A 22 anni si uccide in carcere: «Qui impazzisco»

Valerio si è impiccato a Regina Coeli. Aveva problemi psichici. Polemica con il giudice: «Non si curano le persone mettendole in galera». La lettera

Valerio si è impiccato a Regina Coeli. Aveva problemi psichici, polemica con il giudice: «Non si curano le persone mettendole in galera». La lettera straziante

«Io qui sto impazzendo, ma me la sono cercata. Fratellone mio, ora ti lascio con la penna ma non con il cuore. Ci rincontreremo». Si congeda così Valerio G., 22 anni, carcerato a Regina Coeli. In una lettera indirizzata al fratello ha raccontato il suo strazio, poi si è impiccato con un lenzuolo venerdì scorso nella sua cella. A ricevere la lettera, nella giornata di sabato, è stata l’associazione Antigone che si occupa di tutelare i diritti e le garanzie nel sistema penale. È stata la madre a voler rendere pubblica la missiva.

 Nel settembre dello scorso anno
, il giovane era stato collocato in Rems di Ceccano, nel frusinate, una delle strutture di assistenza per detenuti problematici che hanno preso il posto delle case di detenzione psichiatriche. Polemiche per la decisione del giudice di trattenerlo in carcere invece di inviarlo in una struttura di cura specializzata. Per Patrizio Gonnella di Antigone e Stefano Cecconi della campagna Stop Opg, «non si cura mettendo le persone dietro le sbarre ma affidandole – e ancor più i ragazzi – al sostegno medico, sociale e psicologo dei servizi sul territorio. Se un giovane si allontana da una Rems non si deve parlare di un’evasione, e non si butta una vita in galera».

Della stessa opinione anche il presidente di Isola Solidale, struttura che a Roma accoglie detenuti a fine pena o coloro che dopo la detenzione non hanno più un sostegno sociale e familiare. «Il suicidio di un ragazzo di 22 anni è una sconfitta per tutti – le parole di Alessandro Pinna -. Non possiamo accettare che il carcere sia solo un luogo di non ritorno senza una seria politica di recupero ed inserimento».

«Occorre pensare tutti insieme, istituzioni e società civile, un serio percorso di sostegno psicologico e riabilitativo delle persone che vivono l’esperienza del carcere. Occorre – conclude Pinna – comprendere che oltre il detenuto c’è un essere umano che pur se ha sbagliato ha il diritto di avere un’occasione per ricominciare».

27 febbraio 2017