A San Bartolomeo la memoria del genocidio assiro

Reliquia consegnata dal patriarca ortodosso Aphrem II. La preghiera per i cristiani perseguitati in tutto il mondo, «soprattutto in Siria, Iraq e Libano»

Reliquia consegnata dal patriarca ortodosso Moran Mor Ygnatius Aphrem II. La preghiera per i cristiani perseguitati in tutto il mondo, «soprattutto in Siria, Iraq e Libano»

Il patriarca siro ortodosso Moran Mor Ygnatius Aphrem II, venerdì 19 giugno, alla vigilia  della Giornata mondiale del rifugiato, ha donato alla basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina le reliquie di un cristiano siriaco vittima del genocidio assiro perpetrato dall’Impero Ottomano. Una consegna solenne durante la preghiera ecumenica per commemorare i cristiani perseguitati, organizzata in occasione dei due giorni di convegno, il 19 e 20 giugno, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio sulla strage dei siriaci, caldei e assiri durante la prima guerra mondiale. «Oggi è stato un giorno molto speciale. Stamattina abbiamo avuto l’onore di incontrare Papa Francesco, di pregare con lui e di condividere le preoccupazioni e le aspirazioni del nostro popolo con sua santità», ha detto il patriarca durante l’omelia.

La memoria di Seyfo, il nome assiro del genocidio, che letteralmente significa “spada”, è una ferita ancora aperta per i cristiani siriani: «Per molti decenni siamo fuggiti dal parlare, principalmente perché la ferita era molto profonda – ha spiegato Mor Ygnatius -; non eravamo in grado di affrontare la memoria di ciò che era accaduto un secolo fa. Era una memoria molto dolorosa, ma oggi, nel 2015, a 100 anni del Seyfo, ci è permesso di parlarne e di cominciare a guarire da questa ferita». Il genocidio non è mai stato ammesso da governo turco, ma il vescovo ha offerto il perdono, a patto che vengano riconosciute le colpe degli orrori che il popolo siriano ha dovuto subire. «La riconciliazione è molto importante, fondamentale per portare la pace, ma questa riconciliazione non può essere completa senza il riconoscimento di ciò che è accaduto, senza la confessione dei peccati dei propri progenitori». Mor Ygnatius ha poi chiesto con forza che venga fatta giustizia: «Noi chiediamo giustizia, giustizia per i nostri martiri, per i sopravvissuti e per i discendenti . Crediamo che sia nell’interesse di tutti, specialmente per i discendenti degli ottomani, oggi lo stato turco».

Il patriarca ha poi ringraziato Papa Francesco e la Comunità di Sant’Egidio: «Siamo grati a tutti coloro che hanno compiuto ricerche, che hanno studiato il genocidio siriano. Ringraziamo soprattutto tutti coloro che lavorano perché il Seyfo sia riconosciuto, in particolare Papa Francesco, che il 12 aprile, nella basilica di San Pietro, ha dichiarato che ciò che è accaduto nel 1915 agli armeni, ai siri, ai caldei, ai greci, è stato il primo genocidio del Ventesimo secolo». Le parole del Papa, ha detto il vescovo, «sono andate oltre la dichiarazione personale, hanno incoraggiato altri a farsi avanti e a parlare».

«A noi cristiani è insegnato a perdonare, il perdono tuttavia non vuol dire dimenticare, perché se si dimentica ciò che è successo accadrà di nuovo – ha detto Mor Ygnatius -; per questo noi continueremo a lavorare per il riconoscimento del genocidio armeno e del Seyfo, perché questa violenza non si ripeta». I genocidi, ha spiegato il patriarca, avvengono quando «non si riconosce più l’umanità del prossimo». Dopo aver esortato i fedeli a non dimenticare i martiri passati, il vescovo ha invitato a pregare per i cristiani che ancora oggi vengono perseguitati: «In questo momento di preghiera, chiediamo l’intercessione dei nostri santi martiri per tutto il mondo, in particolare per i cristiani perseguitati in tutto il mondo, soprattutto Siria, Iraq e Libano, vittime di un nuovo genocidio, fisico, fisico, religioso, culturale ed etnico».

22 giugno 2015