In Ucraina «centinaia di civili uccisi, anche con attacchi e armi illegali»

La denuncia di Amnesty International, che lancia la campagna a favore dei lasciti testamentari: bombardamenti indiscriminati, distruzioni massicce di strutture civili e aree residenziali

Bombardamenti indiscriminati, armi vietate, distruzioni massicce di strutture civili e di ampie aree residenziali da parte delle forze armate russe hanno causato la morte di centinaia di vittime innocenti a Kharkiv, Mariupol, nell’Oblast di Kiev e a Serhiivka, così come in altre parti dell’Ucraina: è questo lo scenario drammatico indagato e denunciato da Amnesty International fin dall’inizio dell’aggressione russa. A conferma dei sospetti, i ricercatori del Crisis Response Programme di Amnesty International – il programma che l’organizzazione attiva in risposta alle situazioni di emergenza – sono rimasti a lungo sui luoghi degli attacchi per raccogliere e analizzare prove materiali, in particolare i residui di munizioni che sono stati poi valutati da esperti di armi. «Le missioni sul campo hanno permesso di raccogliere numerose testimonianze dirette di sopravvissuti agli attacchi e di rinvenire prove concrete del ripetuto uso di armi proibite dalle convenzioni internazionali per i loro effetti incontrollabili, come bombe a grappolo 9N210/9N235 e mine a frammentazione – afferma Amnesty -. Sono stati inoltre trovati resti di razzi Uragan e sono stati accertati attacchi effettuati con mine terrestri e altri armi esplosive, tra cui i razzi Grad». Dall’inizio del conflitto, l’organizzazione è impegnata in Ucraina al fine di favorire la giustizia internazionale e chiede che i processi giudiziari per i crimini di guerra commessi nel Paese siano il più completi possibile, garantendo che tutti i responsabili siano assicurati alla giustizia attraverso procedimenti indipendenti, imparziali ed equi per tutti i crimini previsti dal diritto internazionale.

Mariupol, civili inermi sepolti dalle bombe russe sotto le macerie del teatro. «L’attacco del 16 marzo scorso da parte delle forze russe contro il Teatro d’arte drammatica di Mariupol è stato un evidente crimine di guerra, che ha provocato decine di vittime civili, inclusi bambini». A questa conclusione Amnesty International è giunta al termine di una  lunga ricerca: attraverso  un modello matematico della detonazione , il Crisis Response Programme ha potuto determinare la quantità esplosiva netta necessaria per causare il livello di distruzione visto al teatro di Mariupol. Basandosi sul materiale bellico a disposizione delle forze russe, Amnesty International ha concluso che, con ogni probabilità, sono state usate due bombe da 500 chilogrammi sganciate da aerei da combattimento Su-25, Su-30 o Su-34 situati in una base aerea delle forze russe nella zona e visti frequentemente operare nell’Ucraina meridionale. Tra il 16 marzo e il 21 giugno Amnesty ha raccolto e analizzato prove disponibili e credibili, incluse 52 testimonianze dirette di sopravvissuti all’attacco e testimoni. Ha inoltre analizzato immagini satellitari e dati forniti dai radar immediatamente prima e immediatamente dopo l’attacco, ha autenticato fotografie e video forniti dai sopravvissuti e dai testimoni nonché due serie di progetti architettonici del teatro. Alla ricerca hanno anche contribuito le indagini del Crisis Evidence Lab, che ha esaminato e verificato 46 fotografie e video dell’attacco pubblicate sui social media e altre 143 fotografie e riprese video consegnate privatamente ai ricercatori. «Dopo mesi di rigorose indagini, di analisi delle immagini satellitari e di interviste con decine di testimoni, abbiamo concluso che l’attacco è stato un evidente crimine di guerra commesso dalle forze russe, che hanno mirato deliberatamente contro i civili ucraini», ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International. Il teatro era chiaramente riconoscibile come struttura civile, persino più di altre costruzioni della città. Davanti a entrambe le facciate del teatro, sul piazzale, erano state realizzate due scritte “bambini”, molto grandi e in cirillico, in modo che fossero ben visibili per i piloti russi, come erano visibili dalle immagini satellitari. «Secondo i principi fondamentali del Diritto internazionale umanitario colpire civili e obiettivi civili è illegale. Le forze militari che si preparano a un attacco devono prendere tutte le misure per essere ragionevolmente certe che non colpiranno civili od obiettivi civili. La natura dell’attacco – ad esempio le parti del teatro colpite dalle bombe così come il tipo di arma probabilmente usata – e l’assenza di obiettivi militari potenzialmente legittimi nelle vicinanze, portano con forza alla conclusione che il teatro fosse proprio l’obiettivo da colpire. Di conseguenza, si è trattato di un crimine di guerra», afferma Amnesty.

Kharkiv, bombe a grappolo e mine a frammentazione sulle zone residenziali. «Centinaia di civili sono stati uccisi nella città ucraina di Kharkiv a seguito di bombardamenti indiscriminati delle forze armate russe, mediante munizioni vietate come bombe a grappolo 9N210/9N235 e di mine a frammentazione, le une e le altre vietate da trattati internazionali a causa dei loro effetti indiscriminati”. Sono le conclusioni di una nuova ricerca condotta da Amnesty International attraverso il suo Crisis Response Programme, che ha raccolto le prove dei bombardamenti incessanti sulle aree residenziali di Kharkiv dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina. In due settimane di lavoro sul campo, tra aprile e maggio, i ricercatori di Amnesty International hanno indagato su 41 attacchi che hanno ucciso almeno 62 persone e ne hanno ferite almeno altre 96; hanno intervistato 160 persone, tra cui sopravvissuti agli attacchi, parenti di vittime, testimoni e medici che hanno curato i feriti; hanno raccolto e analizzato prove materiali sui luoghi degli attacchi, soprattutto frammenti di munizioni e hanno valutato numerosi documenti digitali. I bombardamenti su Kharkiv, una città di un milione e mezzo di abitanti, sono iniziati il 24 febbraio, il primo giorno dell’invasione russa dell’Ucraina, in particolare nei quartieri nord-orientali e orientali. «Il pomeriggio del 15 aprile le forze russe hanno lanciato bombe a grappolo su via Miru e sulle sue adiacenze, nel quartiere di Industrialni – afferma Amnesty -. Sono stati uccisi almeno nove civili e oltre 35 sono stati i feriti, tra cui diversi bambini». I medici dell’ospedale n. 25 hanno mostrato ad Amnesty i frammenti metallici rimossi dai corpi dei pazienti, tra cui i tipici pezzi d’acciaio contenuti nelle bombe a grappolo 9N210/9N235. «Sebbene la Russia non sia stata parte della Convenzione sulle bombe a grappolo né della Convenzione sulle mine antipersona, il Diritto internazionale umanitario proibisce attacchi indiscriminati e l’uso di armi per loro natura non mirate su obiettivi militari. Razzi privi di guida come i Grad e gli Uragan, abitualmente usati dalle forze russe, producono effetti indiscriminati quando sono diretti contro centri abitati poiché hanno un margine d’errore di oltre 100 metri. In centri abitati dove, la distanza tra gli edifici è di non più di pochi metri, è praticamente certo che provochino perdite di vite umane, massicci danni e distruzioni alle infrastrutture civili – sottolinea Amnesty -. Questa prassi viola il Diritto internazionale umanitario: lanciare attacchi tra la popolazione civile è un efferato crimine di guerra. A oggi il Dipartimento di Medicina dell’amministrazione militare regionale di Kharkiv stima che dall’inizio del conflitto, in tutta la regione, i civili uccisi siano stati 606 e i feriti 1248».

Borodyanka, attacchi aerei su palazzi, parco giochi e negozi. A Borodyanka, 60 chilometri a nord-ovest di Kiev, il 1° e il 2 marzo una serie di attacchi aerei russi ha centrato otto palazzi in cui abitavano oltre 600 persone. Gli attacchi hanno causato la morte di almeno 40 persone e distrutto gli otto palazzi così come altri edifici nelle vicinanze. Nella maggior parte dei casi le vittime sono state uccise nelle cantine dei palazzi, usate come rifugi, altre all’interno dei loro appartamenti. «La mattina del 2 marzo un attacco ha ucciso almeno 23 persone nel palazzo 359 di via Tsentralna – ricorda Amnesty International -. Tra queste, cinque parenti di Vadim Zahrebelny: la madre Lydia, il fratello Volodymyr e sua moglie Yulia e i genitori di quest’ultima Lubov e Leonid Hurbanov». Vasyl Yaroshenko era nei pressi di uno dei palazzi colpiti: «Ho lasciato l’appartamento per fare alcune cose nel garage, che dista 150 metri dal palazzo. Mia moglie si stava preparando a portare in cantina una coppia di anziani nostri vicini. Quando sono arrivato al garage c’è stata una forte esplosione. Mi sono riparato e dopo, quando ho alzato gli occhi, ho visto un grande buco nel palazzo. Era crollata l’intera parte centrale, sotto la quale si trovava la cantina. Mia moglie Halina è morta. Avevamo vissuto in quell’appartamento per 40 anni». Il 1° marzo una serie di attacchi aerei ha colpito altri palazzi nei dintorni, tra cui il 371, sempre a via Tsentralna. Sono morte almeno sette persone, tra le quali Vitali Smishchuk, un chirurgo di 39 anni, la moglie Tetiana e la loro figlia Yeva, di quattro anni. Gli attacchi aerei illegali su Borodyanka sono stati documentati attraverso decine di interviste e l’analisi di prove indiziarie; una delegazione di Amnesty International, guidata dalla segretaria generale Agnès Callamard, si è recata nelle ultime settimane nell’oblast di Kiev e ha incontrato sopravvissuti, familiari di vittime e alti funzionari ucraini. Durante i 12 giorni di ricerche, la delegazione di Amnesty ha intervistato gli abitanti di zone colpite, come Bucha e Borodyanka. Complessivamente, l’organizzazione ha intervistato 45 persone che erano state testimoni, o avevano resoconti diretti, di uccisioni illegali di loro parenti o vicini da parte delle forze russe, e altre 39 persone che erano state testimoni, o avevano resoconti diretti, di attacchi aerei che avevano colpito otto palazzi. Degli ingenti danni causati dai bombardamenti su Borodyanka è stata anche creata una rappresentazione interattiva a 360 gradi.

«Sin dall’inizio della guerra, la popolazione ucraina ha subìto attacchi incessanti che hanno ucciso centinaia di civili e ferito un numero ancora maggiore di persone. Abbiamo documentato bombardamenti indiscriminati con armi vietate come le bombe a grappolo e con armi imprecise, come i razzi privi di guida, dagli effetti incontrollabili. Uno scenario terribile, che conferma ancora una volta che non c’è mai una ‘guerra pulita’, in cui i civili vengano risparmiati – denuncia Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia -. Nel caso dell’Ucraina, il fatto che le forze russe abbiano ripetutamente usato armi vietate dal diritto internazionale, generando morte e distruzioni su scala massiccia, ci dice ancora quanto profondo sia il loro disprezzo per le vite umane. Per permettere ad Amnesty International di continuare a denunciare crimini di guerra come quelli consumati in Ucraina e difendere i diritti umani in tutto il mondo, è necessario il sostegno di tutte e tutti, anche nella prospettiva di quando non ci saremo più. Un lascito testamentario è un atto di generosità alla portata di tutti, capace di fare la differenza per chi vede ogni giorno calpestati i propri diritti e la propria dignità».

Dal 1961 Amnesty International si impegna in difesa dei diritti umani mettendo governi, istituzioni e aziende di fronte alle loro responsabilità, portando alla luce la verità, dando voce ai “senza voce”. «Scegliere di disporre nel proprio testamento un lascito a favore di Amnesty International è un atto di civile previdenza e responsabilità – afferma l’organizzazione -. Significa lasciare in eredità un mondo più giusto e aiutare concretamente i ricercatori del Crisis Response Programme a condurre attività sul campo in difesa delle violazioni dei diritti umani. Significa garantire la possibilità di portare avanti campagne e progetti in difesa delle persone a cui i diritti e la dignità sono negati. Per sostenere le attività di Amnesty International non bisogna necessariamente disporre di un ingente patrimonio, perché ognuno di noi, anche con un piccolo gesto, può fare la differenza».

La campagna “Chi lotterà al tuo posto quando non ci sarai più?”. Afferma Amnesty International: «Nella vita di tutti i giorni ognuno di noi lotta contro quello che non ritiene giusto. Ma chi lotterà al nostro posto quando non ci saremo più? Amnesty International opera attraverso un unico movimento globale per la difesa e la promozione dei diritti umani nel mondo. Sono centinaia di migliaia le persone che, grazie alla sua azione, hanno ritrovato la libertà, hanno evitato l’esecuzione di una condanna a morte, hanno ottenuto asilo politico o hanno cessato di essere torturate. Con un lascito testamentario a favore di Amnesty International sarà possibile combattere contro le ingiustizie, per sempre». Per sostenere le attività di Amnesty International attraverso un lascito testamentario si può decidere di lasciare una somma di denaro, un bene immobile oppure mobile: un gesto non vincolante, che può essere ripensato e modificato in qualsiasi momento, senza che vengano in alcun modo lesi i diritti legittimi dei propri cari e familiari. «Qualunque sia la scelta, si avrà sempre la certezza di lasciare in eredità i propri valori e ideali anche quando non ci saremo più. Un contributo fondamentale che vivrà nel tempo e che consentirà ad Amnesty International di portare avanti ricerche, campagne e progetti in difesa dei diritti umani nel mondo», sottolinea l’organizzazione che, per restare indipendente, non accetta fondi da governi, istituzioni né grandi aziende, ma vive di piccole donazioni provenienti da persone comuni.

Per informazioni su come destinare un lascito solidale a favore di Amnesty International è possibile richiedere la Guida Lasciti contattando lo 06.4490215, scrivendo a lasciti@amnesty.it  oppure visitando il sito dedicato.

15 luglio 2022