A Lampedusa i funerali delle 13 vittime dell’ultimo naufragio

Alla Casa della Fraternità le esequie delle donne i cui corpi sono stati ritrovati al largo delle coste,« su richiesta dei sopravvissuti e desiderio della comunità»

La Casa della Fraternità di Lampedusa ospita questo pomeriggio, 9 ottobre, alle 18 la Messa di esequie delle 13 donne morte nell’ultimo naufragio, nella notte tra il 6 e il 7 ottobre. I loro corpi sono stati ritrovati al largo dell’isola; 4 quelli identificati, «alcuni grazie ai familiari; una donna invece è stata identificata perché aveva con sé il suo passaporto e quello del suo bimbo, che è ancora disperso in mare». A riferirlo è il parroco di Lampedusa don Carmelo La Magra, che presiederà la Messa di questa sera per i funerali delle 13 donne, «su richiesta dei familiari e desiderati da noi», dal momento che «ci è stato detto che sono quasi tutte cristiane». Già ieri, intanto, il cardinale arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro si è soffermato davanti alle 13 bare per un momento di preghiera.

Riguardo ai funerali, don La Magra assicura: «Non ci saranno invitati speciali; è invitata a partecipare tutta la comunità in forma privata. Così vogliamo pregare e ricordare i morti». Le salme, prosegue, saranno sepolte nei cimiteri dei Comuni agrigentini che daranno disponibilità ad accoglierle. «Non essendo sepolte in un solo posto ma ripartite nei vari cimiteri, non riusciamo ad avere contezza della vastità della tragedia», riflette. Proseguono intanto con gli elicotteri le ricerche dei numerosi dispersi, a motivo delle condizioni proibitive del mare. «Più passa il tempo e più è difficile trovare le altre vittime di questa tragedia – afferma ancora il sacerdote -. Vogliamo pregare non solo per i morti ma anche per i dispersi e dare conforto ai sopravvissuti provati dalla morte dei loro cari. La comunità – prosegue – è chiamata a riflettere su cosa significa professare valori cristiani. Non basta piangere, bisogna agire. Bisogna riconoscere che le persone muoiono perché non ci sono vie legali per arrivare qui e per avere riconosciuti i loro diritti».

Parla di una «ennesima tragedia» che si è consumata a Lampedusa Francesco Garofalo, presidente del Centro Studi Giorgio La Pira di Cassano allo Jonio. «Il siciliano La Pira – osserva – ci inviterebbe a guardare a questo genocidio, a questa povera gente, che cerca protezione e un posto sicuro, ma soprattutto la nostra speranza. Perché se ci voltiamo dall’altra parte –  prosegue -, siamo dei disperati. Disperiamo della nostra umanità, disperiamo della nostra voglia di vivere, del nostro desiderio di comunione. Disperiamo della Parola di Dio». Ancora, Garofalo evidenzia che «oggi, in un mondo globalizzato e più complicato, bisogna costruire la “civiltà dell’amore”. Senza questa tensione etica, e senza porci la medesima domanda di La Pira, rischiamo, però, di non fare nulla o di edificare “sulla sabbia”. Non ce lo possiamo permettere. La nostra coscienza, che risponde prima al Signore ce lo impone».

9 ottobre 2019