

Ho avuto modo di intervistare il cardinale Loris Capovilla l’8 aprile 2014. Poco meno di 20 giorni dopo, Papa Francesco avrebbe canonizzato Giovanni XXIII in piazza San Pietro. L’ho raggiunto telefonicamente a Sotto il Monte, (viveva nel paese natale di Roncalli dal 1998) per chiedergli cosa si provasse ad essere stato il segretario di un pontefice santo. Non ha avuto un attimo di esitazione: «Ho sempre venerato, nel mio cuore, Giovanni XXIII. Se la Chiesa vuole proporlo alla nostra considerazione, non per gli onori ma per l’esempio, sono semplicemente edificato e contento».

(Clicca per ascoltare l’intervista)

Aveva 98 anni, nel 2014, Capovilla. La mente lucida, i ricordi vividi. Uno su tutti: la visita di Giovanni XXIII a Quarto Miglio, estrema periferia di Roma. «Ciò che ho visto in quella parrocchia – diceva Capovilla -, quello che ho sentito è una cosa che ancora oggi mi commuove». Testimone del rapporto tra il Papa della bontà e la sua diocesi, il cardinale provava un grande affetto per i romani. Non a caso, forse, gli è stato assegnato il titolo presbiteriale della basilica che forse più di altre è intrisa di “romanità”, Santa Maria in Trastevere.

Un luogo che ha suggellato l’amicizia tra Capovilla e la Comunità di Sant’Egidio, tra le prime a ricordare «con affetto» il cardinale: «Ha tenuto viva la memoria di Giovanni XXIII e della primavera della Chiesa che è stata il Concilio Vaticano II – si legge in una nota -, rimanendo giovane nello spirito e conservandone l’apertura e la simpatia». Restare giovani nello spirito, appunto. Di più, bambini. Ricordando la morte di Giovanni XXIII, Capovilla si divertiva a spiazzare i suoi interlocutori dicendo: «Sai perché io ho visto morire, il 3 giugno 1963, un bambino di 83 anni e sei mesi? Perché il Papa aveva occhi innocenti, con il riflesso delle acque battesimali».

Lo ripeteva ai bambini: «Giovanni XXIII aveva gli occhi come i tuoi, e un sorriso che era bontà che dal cuore sale alle labbra». Da poco tempo, lo scorso 14 ottobre, Capovilla aveva compiuto 100 anni. Dal 15 aprile era il più anziano vescovo d’Italia. La camera ardente è stata allestita nel paese natale di Roncalli, a Sotto il Monte, dove viveva dal dicembre del 1998. Lo scorso 16 maggio, riferisce l’Eco di Bergamo, la telefonata di Papa Francesco alla Clinica beato Palazzolo di Bergamo dove Capovilla era ricoverato. In quei momenti, con lui, c’era l’amico Marco Boato: «Don Loris non riusciva più a parlare, ma quando ha riconosciuto la voce si è illuminato in viso. Ha avuto la forza solo di ringraziare».

27 maggio 2016