A San Giovanni la Via Crucis del pre-sinodo dei giovani
Ad accogliere i partecipanti in basilica il vicario De Donatis: «Con voi la Chiesa sta facendo crescere la propria vocazione a essere madre, casa e radice. Il Vangelo chiede la certezza che è l’unico messaggio atteso da tutti»
Quattordici stazioni, quattordici denunce dei mali della società come le persecuzioni religiose, le dipendenze, il bullismo, l’egoismo, la sete di potere, il terrorismo, la disoccupazione, la pena di morte, tutte accompagnate da quattordici drammatiche testimonianze. La Via Crucis nella basilica di San Giovanni in Laterano venerdì pomeriggio, 23 marzo, ha rappresentato uno dei momenti salienti della riunione pre-sinodale conclusasi sabato 24 nel Pontificio Collegio internazionale Maria Mater Ecclesiae con la redazione di un documento in vista del Sinodo dei vescovi sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” che si terrà dal 3 al 28 ottobre prossimi.
Guidata dal cardinale Kevin Farrell, prefetto del dicastero per i Laici, la famiglia e la vita, la Via Crucis ha avuto come tema “Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole”, tratto dal quinto capitolo del Vangelo di Giovanni. Oltre ai tantissimi i ragazzi di ogni nazionalità al rito hanno partecipato anche il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, e il sottosegretario del Sinodo monsignor Fabio Fabene. La processione è partita dal chiostro del vicariato di Roma e, dopo aver percorso le navate della basilica lateranense, si è conclusa alla Cattedra davanti alla Croce originale della Gmg. Ad accoglierli il vicario Angelo De Donatis, il quale ha ringraziato i giovani perché l’attenzione che la Chiesa ha rivolto loro in questi mesi «sta facendo crescere la nostra vocazione ad essere madre, casa e radice».
Rifacendosi all’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, nella quale Papa Francesco parla di una Chiesa che vuole essere per i giovani una “Madre dal cuore aperto”, De Donatis ha ribadito ai ragazzi che non si vogliono «fare delle cose per voi con il rischio di rimanere chiusi dentro la preoccupazione ansiosa di moltiplicare l’annuncio del Vangelo, senza darvi la radice della casa, il legame della fraternità. Il Vangelo non chiede ansia frettolosa ma la serenità del focolare, la certezza che è l’unico messaggio atteso da tutti».
La prima storia letta è stata quella di Salem Matti Kourk, cristiano di 43 anni ucciso brutalmente dagli jihadisti a Bartalah, una cittadina vicino a Ninive, in Iraq. Particolarmente cruenta la vicenda di Joseph che nel 1987 fu venduto come schiavo in Sud Sudan. Aveva 7 anni e la sua prigionia durò 10 anni. È stato spesso picchiato, torturato e fatto oggetto di abuso da parte del suo padrone. Un giorno alcuni cammelli a cui doveva badare scapparono e il padrone si adirò violentemente e giurò che avrebbe ucciso Joseph. Così, dopo averlo picchiato brutalmente sulla testa e su tutto il corpo, lo fissò su una tavola di legno conficcandogli nelle mani, nelle ginocchia e nei piedi lunghi chiodi. Poi gli rovesciò dell’acido sulle gambe e infine lo liberò. Miracolosamente Joseph non morì, pur essendo rimasto su quella tavola per sette giorni.
La sesta stazione, associata al dramma della tratta degli esseri umani e allo sfruttamento dell’immigrazione, ha fatto da sfondo alla storia di Elena, proveniente dalla Bulgaria, venduta dai familiari a una banda. Portata in Italia e rivenduta ad altri rumeni è stata a lungo minacciata, picchiata e obbligata a prostituirsi fino a quando non è stata salvata da don Oreste Benzi e don Aldo Buonaiuto della comunità Giovanni XXIII. Il tema della violenza sulle donne è stato invece abbinato all’ottava stazione della Via Crucis ed è stata letta la storia di Nice, piccola guerriera Masai, orfana dei genitori, fuggita dal proprio villaggio per sottrarsi alla mutilazione genitale. Oggi ha 25 anni e spiega alle bambine che ci sono leggi a tutela della salute e che la mutilazione genitale non è un destino ineluttabile. Durante la sua meditazione il cardinal Farrell si è soffermato sui tanti mali della società meditati durante la Via Crucis, sui dolori di tante persone soprattutto giovani.
«Per le strade delle nostre città incontriamo poveri costretti a chiedere l’elemosina per mangiare – ha detto – tanti senza tetto che patiscono il freddo. Molte volte il mondo volge lo sguardo dall’altra parte ma non è ciò che ha fatto Cristo. Lui ha guardato loro con compassione, ha amato e abbracciato le persone che il mondo scarta. La Passione di Gesù e le stazioni che abbiamo meditato ci insegnano quanto Lui ci ha amati, quanto si è preso cura di noi. Non possiamo più chiudere gli occhi davanti alla sofferenza nel mondo e, come ha fatto Gesù, facciamo anche noi».
26 marzo 2018