Accoglienza dei rifugiati: ripartire dall’incontro tra persone

Nella Giornata mondiale, l’incontro del Centro Astalli. Lojudice (Siena): il progetto di «una task force con le menti più vivaci» per costruire integrazione

Spesso riferendosi a loro si usano etichette come migranti forzati, profughi, rifugiati, stranieri, immigrati, trascurando il fatto che si tratta di persone. Si imprime loro addosso una sorta di marchio che ne annienta l’identità, spazza via il loro passato, ma sono persone con una loro dignità. Il concetto è stato più volte ribadito venerdì 18 giugno durante il colloquio sulle migrazioni “Rifugiati: riscopriamo il volto dell’ospitalità” promosso dal Centro Astalli in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, celebrata ieri, 20 giugno.

Per riscoprirsi davvero tutti fratelli che mirano a una convivenza pacifica è necessario «rieducarsi e rieducare le nuove generazioni all’accoglienza», ha affermato il cardinale Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena, intervenuto all’incontro moderato dalla giornalista Rai Maria Cuffaro e svoltosi nel giardino antistante la basilica di San Saba all’Aventino. Tra le «maggiori preoccupazioni» del porporato c’è il rischio di rimanere «ciechi davanti alle tragedie che si consumano sotto i nostri occhi, indifferenti come se quello che accade non ci riguardasse e di conseguenza fare l’abitudine anche alle migliaia di persone che muoiono in mare». Accogliere chi fugge da persecuzioni, guerre, fame, povertà è «la sintesi del messaggio evangelico», ha ribadito.

Nel titolo dell’incontro «c’è l’invito e la speranza di non perdere l’occasione per un nuovo inizio che parta dall’incontro tra persone», ha detto padre Camillo Ripamonti, presidente del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati in Italia. I migranti forzati sono tra coloro che «vengono scartati dalla società – ha aggiunto il sacerdote -. Sacrificati e sacrificabili in mare o via terra, alle frontiere dell’Europa e nelle grandi città dove vengono lasciati al degrado e all’emarginazione». Seduti in prima fila numerosi rifugiati, tra i quali Wael, siriano nato e cresciuto ad Aleppo, in Italia da 5 anni. Comprende la difficoltà dei Paesi che accolgono, specie in questo tempo di crisi economico-sociale dovuta alla pandemia, ma non capisce i luoghi comuni che annullano la personalità dei migranti. «Sogno che tutti vengano guardati e stimati come persone – ha affermato -, senza stereotipi o etichette».

Per debellare i cliché, la ghettizzazione e gli «ammassamenti che ledono la dignità umana», il cardinale Lojudice ha «a cuore» un progetto che spera di realizzare. Vorrebbe dar vita a una task force dove «le menti più vivaci dal punto di vista delle scienze sociologiche, scienze umane, ingegneristiche, studiosi di storia delle regioni e di antropologia culturale» indichino la strada da percorrere, perché non è «accettabile che nell’epoca in cui andiamo sulla luna, su Marte, scopriamo il vaccino in pochi mesi, non riusciamo poi a dare risposte all’accoglienza affinché diventi integrazione». Al tavolo dei relatori con Lucio Caracciolo, direttore della rivista geopolitica “Limes”, il cardinale ha colto l’occasione per ricordare il potere della stampa. Fare un’informazione «buona, corretta e intelligente» può contribuire, per Lojudice, a sfatare miti negativi come «il meccanismo mentale per cui percepiamo l’arrivo dei migranti come un’invasione che genera malumori palpabili, in alcuni casi, anche nelle comunità parrocchiali e nelle assemblee domenicali, che non riescono a cogliere l’appello evangelico all’inclusione».

Per  Caracciolo, bisogna imparare a guardare ai migranti e ai rifugiati come risorse. «Portatori di usi, costumi, tradizioni e lingue, sono persone socialmente e culturalmente utili anche da un punto di vista strettamente egoistico», ha detto. In loro c’è il desiderio e il bisogno di raccontarsi e di far conoscere le loro origini «ma sempre più spesso restano delusi perché riscontrano disinteresse in chi li ascolta». L’integrazione, ha aggiunto il direttore di “Limes”, non è certo «qualcosa di facile e automatico» ma a piccoli passi si può assumere «un atteggiamento che arrivi a rispettare la dignità di ogni uomo, a favorire il suo processo di inclusione e di partecipazione alla vita pubblica».

21 giugno 2021