A Ostia la XXV Festa del libro, nel ricordo del vescovo Riva

Un pomeriggio dedicato al presule, a 20 anni dalla morte. Sami Modiano: «Bisogna ricordare, per capire». L’incontro tra Giovanni Paolo II e il rabbino Toaff

Un pomeriggio dedicato alla memoria, promosso dall’Associazione Clemente Riva nell’ambito della XXV Festa del libro a Ostia, sabato 23 febbraio, nel salone della parrocchia Santa Monica. Memoria dell’amatissimo vescovo di cui l’associazione porta il nome, pastore del settore Sud della diocesi di Roma dal 1975 al 1998, a 20 anni dalla morte. «Uomo di grande personalità, umana, culturale, sociale, temperata dall’estrema modestia»: così lo ricorda monsignor Giovanni Falbo, già prefetto e da 42 anni parroco di Santa Monica, a lui legato da grande amicizia. «Padre per tanti giovani, sempre pronto a incoraggiare. Un angelo custode nel cammino verso i poveri» per Franco De Donno, già vicario parrocchiale e coordinatore della Caritas di Ostia, ora consigliere del X municipio. «Umiltà e coraggio nel rischiare, monsignor Riva era libero da clericalismo e apparenze. Su carità e giustizia – ricorda – era aperto all’azione per il Vangelo. Una vita, la sua, che ha privilegiato teologicamente l’incarnazione entrando nei problemi e camminando insieme alla gente. Abbiamo bisogno di speranza, non di semplice attesa, come lui insegnava, ma di tensione per farla diventare potenzialità e capacità di partecipazione coraggiosa».

Di monsignor Riva Vincenzo Cenci, cresciuto nella parrocchia di Sant’Aurea, ricorda «la dignità episcopale unita a grande amabilità e familiarità, espressione di animo buono e semplice». E rammenta un episodio: «Da ragazzo in gita con un gruppo di cresimandi su un’autobus lo abbiamo riconosciuto. Ne è scaturita immediata la festa da lui accolta con gioia». Proprio «la grande attenzione ai giovani, l’ascolto delle loro esigenze e problematiche» emergeva spesso nei «dialoghi della macchina» ricordati da don Salvatore Tanzillo, prefetto e parroco di Sant’Agostino a Stagni, allora giovane sacerdote che spesso riaccompagnava Riva, solito venire in treno a Ostia, a San Carlo al Corso, dove risiedeva.

«Non ho avuto l’onore di conoscerlo ma sono felice di ricordarlo», sottolinea Sami Modiano, tra gli ospiti. «Come per la Shoah, bisogna trasmettere, ricordare, per capire e fare tesoro. Ho attraversato un periodo difficile, ho subito le leggi razziali, l’esperienza della guerra e la deportazione nei campi di sterminio ma sono uscito vivo da quell’inferno – osserva -. Ho incubi e momenti di depressione ma sono un uomo felice perché ho una missione: trasmettere alle nuove generazioni quanto è successo perché non si ripeta più». Proprio la presenza di Modiano dà modo a Cenci di ricordare il ruolo svolto da Riva nell’incontro del 1986 tra Giovanni Paolo II e il rabbino capo Elio Toaff nella sinagoga di Roma, evidenziando l’importanza che dava al dialogo ecumenico e interreligioso e la sua capacità di attenzione a quanto unisce, per generare un futuro migliore. «Furono oltre 10mila – sottolinea Modiano – gli ebrei di Roma aiutati da famiglie cattoliche e istituti religiosi, su incitamento di Pio XII, acclamato anche dagli ebrei alla fine della guerra».

«Al centro della città metterei l’uomo», disse monsignor Riva in uno dei suoi interventi, ricordati nella serata, raccolti nel libro omonimo edito nel 1994. Un pensiero, il suo, «quanto mai attuale a livello pastorale e sociale», sottolinea monsignor Falbo. «Non aveva neanche una stanza – ricorda De Donno -: una tenda divideva uno spazio comune». A fare sintesi degli interventi, Gianni Maritati, presidente dell’associazione, che ricorda il presule come «un maestro di vita evangelica». Come grande eredità, conclude, lascia «il dialogo come arte da imparare per arrivare insieme a un obiettivo comune». Il prossimo 30 marzo, a 20 anni esatti dalla scomparsa, è in programma a San Carlo al Corso una Messa in suffragio del presule rosminiano.

25 febbraio 2019