Minori migranti in Europa, “Nascosti in piena vista”

Nel report di Save the Children, storie di respingimenti, confini blindati e violenti, per quanti arrivano da Paesi diversi dall’Ucraina. Nei primi 3 mesi del 2022, respinti alle frontiere in 35

Un’Europa a due livelli, capace di spalancare le porte alla popolazione in fuga dalla guerra in Ucraina ma al contempo brutale e capace di una forza ingiustificata contro altri migranti inermi, “colpevoli” di non avere documenti validi ma : in uno scenario mondiale profondamente mutato, l’Europa e i suoi Paesi hanno dimostrato di saper spalancare braccia e porte alla popolazione in fuga dalla guerra in Ucraina, ma al contempo si sono dimostrati brutali e disposti a usare forza ingiustificata contro gente inerme, “colpevole” di non avere documenti validi per l’ingresso, ma ugualmente bisognosa di un riparo sicuro. Questo è il quadro che emerge dal secondo rapporto “Nascosti in piena vista” – curato anche quest’anno da Daniele Biella -, presentato da Save the Children in vista della Giornata mondiale del rifugiato, il 20 giugno. Un viaggio tra tante storie di minori soli e di famiglie in arrivo o in transito alla frontiera nord, a Trieste, Ventimiglia e Oulx, per denunciare le disparità di trattamento e chiedere la fine delle violenze lungo le frontiere. Violenze come quelle subite da Javed, 17 anni, afghano, alla frontiera tra Turchia e Bulgaria, che ha tentato di varcare per 23 volte, prima di giungere in Italia.

Le percosse, i cani aizzati contro, la morte dei compagni di viaggio, dentro e fuori dall’Europa. Sono le storie di tanti, raccolte da Save the Children un anno dopo la ricerca effettuata alle zone di confine della frontiera Nord d’Italia, a Trieste, per chi arriva nel nostro Paese attraverso la cosiddetta rotta balcanica e in uscita verso la Francia, a Ventimiglia in Liguria e a Oulx in Piemonte. «I profughi ucraini, con ammirabile solidarietà, vengono accolti ai valichi autostradali con donazioni di cibo, vestiti e un trattamento dignitoso che fa onore all’Italia e all’Europa. Ma nei rilievi del Carso triestino, così come sul Passo della Morte tra Ventimiglia e Mentone e tra i sentieri del colle del Monginevro, numerosi vestiti, documenti e altri oggetti abbandonati testimoniano il passaggio di persone analogamente in fuga da privazioni e violazioni dei loro diritti, ma provenienti da altri Stati, obbligati a viaggiare nell’ombra, attraversando nel buio le frontiere in un’Europa che chiude loro le porte», dichiara Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Lo confermano i numeri: nei primi 3 mesi del 2022 sono stati 35 i minorenni stranieri non accompagnati respinti alle frontiere interne o esterne dell’Ue, che la coalizione di enti non profit europei Protecting Rights at Borders ha intercettato nelle sue attività. «Probabilmente la punta di un iceberg – affermano da Save the Children -, se si pensa che solo ad aprile sono stati segnalati 38 minori non accompagnati in transito a Trieste (oltre a quelli accolti dal sistema istituzionale di protezione) e, sempre ad aprile, 24 sono stati registrati in transito a Ventimiglia e 35 a Oulx». Minorenni “nascosti in piena vista”, appunto. I respingimenti non si presentano all’ingresso in Italia a Trieste e dintorni ma vengono registrati ancora alle frontiere con la Francia: il team di ricerca di Save the Children ha raccolto evidenze dirette di trattamento differenziato a seconda dei luoghi di transito. In ogni caso, se la frontiera francese rimane comunque permeabile – il numero di tentativi dipende spesso dalla fortuna – rimangono praticamente insuperabili gli accessi dall’Italia a Svizzera e Austria. «È difficile arrivare da soli in altri Paesi. Senza padre, senza madre, senza fratello e nessun amico. Ma dobbiamo farlo, perché abbiamo un sogno: vogliamo avere un futuro, vogliamo essere brave persone», dichiara Naweed, costretto a fuggire dall’Afghanistan, 14 anni, forse meno, che gli operatori di Save the Children hanno incrociato i primi di maggio a Claviere, nell’alta Valle di Susa, in Piemonte, all’ennesimo confine da valicare, determinato a proseguire in direzione Finlandia, dove vive il fratello.

Stando ai dati del ministero del Lavoro e delle politiche sociali, ad aprile sono 14.025 i minori stranieri non accompagnati presenti nel sistema di accoglienza italiano, di cui il 16,3% sono bambine e ragazze, quasi il 70% hanno tra i 16 e i 17 anni e oltre il 22% sono sotto i 14 anni. Per quanto riguarda le nazionalità, la novità di quest’anno è rappresentata dagli ucraini al primo posto (3.906, pari al 27,9%, la cui quasi totalità è ospitata presso parenti o famiglie affidatarie); poi ci sono gli egiziani con il 16,6% e a seguire bengalesi, albanesi, tunisini, pakistani, ivoriani. Gli afghani sono 306, pari al 2,6%, a testimonianza della loro volontà di raggiungere altri Paesi in Europa. Ad aprile sono entrati nel territorio italiano 1.897 minori soli – di cui solo 272 con gli sbarchi alla frontiera sud e i restanti 1.625 entrati evidentemente dalla frontiera terrestre -, in maggioranza ucraini (1.332, pari al 70,2%), egiziani (169, pari all’8,9%), afghani (71, pari al 3,7%).  Le regioni che ne accolgono di più sono Lombardia (19,6%), Sicilia (18%) ed Emilia-Romagna (8,8%). Con l’arrivo della bella stagione poi il flusso di minori non accompagnati è aumentato notevolmente in un solo mese in tutti e tre i territori monitorati: a Trieste (dalla rotta balcanica) dai 38 passaggi di aprile ai 60 di maggio; a Ventimiglia da 24 a 47; a Oulx da 35 a 150, per lo più ragazzi afghani, che arrivavano sia dalla rotta balcanica che dalla frontiera marittima, cioè dal Mar Mediterraneo, le cui traversate risultano sempre più letali e dove di recente ha ripreso vigore la tratta dalla Turchia alla Calabria.

Tra i posti peggiori per un migrante c’è proprio la frontiera di Ventimiglia, dove anche Save the Children è presente per dare una risposta immediata, in collaborazione con Unicef, ai bisogni essenziali di bambini e adolescenti, delle loro famiglie e delle donne in arrivo in Italia e in transito. «Spesso questo transito, soprattutto nell’area Nord del Paese, è un transito invisibile – riferisce Niccolò Gargaglia, responsabile dell’area protezione e inclusione minori migranti dell’organizzazione -. Per quanto composto da numeri relativamente importanti, rimane un fenomeno sottostimato. Ciò ha una ricaduta sul piano della protezione e dell’assistenza ai minori, soprattutto coloro che viaggiano soli, che da invisibili appunto rischiano di essere esposti a pericoli quali abuso, maltrattamento, sfruttamento e violenza».

Gli scenari che emergono dalle crisi globali, osserva ancora Raffaela Milano, «impongono di non derubricare la fuga dall’emergenza fame o da quella climatica, che costringono tante persone a lasciare le proprie case e i propri Paesi, a “migrazione economica” verso la quale i Paesi europei hanno sempre adottato un approccio repressivo. Chiediamo alle istituzioni europee e ai Paesi Membri di avere una voce univoca in materia di protezione dei minorenni. In particolare – aggiunge – chiediamo alla Commissione europea l’adozione di una Raccomandazione agli Stati membri per l’adozione e l’implementazione  di politiche volte ad assicurare la piena protezione dei minori non accompagnati ai confini esterni ed interni dell’Europa e sui territori degli Stati membri, promuovendo il loro benessere e sviluppo psicofisico anche mediante strategie tese all’inclusione scolastica e formativa e velocizzando le procedure che riguardano i minorenni non accompagnati, tra cui i ricongiungimenti familiari». Ancora, «chiediamo ai governi europei di astenersi dall’utilizzo di pratiche che erroneamente distinguono fra categorie di rifugiati, rispettando il diritto internazionale e il principio del non respingimento, consentendo l’accesso a tutti i richiedenti asilo, e di estendere le buone pratiche istituite per i rifugiati ucraini a tutti i richiedenti asilo, introducendole anche nelle discussioni sull’approvazione o revisione dei provvedimenti del Patto sull’asilo e la migrazione. Infine – conclude Milano -, riteniamo fondamentale l’adozione di sistemi di monitoraggio delle frontiere, che permettano anche di perseguire i casi di violazione dei diritti umani».

Anche in Italia, aggiunge infine la direttrice dei Programmi Italia-Europa, «tanto deve essere fatto, a partire dalla creazione e dal supporto alle reti virtuose sul territorio, stanziando risorse a sostegno di esperienze di organizzazioni multi-attoriali (che coinvolgano istituzioni, terzo settore, cittadinanza, istituzioni religiose, settore privato) per una risposta in termini di accoglienza e protezione, con priorità per le aree di transito e transfrontaliere».

17 giugno 2022