A 81 anni dal rastrellamento del Ghetto, l’invito a perseguire giustizia e pace
La commemorazione della deportazione degli ebrei di Roma, il 16 ottobre 1943, con Sant’Egidio e comunità ebraica. Il sindaco Gualtieri: «Combattere ogni ambiguità»
«Quando una donna di 94 anni, deportata, scampata al massacro, impegnata da tutta la vita a raccontare l’immenso orrore della Shoah, viene accusata di essere un’agente sionista, l’unica definizione che possiamo utilizzare è quella di antisemitismo. Roma abbraccia la senatrice Liliana Segre e tutti coloro che sono stati oggetto di un’aggressione vergognosa». Nelle parole del sindaco di Roma Roberto Gualtieri la condanna per la crescente ondata di antisemitismo che sta invadendo numerose piazze italiane e, nel caso specifico, quella di Milano, dove due settimane fa, durante un corteo pro Palestina, è apparso un cartello con il volto della senatrice a vita e la scritta “Agente sionista”.
Il primo cittadino è intervenuto ieri sera, 15 ottobre, alla cerimonia organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Comunità ebraica di Roma in memoria dell’81° anniversario del rastrellamento del Ghetto ebraico compiuto dai nazisti il 16 ottobre 1943. Nei campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau furono deportati 1.024 ebrei romani, tra i quali 200 bambini. Solamente in 16 sopravvissero, 15 uomini ed una donna, Settimia Spizzichino. Da 30 anni le due Comunità promuovono la commemorazione per non dimenticare “il sabato nero” vissuto a Portico d’Ottavia, dove i nazisti effettuarono centinaia di arresti.
Per il sindaco, in questo clima d’odio, «difendere gli ebrei non vuol dire solo essere costretti ad alzare i livelli di sicurezza, ma riconoscere e combattere ogni ambiguità». Dopo aver lanciato un appello affinché gli ostaggi in mano ad Hamas siano «liberati al più presto come condizione indispensabile per aprire un sentiero di pace», Gualtieri ha rimarcato che «è doloroso vedere a Roma, e in tante piazze italiane – ha rimarcato – un rigurgito orribile di odio antiebraico. Tutti hanno il diritto di criticare decisioni politiche, è legittimo, ma questo non può e non potrà mai giustificare l’antisemitismo, la messa in discussione del diritto di Israele a esistere. Occorre combattere il virus dell’antisemitismo – le parole del sindaco – e non stancarsi mai di perseguire la giustizia e la pace».
A oltre un anno dall’attacco terroristico di Hamas contro Israele, «siamo qui con un’ansia mai sopita e con una partecipazione al dolore sempre forte», ha affermato il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che non ha nascosto «lo stupore rispetto a quanto sta accadendo nell’opinione pubblica, a come si sia divisa e a come si siano sviluppati, scoperti e alimentati i peggiori sentimenti di ostilità antiebraica». Ha sottolineato che non si tratta di animosità «antisionista, o anti Netanyahu, ma antiebraica, sic et simpliciter». Per questo suggerisce di mantenere alta l’attenzione, «vigilare e nutrire uno spirito critico nei confronti di qualsiasi informazione distorta che nell’ultimo anno è stata impressionante». Le celebrazioni dello scorso anno si tennero a pochi giorni di distanza dall’attacco di Hamas «quando ancora le dimensioni del pogrom ancora non erano chiare – ha proseguito Di Segni -, si capiva che era capitato qualcosa di enorme, ma l’entità della tragedia lasciava tutti attoniti e sconvolti. Non ci saremmo aspettati in quei giorni drammatici che la situazione dovesse continuare fino a oggi, e chissà per quanto tempo ancora» ha concluso.
«Vogliamo le famiglie ricongiunte – l’appello di Victor Fadlun, presidente della Comunità ebraica di Roma, a margine della commemorazione -. Noi ci sentiamo ancora esattamente all’indomani del 7 ottobre, perché quegli ostaggi che oltre un anno fa sono stati catturati e portati in prigionia nei tunnel di Gaza purtroppo sono ancora lì. In questa guerra ci sono vittime di tutte le religioni. I palestinesi stessi sono vittime di questo terrorismo dissennato di Hezbollah, di Hamas e dei proxy dell’Iran. Le prime vittime sono loro, assieme agli abitanti di Israele». Per il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, «siamo in un momento di grave responsabilità nel costruire il futuro in una società che si deresponsabilizza, che non vota. Oggi la guerra in tanti scenari è stata riabilitata come unico strumento per risolvere i conflitti e semina dolorosamente morti su morti. Il terrorismo si è strutturato in maniera pesante e barbara, la diplomazia sta vivendo una stagione di debolezza e fragilità. Dobbiamo ravvivare la memoria».
Dell’urgenza di un impegno comune per la pace ha parlato Ambrogio Spreafico, delegato per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale del Lazio, per il quale «c’è molto dolore e distruzione da riparare, odio da raddrizzare, un linguaggio parlato e scritto da eliminare, molta violenza da combattere con le armi insostituibili della mitezza e di un dialogo pacificatore, per riparare quei danni dell’io che con arroganza non sa ascoltare e dialogare». La commemorazione del rastrellamento del Ghetto di Roma «serve a coltivare la memoria a responsabilizzare una volta di più le istituzioni e i cittadini – ha osservato l’assessore regionale ai servizi sociali Massimiliano Maselli -. Bisogna capire il presente per superare i rischi che si presentano dinnanzi a noi, per non chiudere gli occhi davanti alle sofferenze del mondo. È altrettanto importante conoscere la storia perché chi non la conosce è condannato a ripeterla».
16 ottobre 2024