Francesco: «Chiedo perdono a Dio per il male commesso dai cristiani contro gli indigeni in Canada»

Nella prima giornata del suo «pellegrinaggio penitenziale» il Papa ha incontrato le popolazioni First Nations, Métis e Inuit a Maskwacis. «Le sofferenze del passato lascino il posto a un futuro di giustizia, guarigione e riconciliazione», l’auspicio

Si è svolta a Maskwacis (“colline dell’orso”, in lingua cree), con l’incontro con le popolazioni indigene First Nations, Métis e Inuit, la prima tappa del «pellegrinaggio penitenziale» di Francesco in Canada. Un luogo «tristemente evocativo», lo ha definito, circa 70 km a sud di Edmonton, dove ha pronunciato il suo primo discorso, alla presenza dei sopravvissuti delle scuole residenziali, del governatore generale del Canada Mary Simon e del primo ministro Justin Trudeau. «Attendevo di giungere da voi», l’esordio del Papa, che ha espresso «il dolore, l’indignazione e la vergogna» per quanto avvenuto nelle 139 scuole residenziali, più della metà delle quali gestite dai cattolici, che 50mila bambini indigeni strappati alle loro famiglie sono stati costretti a frequentare per le politiche di “assimilazione” dei governi. «Camminare insieme, pregare insieme, lavorare insieme – ha aggiunto -, perché le sofferenze del passato lascino il posto a un futuro di giustizia, guarigione e riconciliazione».

Il pontefice ha ricordato le due paia di mocassini ricevute in dono dagli indigeni canadesi incontrati quattro mesi fa a Roma, mantenendo la promessa di restituirli una volta approdato nelle loro terre. Un «segno della sofferenza patita dai bambini indigeni, in particolare da quanti purtroppo non fecero più ritorno a casa dalle scuole residenziali», ha detto, ma anche «di un cammino, di un percorso che desideriamo fare insieme». Quindi ha aggiunto: «Giungo nelle vostre terre natie per dirvi di persona che sono addolorato, per implorare da Dio perdono, guarigione e riconciliazione, per manifestarvi la mia vicinanza, per pregare con voi e per voi». Cominciando proprio da una regione «che vede, da tempo immemorabile, la presenza delle popolazioni indigene. Un territorio che ci parla, che permette di fare memoria». E nelle parole di Bergoglio, «è giusto fare memoria, perché la dimenticanza porta all’indifferenza». Allora, «fare memoria delle esperienze devastanti avvenute nelle scuole residenziali colpisce, indigna, addolora, ma è necessario. È necessario ricordare come le politiche di assimilazione e di affrancamento, che comprendevano anche il sistema delle scuole residenziali, siano state devastanti per la gente di queste terre». Gente che aveva vissuto per migliaia di anni «con stili di vita che hanno rispettato la terra stessa, ereditata dalle generazioni passate e custodita per quelle future», l’omaggio di Francesco, che colloca qui le radici del «senso di famiglia e di comunità» nel quale si sono sviluppati «legami saldi tra le generazioni, onorando gli anziani e prendendovi cura dei piccoli. Quante buone usanze e insegnamenti, incentrati sull’attenzione agli altri e sull’amore per la verità, sul coraggio e sul rispetto, sull’umiltà e sull’onestà, sulla sapienza di vita!», ha aggiunto.

Poi, l’arrivo dei coloni europei. «C’era la grande opportunità di sviluppare un fecondo incontro tra culture, tradizioni e spiritualità. Ma in gran parte ciò non è avvenuto», l’analisi di Francesco, che è arrivato poi al cuore del suo primo discorso in Canada: «Oggi sono qui, in questa terra che, insieme a una memoria antica, custodisce le cicatrici di ferite ancora aperte. Sono qui perché il primo passo di questo pellegrinaggio penitenziale in mezzo a voi è quello di rinnovarvi la richiesta di perdono e di dirvi, di tutto cuore, che sono profondamente addolorato. Chiedo perdono per i modi in cui, purtroppo, molti cristiani hanno sostenuto la mentalità colonizzatrice delle potenze che hanno oppresso i popoli indigeni». E ancora: «Sono addolorato. Chiedo perdono, in particolare, per i modi in cui molti membri della Chiesa e delle comunità religiose hanno cooperato, anche attraverso l’indifferenza, a quei progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata dei governi dell’epoca, culminati nel sistema delle scuole residenziali. Sebbene la carità cristiana fosse presente e vi fossero non pochi casi esemplari di dedizione per i bambini, le conseguenze complessive delle politiche legate alle scuole residenziali sono state catastrofiche», la denuncia del Papa.

Senza mezzi termini, ha parlato di «errore devastante, incompatibile con il Vangelo di Gesù Cristo. Addolora – ha dichiarato – sapere che quel terreno compatto di valori, lingua e cultura, che ha conferito alle vostre popolazioni un genuino senso di identità, è stato eroso, e che voi continuiate a pagarne gli effetti. Di fronte a questo male che indigna, la Chiesa si inginocchia dinanzi a Dio e implora il perdono per i peccati dei suoi figli. Vorrei ribadirlo con vergogna e chiarezza: chiedo umilmente perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene». Per Francesco, è «il primo passo, il punto di partenza», per «dare vita a una cultura capace di fare in modo che tali situazioni non solo non si ripetano ma non trovino spazio. Una parte importante di questo processo è condurre una seria ricerca della verità sul passato – la proposta – e aiutare i sopravvissuti delle scuole residenziali a intraprendere percorsi di guarigione dai traumi subiti». L’auspicio del Papa allora è che «i cristiani e la società di questa terra crescano nella capacità di accogliere e rispettare l’identità e l’esperienza delle popolazioni indigene. Auspico che si trovino vie concrete per conoscerle e apprezzarle, imparando a camminare tutti insieme – ha proseguito -. Da parte mia, continuerò a incoraggiare l’impegno di tutti i cattolici nei riguardi dei popoli indigeni. So che tutto ciò richiede tempo e pazienza: si tratta di processi che devono entrare nei cuori, e la mia presenza qui e l’impegno dei vescovi canadesi sono testimonianza della volontà di procedere in questo cammino». Oggi intanto «sono qui a ricordare il passato, a piangere con voi, a guardare in silenzio la terra, a pregare presso le tombe», il riferimento alla sosta in preghiera nel cimitero che ha preceduto l’incontro: «Lasciamo che il silenzio ci aiuti tutti a interiorizzare il dolore. Silenzio. E preghiera: di fronte al male preghiamo il Signore del bene; di fronte alla morte preghiamo il Dio della vita».

26 luglio 2022