Accademia delle Belle Arti: il nuovo anno, nel segno della cultura

L’inaugurazione nella sede di via Ripetta, con il vescovo Leuzzi. Il titolo di professore emerito ad Antonio Paolucci, già direttore dei Musei Vaticani

L’inaugurazione nella sede di via Ripetta, alla presenza del vescovo Leuzzi. Conferito il titolo di professore emerito ad Antonio Paolucci, già direttore dei Musei Vaticani

Sono stati kantianamente ispirati all’idea di bello e al sentimento della speranza gli interventi di tutti i relatori che hanno animato l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Accademia di Belle Arti, tenutasi questa mattina, 7 febbraio, nell’aula magna della sede storica di via Ripetta, alla presenza del vescovo Lorenzo Leuzzi. A cominciare dal nuovo presidente Mario Alì, che ha voluto evidenziare nei saluti iniziali il prestigio e il valore delle istituzioni culturali, «luoghi in cui si tramanda l’alta formazione e si crescono i cittadini del domani».

Al centro, quindi, il ruolo del sapere come strumento indispensabile di crescita per il Paese affinché «i giovani possano affrontare con fiducia le sfide della globalizzazione». E se non può esserci crescita senza un tessuto culturale, altrettanto importante, ha sottolineato ancora Allì, è «la qualità etica dei contenuti che trasferiamo agli studenti». Dal presidente è arrivato anche il grazie dell’Accademia per l’impegno in questa direzione dell’Ufficio diocesano per la pastorale universitaria, rappresentato in aula da monsignor Leuzzi. A seguire, l’intervento amaro della direttrice Tiziana D’Acchille, che ha evidenziato un’indubbia crescita non solo per l’incremento del 30% di allievi iscritti alle Belle Arti negli ultimi tre anni, ma anche per i legami instaurati con il territorio e le realtà museali della Capitale, ma ha anche parlato di «inerzia e indifferenza da parte delle istituzioni politiche che ignorano vere e proprie suppliche che rimangono inascoltate». Il desiderio è quello di vedere riconosciuto il valore delle Accademie in Italia, affinché assurgano al rango di poli formativi in grado di rilasciare titoli e permettere dottorati di ricerca, quali sono le università.

Proprio i rettori della Sapienza e di Tor Vergata, Eugenio Gaudio e Giuseppe Novelli, hanno contribuito in tal senso al dibattito: se il primo ha posto l’attenzione sulla «poco fruttuosa dicotimia tra utile e bello», il secondo ha auspicato «una sempre maggiore comunicazione tra mondo accademico e istituzioni politiche». Sulla stessa linea l’intervento di Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presidente della Fondazione Roma: «I veri eroi dei nostri giorni sono quelli che credono nella cultura a dispetto del silenzio assordante e dell’atarassia culturale della politica».

La seconda parte della cerimonia ha visto il conferimento dei titoli di professore e di maestro emerito dell’Accademia, rispettivamente ad Antonio Paolucci, storico dell’arte e per dieci anni direttore dei Musei Vaticani, e a Jannis Kounellis, uno dei più importanti esponenti dell’arte internazionale del dopoguerra. Nel ringraziare per l’onoreficenza, Paolucci ha voluto scavare all’origine del gusto del bello evocando nelle grotte di Lascaux, in Borgogna, quel «miracolo ontologico che il “fare arte” è». In quelle pareti rupestri dipinte con bisonti rossi e neri c’è «l’arte come interpretazione e ri-creazione di ciò che esiste» ed esisterà per sempre. C’è la dimensione umana che vuole lasciare traccia «della propria realtà psicologica, passionale ed intellettiva». Kounellis, invece, ha parlato della specificità e dell’originalità dell’artista, «che può cambiare il mondo perché è nient’altro che un intellettuale che dipinge».

Le conclusioni sono state affidate a Gianni Letta, presidente di Civita, associazione per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale. «Il senso profondo di questa inaugurazione qui, dove l’arte si fa e si insegna – ha detto -, è nel fascino del sogno che questo tempio dell’ardire richiama».

7 febbraio 2017