A Roma e nel Lazio, l’immigrazione “sospesa”

Il nuovo Rapporto Idos: nel tempo della pandemia, difficile accesso a sanità e vaccini. Diminuiti i nuovi permessi. Stabile la popolazione straniera residente: 629.171 persone a inizio 2020. La presentazione il 15 giugno, in diretta streaming e su YouTube

La pandemia di coronavirus e il suo “peso” sugli immigrati, a Roma e nel Lazio. C’è anzitutto questo al centro del nuovo Rapporto Idos sulle migrazioni nell’area romano-laziale, che dopo 15 anni cambia nome: da Osservatorio romano sulle migrazioni a Osservatorio sulle migrazioni a Roma e nel Lazio. «Ancora oggi la mancanza di una governance organica nella gestione del Covid ostacola la fruibilità dei percorsi sanitari e ha rallentato la campagna vaccinale, il cui accesso non è ancora universale e paritario», si legge nelle anticipazioni del Rapporto, che verrà presentato il 15 giugno alle 16, in diretta streaming sul sito dossierimmigrazione.it e sul canale YouTube di Idos. Lo dimostrano i molti immigrati presenti tra i “fragili” colpiti dalle difficoltà di accesso ai servizi di base, alla prevenzione e al tracciamento dei casi di coronavirus. Basti pensare che l’Uosd (Unità operativa semplice dipartimentale) Salute migranti della Asl Roma 1 nel 2020 ha visto triplicare gli utenti, saliti a quota 1.511.

Le cose non migliorano sul fronte delle prestazioni sociali. Se è vero che solo il 5% delle 220mila persone che hanno fatto domanda in tutta Italia ha ottenuto un permesso per lavoro in seguito alla regolarizzazione dell’estate del 2020 per l’emersione di lavoratori stranieri irregolari nel settore agricolo e domestico, a Roma sono giunte a conclusione solo 2 pratiche su 16mila e non è stato ancora rilasciato nessun permesso. «Gravemente indebolita», nella Capitale e in tutta la regione, l’erogazioni di prestazioni di base come registrazioni anagrafiche, iscrizioni al servizio sanitario, accesso alle cure, iscrizioni scolastiche, richieste e rinnovi dei permessi di soggiorno, servizi di mediazione, corsi di italiano.

In calo, nel Lazio, i nuovi permessi di soggiorno rilasciati nel 2019: -19,4% rispetto al 2018. Più che dimezzati (-51,4%) quelli di asilo e umanitari, a causa dei “decreti Sicurezza” 2018 e 2019, ora in parte modificati. Diminuiti anche i nuovi rilasci delle altre tipologie di permesso: lavoro (-8,0%), famiglia (-12,3%), studio (-15,1%), residenza elettiva, religione e salute (-5,9%). A fine 2019 il numero dei minori stranieri non accompagnati è stato il più basso a partire dal 2010: solo 339 in carico al Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) del Lazio (il 4,8% del totale nazionale). I Paesi di provenienza: Egitto, Albania, Tunisia e Bangladesh. Stabile la popolazione straniera residente: 629.171 persone nel Lazio a inizio 2020, appena 2.423 in più (+0,4%) rispetto all’anno precedente.

Acuite dalla pandemia le disuguaglianze nella scuola: tra gli 80.947 studenti di cittadinanza non italiana iscritti nel Lazio, 51.757 dei quali nati in Italia (63,9%), tanti sono rimasti isolati o esclusi dalla didattica a distanza. Il digital divide si è rivelato, insomma, la nuova frontiera della disparità. A questo si aggiungono le difficoltà linguistiche, che nella didattica a distanza diventano causa di emarginazione, e il problema dei respingimenti degli alunni stranieri che domandano di iscriversi a inizio o in corso d’anno e non sono accettati per ostacoli puramente burocratici. Un problema di ampie dimensioni, se si considera che nel Lazio gli stranieri iscritti per la prima volta nel 2018/2019 sono 1.928, in oltre 8 casi su 10 inseriti direttamente nelle scuole superiori. Anche la gran parte dei corsi di insegnamento dell’italiano L2 ha subito interruzioni, inclusi quelli dei Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (Cpia). Negli anni pre-Covid la rete ScuoleMigranti insegnava l’italiano ad almeno 11mila allievi all’anno; nel 2020 ne ha raggiunti solo 3.362, pari al 30%. Si stima che almeno 8mila immigrati del Lazio siano stati privati della formazione linguistica del volontariato e che anche l’offerta pubblica abbia subìto una consistente riduzione.

Nel 2020 insomma, complice l’emergenza sanitaria, si registra uno stato di “sospensione” dell’immigrazione in tutta l’area romano-laziale. Per alleviare queste criticità, molti soggetti del privato sociale e dell’associazionismo hanno rafforzato le strategie comuni proponendo, anche a supporto dei servizi pubblici, interventi inediti e tempestivi quali l’insegnamento dell’italiano L2 al telefono, il sostegno agli studenti stranieri in didattica a distanza, la medicina di prossimità, un coordinamento sanitario operativo a supporto delle Asl romane, fino all’apertura, insieme al Comune di Roma, di due strutture ponte per la quarantena di richiedenti asilo e rifugiati e un centro di emergenza sanitaria per stranieri e italiani senza dimora. Operatori del pubblico e del privato, evidenziano dall’Osservatorio, «hanno saputo recuperare pratiche di prossimità e politiche territoriali purtroppo trascurate negli anni passati, riducendo per quanto possibile isolamento ed emarginazione. Adesso però, superata l’emergenza e a oltre un anno dall’inizio della pandemia, urgono politiche territoriali organiche, strutturali e di ampio respiro».

10 giugno 2021