A Dio Padre Misericordioso la preghiera per il Pakistan

La comunità di Tor Tre Teste ricorda i cristiani uccisi nel duplice attentato di Lahore. Il vescovo dal Covolo: «Costante e crudele persecuzione»

La comunità di Tor Tre Teste ricorda i cristiani uccisi nel duplice attentato di Lahore. Il vescovo dal Covolo: «Fino a quando dovremo assistere impotenti a questa persecuzione?»

«”Viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà, crederà di rendere culto a Dio”. Quest’ora è ormai giunta». Nelle parole di Cristo durante l’ultima cena, il vescovo Enrico dal Covolo, presiedendo ieri sera, lunedì 16 marzo, nella parrocchia di Dio Padre Misericordioso una Messa per i cristiani uccisi in Pakistan, ha trovato un puntuale commento all’attentato di domenica 15 a Lahore. Qui, nel quartiere Youhanabad, il fanatismo islamico, con una bomba in due chiese, una cattolica e una protestante, ha ucciso 14 cristiani e ferito un’ottantina di fedeli.

«Il corpo di Gesù – ha proseguito il rettore della Pontificia Università Lateranense – soffre e muore nei tanti martiri del nostro tempo. Tanti fratelli e sorelle sono perseguitati a causa della loro amicizia con il Signore. Che monito questo per noi! Che esempio per le nostre vite cristiane spesso tiepide e insipide! Di questi fratelli e sorelle barbaramente uccisi per la loro fede vogliamo essere voce. Fino a quando dovremo assistere impotenti a questa costante e crudele persecuzione? Fino a quando – ha chiesto infine il presule – dovremo attendere che i potenti di questo mondo si scomodino in difesa dei deboli?».

Una solida amicizia stringe la comunità cristiana di Lahore e la parrocchia di Tor Tre Teste, che, nel 2012, ha costruito una chiesa omonima, Dio Misericordioso, nel villaggio di Okara, nel Punjab cristiano. Proprio da questa amicizia è nata l’idea di organizzare, in poche ore, una Messa di suffragio. «Quando nel 2010 arrivai qui – racconta il parroco don Federico Corrubolo – incontrai qui un sacerdote del Pakistan, don Kamran Taj, e facemmo amicizia. Quando tornò in Pakistan decidemmo di rimanere in contatto. La nostra parrocchia raccolse dei fondi per costruire una chiesa nel villaggio dove don Taj era diventato parroco. Sono andato un mese fa a trovare i sacerdoti e i parrocchiani di Okara. L’ultima chiesa che ho visitato era proprio quella di San Giovanni, colpita dall’attentato. Ogni struttura cattolica, lì, è sottoposta a vigilanza armata e la comunità cristiana sa di essere sotto attacco. Ho voluto organizzare questa Messa di suffragio affinché la notizia dell’attentato non venisse fagocitata nel giro di 24 ore e di pochi telegiornali. Siamo gemellati con il villaggio di Okara, con cui ci unisce un grande affetto. I nostri parrocchiani sostengono ancora don Taj raccogliendo fondi per la benzina che usa per spostarsi».

Alla celebrazione eucaristica, che ha preceduto la proiezione di alcune foto del Pakistan e della chiesa di San Giovanni distrutta dai terroristi, ha partecipato anche un ex-islamico, originario di Lahore, convertito al cristianesimo. «I cristiani a Lahore – ha riferito – sono ogni giorno in difficoltà. Gli estremisti che stavano alla frontiera tra Pakistan e Afghanistan sono entrati nelle città dove vivono i cristiani. Io ora non posso vivere in Pakistan. Se sanno che sono convertito uccidono me e la mia famiglia. Io sono tagliato fuori da tutti. Sono di famiglia pashtun, e la maggioranza dei pashtun è talebana. Uccidere un essere umano è peccato, sia egli cristiano, musulmano o ebreo. Ma per me questo attentato è stato più doloroso perché erano cristiani, miei fratelli. Solo una pressione internazionale sul governo del Pakistan – ha concluso – può impedire quello che sta accadendo e dare più sicurezza a chiese e cristiani».

17 marzo 2015