Accordo Italia – Libia, «ora i trafficanti hanno fretta»
La denuncia di Flavio Di Giacomo, portavoce Oim per il Mediterraneo. I vescovi europei: resta l’obbligo per l’Ue di «salvare vite»
La denuncia di Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Ufficio di coordinamento Oim per il Mediterraneo. I vescovi europei: resta l’obbligo per l’Ue di «salvare vite»
I trafficanti di uomini in Libia hanno fretta. Stanno cercando di imbarcare sui gommoni più persone possibile, prima che la rotta verso l’Italia venga chiusa dopo gli accordi tra i due governi. «Dicono ai migranti che se non partono ora rimangono bloccati in Libia. Per questo c’è un incremento degli sbarchi in questi giorni», denuncia Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Nel suo intervento a Milano al convegno organizzato da Mani Tese, Pime e Caritas Ambrosiana, in occasione della Giornata mondiale contro la tratta di persone, ha sottolineato che l’accordo tra Italia e Libia «pone comunque un problema di rispetto dei diritti umani per coloro che verranno bloccati nel Paese nord africano. Certo è importante l’addestramento della guardia costiera libica, ma poi che cosa succede ai migranti? Quali diritti vengono loro riconosciuti?».
Parla per esperienza diretta, Di Giacomo. «Ho conosciuto profughi che in Libia hanno subito violenze inaudite – dice -. In un caso alcuni profughi hanno dovuto seppellire vivo un compagno di viaggio che si era rotto una gamba. Per i trafficanti era un peso e hanno costretto gli altri migranti a seppellirlo. Se non l’avessero fatto, avrebbero ammazzato loro». Il memorandum d’intesa tra il governo Gentiloni e il governo Serraj, firmato il 3 febbraio scorso, prevede, tra le altre cose, che l’Italia si impegni a fornire «supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta all’immigrazione clandestina e che sono rappresentati dalla guardia di frontiera e dalla guardia costiera» libici. Inoltre il nostro Paese collaborerà al «completamento del sistema di controllo dei confini terrestri del sud della Libia» e alla formazione degli operatori dei centri di accoglienza libici.
Il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne del Paese africano però «non solleva l’Europa dell’obbligo di salvare delle vite e di mettere in campo un sistema di asilo giusto, trasparente ed efficace, basato su standard elevati di protezione». A evidenzialro sono i vescovi della Commissione degli episcopati della Comunità europea e la Chiesa cattolica di Malta, in una nota apparsa sul sito del Comece a pochi giorni dalla ratifica dell’accordo. Un’indicazione già espressa dalla Chiesa cattolica di Malta nel documento pubblicato a pochi giorni dall’inizio della presidenza maltese del Consiglio dei ministri Ue. Se questo accordo con la Libia, come quello con la Turchia e alcuni Paesi africani, fa parte di una «politica migratoria dell’Ue che rafforza la dimensione esterna», scrivono i vescovi, resta la necessità di riformare il regolamento di Dublino e il sistema europeo comune di asilo, sostenere gli investimenti in Africa e Medio Oriente, ma soprattutto di «rispettare pienamente i diritti dei migranti, in piena conformità con le regole del diritto internazionale».
8 febbraio 2017