Aborto, il Tar nega l’obiezione di coscienza Forum famiglie: sentenza che mette tristezza

In sede cautelare, il Tar del Lazio, respinge il ricorso contro il decreto Zingaretti. Preoccupata Paola Ricci Sindoni, presidente di “Scienza & Vita”: no al medico burocrate

 

Confermata la restrizione all’obiezione di coscienza nel Lazio. È quanto stabilisce, almeno in sede cautelare, il Tar del Lazio, respingendo i ricorsi che alcune associazioni, tra le quali “Giuristi per la Vita” e “Associazione Pro Vita Onlus”, avevano presentato all’indomani del decreto Zingaretti. A giugno scorso il governatore della Regione aveva limitato per i medici dei consultori il diritto all’obiezione di coscienza, garantito dall’articolo 9 della Legge 194 sull’aborto, imponendo al personale che lavora nei servizi territoriali l’obbligo di prescrivere tutte le forme di contraccezione, compresa la “pillola del giorno dopo”, senza potersi appellare ad alcuno scudo morale.
Secondo il decreto firmato da Zingaretti, non hanno alcun diritto a dichiararsi obiettori i medici che non eseguono materialmente l’aborto ma si limitano a intervenire nelle fasi preliminari all’intervento, quando devono cioè certificare lo stato di gravidanza e la richiesta della donna di poter abortire.

Nonostante la battaglia legale nata a seguito del decreto e le reazioni delle associazioni e dei movimenti pro-vita, oggi il Tar del Lazio ha confermato, anche se non in via definitiva, la legittimità del decreto emanato dalla Regione. A fronte della sentenza, Zingaretti si dichiara soddisfatto: «Nell’attesa di veder confermata la decisione di oggi possiamo ben dire che le regole che si è data la Regione Lazio non sono frutto di una battaglia ideologica, ma di un ragionevole bilanciamento dei diritti coinvolti».

Di tutt’altro avviso Olimpia Tarzia, presidente del Movimento PER (Politica Etica Responsabilità) e vicepresidente della commissione cultura della Regione Lazio, che a giugno aveva presentato una interrogazione per chiedere il ritiro del decreto e ora parla di «brutta pagina per il diritto» e «attentato alla libertà individuale di migliaia di medici e operatori sanitari». Il decreto, secondo Tarzia, «non poggia su alcuna reale emergenza delle nostre strutture sanitarie, tant’è che i dati preliminari della relazione annuale sulla Legge 194 presentati al Parlamento dal Ministero della Salute non evidenziano alcun allarme sull’obiezione di coscienza nella nostra Regione: ogni medico non obiettore effettua quattro aborti a settimana, considerando 44 settimane. E la stessa 194 prevede l’istituto della mobilità. Di fatto, dunque – conclude Tarzia – la natura stessa del decreto non a che fare con nessuna emergenza riferita a un eccesso di obiettori, piuttosto risponde a una forzatura ideologica della quale avremmo volentieri fatto a meno».

L’obiezione di coscienza è un «valore indiscutibile non solo in termini etici e religiosi, ma anche in termini di garanzia costituzionale» secondo Paola Ricci Sindoni, presidente di “Scienza & Vita”, che si definisce «molto preoccupata: quello dei medici obiettori è spesso un intervento di natura dialogica, perché a scrivere una ricetta e mandare il paziente in farmacia sono capaci tutti. Essere obiettori non significa dire: “Non voglio fare questa cosa”, ma entrare in rapporto con la persona che si ha davanti. Altrimenti il medico diventa sempre più un burocrate».
Di «sentenza che mette tristezza ed è indice di una civiltà in decadenza» parla la presidente del Forum delle Associazioni Familiari del Lazio, Emma Ciccarelli: «In questo Paese non c’è democrazia, esiste solo la libertà del pensiero unico. Temo che questo genererà non pochi problemi per coloro che lavorano nelle strutture pubbliche. Spero – conclude – che i giudici ci ripensino. La soluzione non è facilitare l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, ma lavorare sulla prevenzione e l’accoglimento della vita».
10 ottobre 2014