A Testaccio la prima festa delle Scuole migranti

Visite, musica e giochi per studenti e volontari delle 90 associazioni che insegnano italiano agli stranieri. E su maxi schermo la finale di Champions League

Visite, musica e giochi per studenti e volontari delle 90 associazioni impegnate nell’integrazione linguistica e culturale. E su maxi schermo la finale di Champions League

«Chi ha il coraggio, camminando per strada, di chiedere a qualcuno: “Scusa, mi leggi quel cartello?”. Nessuno, perché la vergogna, in questi casi, è più forte del bisogno di integrazione». Paola Piva è la sociologa coordinatrice di Scuolemigranti, la rete delle associazioni di volontariato che insegnano gratuitamente l’italiano agli stranieri. Domani, sabato 6 giugno, per la prima volta, la rete organizza una grande festa di fine anno, alla Città dell’Altra Economia nell’ex Mattatoio di Testaccio, per mettere in contatto le associazioni tra di loro, la città con i migranti e tutti i volontari che con il loro operato rendono possibile qualche piccolo passo verso l’integrazione. Il programma prevede, in mattinata, una visita guidata al quartiere con tappe al Museo di Porta San Paolo, al Cimitero acattolico e al Monte dei Cocci. Nel pomeriggio, oltre alla mostra di materiali didattici per l’insegnamento dell’italiano ai migranti, illustrati da volontari della rete, ci sarà spazio per i giochi di piazza della tradizione e quelli internazionali da tavoliere: biliardo indiano, backgammon, paramapadam, ma anche un torneo per gli appassionati di scacchi, gare sportive, danze popolari, costruzione di giocattoli e letture animate di fiabe. Alla musica penserà il coro multietnico “Romolo Balzani”, mentre il senegalese Pape Kanoutè offrirà brani tratti dalla nuova compilation “Madiba”. In serata, spazio al cinema con la proiezione del film “La mia classe” e la visione su maxi schermo della finale di Champions League tra Juventus e Barcellona, in diretta da Berlino.

«Attorno alle scuole di italiano – prosegue Piva – è grande il lavoro di socializzazione e impiego del tempo libero, magari con l’organizzazione di tornei e giochi: tutti elementi che aiutano a creare comunità, stare insieme e “affezionano” allo studio». Con 102 sedi, delle quali 73 a Roma e 29 negli altri territori del Lazio, la rete promuove dal 2008 corsi articolati per livelli di apprendimento, affiancandosi alla formazione offerta dalla scuola pubblica con i centri territoriali permanenti. Il lavoro svolto non è da poco: basti pensare che le 90 associazioni aderenti (tra queste, anche la Caritas), tutte insieme, coprono con i circa 13mila allievi il 47% dell’offerta formativa del Lazio per gli stranieri adulti. I percorsi sono indirizzati a tutti, analfabeti inclusi, che «sono più di quanti possiamo immaginare, soprattutto tra gli adulti provenienti da Paesi dove, ad esempio, la lingua madre è solo orale. La scuola pubblica pensa troppo poco all’analfabetismo, eppure vivere in un Paese dove tutto viaggia attraverso la scrittura è complicatissimo, e anche imparare a tenere una penna in mano diventa un’impresa titanica».

Per andare incontro alle esigenze degli adulti, che devono conciliare la formazione con il lavoro, esistono le scuole “a porte aperte”, dove si può frequentare anche da metà anno scolastico, saltuariamente e nei giorni più congeniali. Quanto ai bambini, molti, compiuti i sei anni, arrivano nel nostro Paese grazie al ricongiungimento familiare e per loro sono pensate le attività di sostegno dopo la scuola, insieme all’impegno dei mediatori culturali che funzionano come un’interfaccia con le scuole. La rete è forte dell’impegno di circa 900 volontari, tra appassionati di didattica, docenti in pensione e giovani laureati che “lavoreranno” anche questa estate nelle sedi che rimarranno aperte. Quest’anno oltre 10mila studenti hanno seguito i corsi, che prevedono un impegno dalle 60 alle 80 ore: quello che si impara è molto più del “semplice” ma fondamentale “leggere e far di conto”: «Le visite al Campidoglio, al Parlamento e al Quirinale – spiega Piva – sono, ad esempio, modi per conoscere la città e fare educazione civica». Appuntamenti come quello di domani, invece, «servono sentire l’appartenenza a un mondo più vasto, che fa lo stesso percorso. E per ribadire che la diversità è sempre una ricchezza».

5 giugno 2015