A 20 anni dalla morte di Giovanni Paolo II, Messa in San Pietro con Parolin

La celebrazione il 2 aprile alle 15. Il vicario Reina: «Sarà un momento di gratitudine al Signore per il grande dono della sua vita e del suo ministero pastorale al servizio della nostra diocesi». Il ricordo dei funerali, presieduti dall’allora cardinale Ratzinger

L’intera piazza San Pietro ha lo sguardo rivolto in alto, verso il terzo piano del Palazzo apostolico. Le luci dell’appartamento di Papa Giovanni Paolo II sono accese e fanno compagnia alle migliaia di fedeli riuniti in preghiera. Sono da poco passate le 22 del 2 aprile 2005, quando l’allora arcivescovo Leonardo Sandri, in quel momento sostituto della segreteria di Stato, prende parola nel silenzio generale. «Carissimi fratelli e sorelle, alle 21.37 il nostro amatissimo Santo Padre Giovanni Paolo II è tornato alla casa del Padre». Le televisioni di tutto il mondo inquadrano lacrime e abbracci. La commozione si propaga in ogni angolo della città.

Sono passati vent’anni da quel giorno. Per l’occasione, mercoledì prossimo, 2 aprile, alle 15 il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, che ieri ha definito san Giovanni Paolo II «un gigante», presiederà una Messa nella basilica di San Pietro nell’anniversario della sua morte. Il cardinale vicario Baldo Reina, in una lettera rivolta «ai sacerdoti, ai diaconi permanenti, alle religiose e ai religiosi ai responsabili di gruppi, movimenti, associazioni e confraternite e al Popolo Santo di Dio della diocesi di Roma», invita tutti a partecipare alla celebrazione. «Non occorrerà alcun biglietto – scrive -. I sacerdoti che desiderano concelebrare dovranno trovarsi alle 14.15 nella sacrestia della basilica portando con sé il camice, il cingolo e la stola bianca. Sarà questo un momento di gratitudine al Signore per il grande dono della vita di san Giovanni Paolo Il e del suo ministero pastorale al servizio della nostra diocesi».

Sono ancora negli occhi di tutti le immagini del suo funerale, l’8 aprile 2005. Il vento sfogliava le pagine del Vangelo adagiato sulla semplice bara di cipresso. Come a ripercorrere la sua vita, scolpita giorno dopo giorno dalla Parola di Dio. Fu l’ultimo grande segno della sua presenza a San Pietro, in una piazza che non riusciva a contenere quella «immensa folla silenziosa e orante», come la definì il cardinale Joseph Ratzinger nell’omelia, ancora inconsapevole che proprio lui, dopo qualche giorno, sarebbe diventato il successore di Papa Wojtyla, prendendo il nome di Benedetto XVI.

Striscioni in piazza, al funerale di Giovanni Paolo II, l’8 aprile 2005

Indimenticabile anche il momento in cui incensò il feretro, davanti alle 300mila persone che riempivano la piazza. Più di 200 i capi di Stato e di governo presenti. Due milioni le persone in tutta Roma ad assistere sui maxischermi. Il discorso del cardinale Ratzinger venne interrotto dagli applausi per tredici volte. Parlò per venti minuti e verso la fine sollevò il braccio per indicare l’appartamento papale, prima di aggiungere: «Possiamo essere sicuri che il nostro Papa sta adesso alla finestra della casa del Padre, ci vede e ci benedice». Il funerale si concluse con gli applausi, mentre alle 12.30 i sediari pontifici rivolsero per l’ultima volta verso la piazza il feretro con il simbolo mariano. Il coro “Santo Subito” passava di voce in voce come una sorta di profezia, portata a compimento il 27 aprile 2014 da Papa Francesco davanti ad almeno 800mila fedeli.

Molti di loro, nel cuore, lo sapevano già da anni che Giovanni Paolo II sarebbe stato canonizzato. L’ulteriore conferma arrivò dalla grande testimonianza che offrì qualche giorno prima di morire, quando il 26 marzo assistette dalla sua cappella privata alla Via Crucis del Colosseo. Seduto sulla sedia a rotelle, quasi immobile, con la fronte appoggiata al Crocifisso. L’immagine della sofferenza redenta in Cristo. Fu l’ultima grande lezione donata al mondo, a conclusione di cinque anni di malattia da molti definiti la “cattedra del dolore”. Dolore che Wojtyla attraversò fortemente anche nel 1981, quando il 13 maggio sopravvisse miracolosamente all’attentato di Ali Ağca, che perdonò pubblicamente due anni dopo, andandolo a trovare in prigione. In quell’occasione scolpì nel suo pontificato la Divina Misericordia, alla quale aveva cominciato a dedicare la sua vita fin da giovane, quando, prima di andare a lavorare in fabbrica, si fermava a pregare nella cappella del Convento di suor Faustina Kowalska, che canonizzò nel pieno del Grande Giubileo del 2000.

Giovanni Paolo II alla Gmg del 2000 (foto: diocesi di Roma)

È dello stesso anno la memorabile Giornata mondiale della gioventù (Gmg) di Tor Vergata. «È Gesù che cercate quando sognate la felicità – disse ai 2 milioni di giovani arrivati da tutto il mondo -. È Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna». Un vero e proprio testamento consegnato alle nuove generazioni, da un pontefice definito da tutti “il Papa dei giovani”. Per loro istituì la Gmg, che partì nel 1986 su base diocesana, dopo i due grandi appuntamenti di Roma nel 1984 (Giubileo dei giovani) e del 1985 (Anno internazionale della Gioventù). Una realtà che è giunta fino a oggi.

Giovanni Paolo II alla Gmg del 2000 (foto: diocesi di Roma)

Viaggiò molto, Papa Wojtyla: 104 i viaggi apostolici internazionali, 146 quelli in Italia, senza dimenticare le 317 visite pastorali alle parrocchie di Roma, con un’attenzione particolare a quelle di periferia. Introdusse la Chiesa nel terzo millennio, realizzando la profezia del cardinale Stefan Wyszyński e contribuendo a cambiare la storia. Indimenticabile la data del 1° dicembre 1989, quando Michail Gorbaciov entrò per la prima volta in Vaticano ricevuto dallo stesso Giovanni Paolo II. Si trattò del primo faccia a faccia tra un Papa e un leader sovietico, appena dopo la caduta del Muro di Berlino, alla vigilia dell’inizio del crollo dell’impero comunista.

Giovanni Paolo II in visita alla parrocchia di San Cipriano (foto: diocesi di Roma)

Fu davvero un Papa che non ebbe paura e che aprì, anzi spalancò, le porte a Cristo, come lui stesso invitò a fare durante il discorso di inizio pontificato, il 22 ottobre del 1978. In quell’occasione, ruppe il protocollo. Scese improvvisamente in mezzo ai fedeli, impugnò con entrambe le mani la croce pastorale e la innalzò. La videro tutti. Era iniziato non solo un nuovo pontificato, ma un capitolo diverso della storia della Chiesa.

28 marzo 2025