30 anni dalla strage via D’Amelio, Fico: «Fare piena luce»

Il presidente della Camera dei deputati lo indica come «priorità assoluta» per il Paese. «La strage ha provocato una lacerazione profonda. Ma la nostra democrazia ha resistito»

Anche il presidente della Camera dei deputati Roberto Fico ricorda il 30° anniversario della strage di via D’Amelio, a Palermo, il 19 luglio 1992, nella quale morirono il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi. A distanza di 30 anni, «fare piena luce, assicurare una piena verità giudiziaria e storica deve essere per il nostro Paese una priorità assoluta», afferma.

Fico ricorda «il dolore e l’indignazione» del Paese intero «alla notizia che l’efferata strategia stragista della criminalità organizzata aveva portato via un altro magistrato, un uomo di Stato che aveva contribuito in maniera determinante ad imprimere una svolta nella lotta alla mafia», a soli 57 giorni dall’attentato di Capaci che uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e, anche in questo caso, gli agenti della scorta. «La strage ha provocato una lacerazione profonda nel nostro Paese», prosegue la terza carica dello Stato, ricordando che «in ogni casa, di fronte allo scorrere delle immagini di via D’Amelio sventrata, tutti provammo un forte senso di smarrimento. La nostra democrazia ha però resistito – rileva -. È riuscita a farlo aggrappandosi proprio alle figure di uomini come Borsellino, al loro rigore, al loro coraggio, al loro impegno».

Il pensiero del presidente della Repubblica va «alla preziosa azione investigativa e giudiziaria di forze dell’ordine e magistrati, al perfezionamento della normativa antimafia, agli interventi in materia di giustizia sociale. Ma soprattutto – prosegue – le idee e l’esempio di Borsellino e Falcone hanno motivato un vasto movimento civile e associativo desideroso di riscatto e dedito alla diffusione di una rinnovata mentalità di impegno e cura del bene comune». E anche se «oggi la mafia è molto diversa dal nemico di allora, la sua capacità di insinuarsi e di infettare tutti i settori della società richiede ancor di più il contributo di tutte le forze migliori delle istituzioni, della politica, della società civile. E richiede quello stesso coraggio – è il monito -, quella stessa determinazione, quello stesso forte senso dello Stato che hanno sempre ispirato il giudice Borsellino e che devono continuare ad essere la nostra stella polare contro ogni forma di sopruso e illegalità».

In conclusione, «un pensiero alla famiglia Borsellino, il cui dolore in questi 30 anni è stato amplificato dalla mancata risposta a tanti interrogativi sulla strage di via D’Amelio e dagli insopportabili depistaggi».

19 luglio 2022