Nigeria, Arogundade: grati per la vicinanza dei musulmani

Il vescovo di Ondo esprime sconcerto e tristezza, ma anche la forza che viene dalla solidarietà della comunità islamica, con cui «abbiamo sempre convissuto in pace». La responsabilità della politica

Lo sconcerto e la tristezza, ma anche la forza che viene dalla vicinanza della comunità musulmana locale, che ha convissuto finora con i cristiani in pace e senza che vi fossero motivi di attrito: questi i sentimenti condivisi con l’agenzia Dire da monsignor Jude Ayodeji Arogundade, vescovo di Ondo, la diocesi della Nigeria colpita dall’attentato nella chiesa di Saint Francis domenica 5 giugno.

Secondo le informazioni fornite dal presule, le persone uccise in conseguenza degli spari e delle esplosioni nella domenica di Pentecoste sono state almeno 38. «Abbiamo verificato sia nell’ospedale cattolico di Saint Louis che in quello federale, governativo», precisa, ricordando come la polizia locale avesse confermato 22 decessi, un numero dunque inferiore. «Stiamo organizzando una cerimonia funebre per ricordare tutte le vittime, molte delle quali originarie di regioni orientali della Nigeria, giunte in questo Stato sud-occidentale per via di attività commerciali e di lavoro –  riferisce -. Pensiamo anche alla creazione di un parco commemorativo in città».

A Owo, il centro di circa 200mila abitanti dove si è verificato l’attentato, un corteo di donne ha sfilato per chiedere verità e giustizia. A esprimere vicinanza ai familiari delle vittime sono stati anche esponenti della comunità islamica, che nell’Ondo costituisce circa il dieci per cento della popolazione. «Abbiamo sempre convissuto in pace», ribadisce Arogundade, ricordando il cordoglio espresso da Muhammadu Sa’ad Abubakar, il sultano di Sokoto, autorità di riferimento per l’islam nazionale.

A oggi l’attentato di domenica non è stato rivendicato da alcun gruppo. Il vescovo ipotizza però la responsabilità di «milizie legate alle comunità fulani radicate nel nord della Nigeria a maggioranza musulmana o giunte magari da oltreconfine, dalle rotte sahariane del Niger, del Mali e forse persino della Libia». Secondo Arogundade c’è però anche una responsabilità del potere politico. A essere chiamato in causa è lo stesso presidente Muhammadu Buhari, ex generale eletto per la prima volta nel 2015 con la promessa di porre fine alle violenze di Boko Haram, un gruppo di matrice islamista con basi operative nel nord della Nigeria. «Il capo dello Stato appartiene alla comunità fulani – dice il presule – e a lui oggi chiediamo: com’è stato possibile permettere a bande di criminali e terroristi di prendere il sopravvento in Nigeria, un Paese che ha uno degli eserciti meglio equipaggiati d’Africa?».

9 giugno 2022