A Gaza è «rischio concreto di genocidio»

L’allarme lanciato da Amnesty International, che denuncia nuove prove di attacchi illegali. Indagine su 4 attacchi delle forze armate israeliane nel governatorato di Rafah

«Le nostre ricerche stanno fornendo prove evidenti delle raccapriccianti conseguenze degli incessanti e illegali attacchi israeliani nella Striscia di Gaza». A parlare è Erika Guevara-Rosas, direttrice delle ricerche di Amnesty International, che negli ultimi mesi ha svolto un’indagine su quattro attacchi israeliani: tre nel dicembre 2023, dopo la fine della “pausa umanitaria”, e uno nel gennaio 2024.  Ricerche da cui, denunciano dall’organizzazione, sono emerse nuove prove di attacchi illegali e mortali nella Striscia di Gaza occupata, che «mostrano come le forze israeliane continuino a ignorare il diritto internazionale umanitario, cancellando famiglie intere nella completa impunità».

Basti pensare che negli attacchi presi in esame sono stati uccisi almeno 95 civili, tra i quali 42 bambini. I raid oltretutto hanno colpito il governatorato di Rafah, all’estremità meridionale della Striscia di Gaza e asseritamente la zona “più sicura”, «dove tuttora le forze israeliane stanno accelerando i preparativi per un’operazione da terra, che avrà conseguenze devastanti per oltre un milione di persone stipate in un’area di 63 chilometri quadrati a seguito di successive ondate di sfollamenti di massa», sottolineano da Amnesty.

Non solo. In tutti e quattro gli attacchi, «non è stata trovata alcuna indicazione che gli edifici colpiti potessero essere considerati legittimi obiettivi militari e ciò ha sollevato preoccupazioni che si sia trattato di attacchi diretti contro civili e obiettivi civili, da indagare come crimini di guerra». Anche se le forze israeliane avessero voluto colpire legittimi obiettivi militari nelle vicinanze, «è evidente che quegli attacchi non abbiano fatto distinzione tra obiettivi militari e obiettivi civili – rimarcano dall’organizzazione internazionale -: in questo caso, si tratterebbe di attacchi indiscriminati, a loro volta crimini di guerra».

Le prove raccolte da Amnesty International hanno portato alla conclusione che l’esercito israeliano non abbia dato preavviso degli attacchi o alcun avviso efficace, per lo meno alle persone residenti negli edifici colpiti. Il risultato è stato che «intere famiglie sono state spazzate via, persino dopo che avevano cercato scampo in zone definite “sicure” e senza che avessero ricevuto alcun preavviso», dichiara Guevara-Rosas. Secondo la direttrice delle ricerche di Amnesty, «questi attacchi seguono un costante schema di violazione del diritto internazionale umanitario e contraddicono le affermazioni delle autorità di Israele, secondo le quali le loro forze stanno prendendo maggiori precauzioni per ridurre al minimo i danni ai civili».

Tre dei quattro attacchi sono stati portati a termine di notte, quando era probabile che le persone residenti negli edifici colpiti, tra le quali intere famiglie sfollate da altre zone della Striscia di Gaza, stessero dormendo, come di fatto è avvenuto. «Tra le persone uccise in questi attacchi illegali c’erano una neonata di neanche tre settimane di vita, un noto medico di 69 anni in pensione, un giornalista che aveva accolto in casa persone sfollate e una madre che divideva un letto con la figlia di 23 anni. Le dolorose testimonianze dei sopravvissuti dovrebbero ricordarci che questi crimini di atrocità nella Striscia di Gaza rappresentano una macchia sulla coscienza collettiva del mondo», sono ancora le parole di Guevara-Rosas.

La referente di Amnesty ricorda la sentenza provvisoria della Corte internazionale di giustizia secondo cui il rischio di genocidio è concreto e imminente per asserire che «le orribili descrizioni di questi quattro attacchi ribadiscono quanto sia urgente che tutti gli Stati premano per un immediato e duraturo cessate il fuoco, che è il mezzo più efficace per attuare le misure cautelari ordinate dalla Corte, e quanto sia importante imporre un embargo totale sulle armi dirette a tutte le parti in conflitto».

Amnesty International ha visitato i luoghi dei quattro attacchi, ha fatto foto e video delle distruzioni e ha intervistato 18 persone: 14 sopravvissuti e quattro parenti che avevano preso parte alle operazioni di soccorso. Il Crisis Evidence Lab dell’organizzazione ha analizzato immagini satellitari, foto e video per geolocalizzare e verificare gli attacchi e le distruzioni provocate. «A quattro mesi dall’inizio dell’offensiva israeliana – rende noto Guevara-Rosas -, sono stati uccisi oltre 28mila palestinesi e oltre 60mila sono rimasti feriti in mezzo a una catastrofe umanitaria senza precedenti. Alla luce dell’agghiacciante livello di morte e distruzione – prosegue -, tutti gli Stati hanno il chiaro obbligo di agire per prevenire il genocidio. Invece, continuano a non fare richieste esplicite di un cessate il fuoco e ad alimentare crimini di guerra fornendo armi a Israele», è l’accusa.

La direttrice delle ricerche riferisce anche le parole dei familiari di alcune delle vittime, che dicono che «a farle andare avanti, nonostante le loro perdite, è la lotta per avere qualche forma di giustizia». Parole che mettono in luce «l’importanza di porre fine alla duratura impunità per i crimini di guerra e per gli altri crimini di diritto internazionale commessi dalle forze israeliane. Da qui – conclude -, l’urgente necessità che l’ufficio del procuratore della Corte penale internazionale acceleri le sue indagini sulle prove di crimini di guerra e di altri crimini di atrocità commessi da tutte le parti in conflitto».

13 febbraio 2024