A Bruxelles la veglia ecumenica per le vittime degli attentati

La preghiera in cattedrale, promossa dalle Chiese cristiane. Presenti rappresentanti delle forze dell’ordine e i cappellani dell’aeroporto di Zaventem

La preghiera in cattedrale, promossa dai responsabili delle Chiese cristiane in Belgio. Presenti rappresentanti delle forze dell’ordine e i cappellani dell’aeroporto di Zaventem

Trecento candele accese deposte sull’altare. E ad accompagnare la preghiera, le parole di san Francesco d’Assisi: “Fai di noi uno strumento della tua pace”. Bruxelles ha risposto così agli attentati che l’hanno colpita il 22 marzo: con il silenzio e con la preghiera, promossa nella cattedrale di Saints-Michel et Gudule dai responsabili delle Chiese cristiane in Belgio. Ieri sera, lunedì 28 marzo, alla veglia erano presenti monsignor Jozef De Kesel, arcivescovo cattolico di Malines-Bruxelles, il Metropolita ortodosso del Belgio Athénagoras, Steven H. Fuite, presidente del Consiglio sinodale della Chiesa protestante unita del Belgio, Geert W. Lorein, presidente del Sinodo federale delle Chiese protestanti ed evangeliche, e il reverendo Jack Macdonald, presidente del Comitato centrale del culto anglicano.

Insieme ai responsabili delle Chiese, erano presenti anche rappresentanti del governo federale, del Parlamento e del corpo diplomatico tra cui i nunzi apostolici monsignor Alain Lebeaupin, rappresentante della Santa Sede presso l’Unione Europea a Bruxelles, e monsignor Giacinto Berloco, nunzio apostolico in Belgio. Moltissimi i fedel, nonostante le severe misure di sicurezza. In cattedrale anche rappresentanti della comunità ebraica e musulmana di Bruxelles e Salah Echallaoui, presidente dell’Esecutivo dei musulmani in Belgio (Emb).

La veglia ha avuto inizio con una processione alla quale hanno partecipato oltre ai leader cristiani anche rappresentanti delle forze dell’ordine, vigili del fuoco e polizia, e i cappellani dell’aeroporto di Zaventem. «Il nostro dolore è grande – ha detto all’inizio della celebrazione monsignor Jozef de Kesel -. Se siamo qui riuniti è perché vogliamo essere vicini alle vittime, vicini a coloro che hanno perso la vita, vicini alle loro famiglie e tutti coloro che sono oggi in lutto. Siamo qui per pregare». L’arcivescovo ha ricordato la Pasqua appena celebrata dai cattolici per ribadire che «Cristo condannato a morte e crocifisso è risuscitato. Ha vinto la morte e ha vinto il male. È il cuore della nostra fede». Quindi, parlando in francese e in fiammingo, ha ripercorso gli eventi di violenze e dolore che hanno aperto la Settimana Santa in Belgio: gli attentati all’aeroporto di Zaventem e «qui, nel cuore della nostra città». Il pensiero rivolto alle vittime e ai feriti di tutte le nazionalità, ancora in ospedale. «Ciò che è successo – ha detto – non ci lascia indifferenti. È evidente che questi attacchi sono atti criminali che colpiscono il fondamento stesso della nostra società. È un attacco a ciò che di più prezioso hanno le società moderne, e cioè la libertà, il rispetto per la differenza e le identità, la solidarietà».

In cattedrale risuonavano le parole dell’evangelista Giovanni: «Vi lascio la pace, vi dò la mia pace». Per l’arcivescovo De Kesel «la pace è qualcosa di più dell’assenza di violenza; la pace chiede molto di più che la sola tolleranza. Non c’è un autentico vivere insieme se non c’è un profondo e sincero rispetto per l’altro. Questo rispetto è alla base di ogni amore». Impossibile dunque, è la sintesi dell’arcivescovo di Bruxelles, amare Dio e odiare il fratello: «Colui che ama Dio, ama anche il suo fratello».

Ancora, nelle parole del presule la gratitudine per la risposta che la città e tutto il Paese stanno dando all’orrore vissuto. «Non abbiamo mai ascoltato, né sui media né da parte dei responsabili politici – ha evidenziato -, un appello alla violenza o alla vendetta. Ciò che gli autori di questi atti vogliono è dividerci, metterci gli uni contro gli altri. Per questo dobbiamo oggi più che mai essere insieme, resistere all’angoscia, non perdere coraggio». E sugli «sforzi di pace e di riconciliazione» ha invocato la benedizione del Signore anche il vescovo ausiliare di Bruxelles Jean Kockerols. «Suscita in ciascuno – ha chiesto nella preghiera – il desiderio di agire per una società più giusta e solidale».

Nella serata ha preso la parola anche una rappresentante della Comunità ebraica, che ha ribadito: «Siamo tutti figli di un unico padre e siamo tutti membri di una grande famiglia». La donna ha ricordato l’esperienza della persecuzione subita dal padre, recluso in un campo di concentramento durante la Shoah, ma anche la sua capacità di mantenere sempre viva la speranza. «L’odio e la violenza – ha continuato – conducono alle tenebre. L’amore e il rispetto per l’altro conducono alla luce e alla vita». Anche per i musulmani ha preso la parola una donna, che ha ricordato l’anno giubilare indetto da Francesco, dedicato alla misericordia. «Vi parlo con un cuore ferito – ha detto – ma il messaggio che voglio lasciare è un messaggio di speranza». Quindi ha concluso leggendo una preghiera dell’Abbé Pierre: «Continuerò a credere, anche se tutti perdono la speranza. Io continuerò ad amare, anche se gli altri distillano odio. Continuerò a costruire, anche se gli altri distruggono. Continuerò a parlare di pace, anche nel bel mezzo di una guerra… E io continuerò a gridare, anche se gli altri tacciono».

La veglia si è conclusa con lo scambio della pace, la recita del Padre Nostro e la lettura della preghiera di San Francesco: «Signore, fa di me uno strumento della tua pace: dove è odio, fa ch’io porti amore, dove è offesa, ch’io porti il perdono, dove è discordia, ch’io porti la fede, dove è l’errore, ch’io porti la Verità, dove è la disperazione, ch’io porti la speranza».

29 marzo 2016