A Termini il ricordo di Modesta

Al binario 1 della stazione, la Comunità di Sant’Egidio si è ritrovata per ricordare la clochard morta nel 1983. Impagliazzo: «Modesta ha mosso un mondo»

Al binario 1 della stazione, la Comunità di Sant’Egidio si è ritrovata per ricordare la clochard morta nel 1983. Impagliazzo: «Modesta ha mosso un mondo»

Antonino, piccolo di statura, sorride nel suo lungo cappotto blu. In una stazione Termini, affollata e chiassosa, in questo sabato 21 marzo, si avvicina e con modi cortesi chiede di poter raccontare la sua storia di uomo «tornato ad essere felice dopo i lunghi anni trascorsi in strada», senza un soldo in tasca e un tetto sulla testa. «Sono palermitano e nel 1992 sono venuto a Roma ma in poco tempo mi sono ritrovato senza più nulla. Ho vissuto così fino a quando ho incontrato i volontari della Comunità di Sant’Egidio alla stazione Tuscolana. Loro mi offrivano da mangiare. È grazie a loro se sono ancora qui». C’è di più: «Ora sono volontario anche io e faccio per gli altri quello che è stato fatto a me. Servo alla mensa dei poveri e provvedo alla pasta, alla frutta e al pane». Soprattutto, Antonino partecipa a tutti gli eventi della comunità. «Perché voglio dirlo che ho ritrovato la felicità». Lungo il binario 1, qui a Termini nel primo giorno di Primavera, Antonino non è solo. Con lui ci sono moltissimi volontari e i tanti «amici» che non hanno casa, lavoro e famiglia. Uomini e donne caduti in disgrazia e che ricordano – grazie alla Comunità di Sant’Egidio che ha organizzato la giornata di memoria – la figura di Modesta Valenti, la clochard morta il 31 gennaio 1983 e divenuta simbolo delle persone che vivono per strada.

Affissa lo scorso anno su una delle pareti della più grande stazione ferroviaria d’Europa, la targa commemorativa recita: “Perché nessuno muoia più abbandonato”. Spentasi dopo una lunga agonia, Modesta, senza dimora di 71 anni, ha perso la vita perché, colta da un malore, le è stato negato il trasporto in ambulanza: troppo sporca, troppi pidocchi. «Il funerale venne fatto dopo tanti mesi», racconta Lucia Lucchini, responsabile – per la storica comunità fondata da Andrea Riccardi – del Servizio ai poveri di Roma. Nessuno che denunciasse il fatto. Nessuna azione legale. «Inizialmente le fu dato addirittura un altro nome. Si poteva, così, perderne la memoria e invece, oggi, il buono di questa storia è che se anche Modesta non c’è più, lei continua ad aiutare altri a vivere».

Il nome dell’anziana donna ha attivato una solidarietà che cresce ogni anno di più. «È vero – dice il presidente di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo -, Modesta Valenti è una caduta per l’inaccoglienza e l’indifferenza ma i tanti che sono qui dimostrano il mondo che ha mosso. La sua storia e il suo ricordo hanno toccato nuovi cuori che si muovono accanto alle persone in difficoltà». Le ultime stime Istat raccontano di un popolo di invisibili che vagano per la capitale alla ricerca di un pasto e di un letto su cui dormire: circa 8 mila sono i senza dimora. Di questi, 2500 trovano riparo, durante l’inverno, nei centri di accoglienza notturna del Comune, delle parrocchie, di istituti religiosi e associazioni di volontariato mentre i restanti o trovano alloggi di fortuna, come baracche o carcasse di automobili, oppure vivono letteralmente in strada.

Negli ultimi anni, se possibile, la situazione di povertà è anche peggiorata e le file dei poveri si sono ingrossate soprattutto di italiani, uomini dai 45 anni in su. «Dipende soprattutto dalla perdita di lavoro – spiega Lucchini – che si accompagna ad uno sfaldamento dei legami familiari». Come dire che «da questa condizione di miseria in tanti potrebbero anche venir fuori ma se manca qualcuno che ti vuole bene, allora non è così facile. Fortunatamente aumentano anche i volontari. La crisi ha “ricentrato” le persone, spingendole a considerare ciò che conta davvero nella vita e a scoprire che nei legami è la vera felicità». E aumentano – come sottolinea l’amministratore delegato delle Ferrovie, Michele Mario Elia – anche i servizi in stazione: i cosiddetti help center, ovvero sportelli di ascolto situati all’interno o nelle zone limitrofe delle stazioni ferroviarie e che orientano le persone in difficoltà verso i servizi sociali della città (centri di accoglienza, comunità terapeutiche, associazioni specializzate) per elaborare percorsi mirati di recupero e reinserimento nella vita cittadina.

E se Cristina Maltese, coordinatrice della Conferenza dei municipi di Roma Capitale, denuncia lo scandalo di coloro che «invece di aiutare gli ultimi, si sono invece serviti degli ultimi» per tirar su guadagni illeciti, il vescovo del settore centro della Diocesi di Roma, monsignor Matteo Zuppi punta il dito contro la realtà dell’anonimato «tipica di una stazione», dalla quale molti scappano impauriti. «Il senso di questa targa è quello di dare un nome a chi altrimenti non lo avrebbe avuto». Infine il monito a coloro che non hanno occhi per accorgersi dei poveri: «L’indifferenza ha sempre tempo. Modesta è morta perché nessuno aveva fretta». Dopo il minuto di raccoglimento, in tanti lasciano un fiore colorato ai piedi della lapide. La musica di sottofondo è quella di Phil Collins, con la sua “Another Day in Paradise”: ballata in cui il batterista affronta il tema della miseria. E nelle sue parole sembra di sentire Modesta che si rivolge all’uomo di strada per chiedergli un aiuto, un posto dove potersi riparare dal freddo: “Sir, can you help me?/ It’s cold and I’ve nowhere to sleep”. Ma quello fa finta di non sentirla e, quasi imbarazzato di trovarsi a passare di lì, nemmeno si volta a guardarla.

 

23 marzo 2015