Il freddo uccide, la Caritas invoca un Pnrr per i più fragili

Cinque senza dimora morti da dicembre. Il direttore Trincia: smentire la logica dell’emergenza. Nuovi centri di accoglienza

Da dicembre a oggi cinque senza dimora sono morti a Roma. Uccisi dal freddo in varie zone della città, dal Tintoretto alla centralissima piazza dei Cinquecento. Cinque uomini che per dimora avevano una panchina o un giaciglio sotto un cavalcavia. Il diacono Giustino Trincia, direttore della Caritas di Roma, oltre ad esprimere dolore per la morte di cinque persone, ritiene «importante smentire questa logica dell’emergenza freddo. L’emergenza dura tutto l’anno. Ci sono nella Capitale 8mila persone che vivono in condizioni abitative molto precarie o per strada. Bisogna assolutamente affrontare in maniera strutturale questo problema umanitario, sociale, economico e sanitario».

Una questione annosa, che si trascina da anni e che si può risolvere solo con la compartecipazione di vari enti «a partire dalle istituzioni pubbliche, che hanno sì un ruolo decisivo, ma non basta – prosegue il direttore dell’organismo pastorale diocesano per la promozione della carità -. È necessario coinvolgere i soggetti economici, sociali, la Chiesa. Insieme dobbiamo affrontare quanto prima il problema perché ogni giorno, per 12 mesi l’anno, 8mila persone non hanno una casa».

La questione, per Trincia, rientra nella più vasta e complessa emergenza abitativa a Roma, “il problema” della Capitale da decenni. «La carenza di alloggi è nota a tutti, quindi si possono, per esempio, rendere disponibili quelli non utilizzati», dice ricordando che la Caritas diocesana nei giorni scorsi ha formulato sei proposte per affrontare anche l’emergenza sfratti che incombe su 4mila famiglie.

L’appello lanciato dall’organismo pastorale è quello di «non voltarsi dall’altra parte. Superiamo una certa assuefazione – aggiunge -. Occorrono misure straordinarie e nelle situazioni più stringenti legate alle condizioni climatiche serve l’apertura più coraggiosa di spazi e di luoghi per la prima accoglienza». Il direttore della Caritas di Roma plaude all’aumento della disponibilità dei punti di accoglienza ottenuti con il piano freddo del Comune di Roma, è una «notizia positiva, importante – rimarca – ma purtroppo siamo lontani dalle necessità, tenendo conto che con la pandemia, per garantire il distanziamento sociale, in tanti sono stati costretti a ridurre la disponibilità di posti letto. Se la Caritas non ha perso neanche un posto è solo perché è stato fatto uno sforzo straordinario per reperire misure alternative addossandosi i costi. Fondamentale è stata la solidarietà della Chiesa di Roma e dei romani».

Grazie alla disponibilità di molti volontari, dall’8 dicembre, tutte le sere, due gruppi del servizio itinerante notturno si recano nei diversi settori pastorali della diocesi e, coinvolgendo le parrocchie del territorio, dalle 19 alle 24 incontrano le persone che vivono in strada alle quali offrono coperte e generi di conforto. Chi volesse aderire può contattare il 366.6349003 o inviare una mail all’indirizzo servizioitinerante@caritasroma.it.

«Ora serve un Pnrr dedicato alle persone che vivono ai margini della società alle quali, in molti casi, si può dare una possibilità per rimettersi in piedi – conclude Trincia -. È tempo di guardarsi in faccia e non ragionare più solo in termini economici, prescindendo dal contesto sociale e umanitario. Serve un approccio promozionale e non meramente assistenziale, perché questi problemi, se non risolti, continueranno a essere un freno per lo sviluppo».

La rete creata tra istituzioni e terzo settore è la carta vincente per dare risposte ai più fragili e trovare soluzioni che vadano oltre il momento di emergenza. «La coprogettazione è la strada maestra per affrontare i bisogni che ci sono in città, e risolvere i problemi attivando tutte le sinergie del territorio», rimarca Lidia Borzì, presidente delle Acli di Roma e provincia.

Dalla collaborazione tra Municipio I, Nonna Roma, le Acli di Roma, Pianeta Sonoro, i membri della campagna Akkittate e Binario 95 è nato il nuovo centro d’accoglienza inaugurato il 13 gennaio in via Galilei, nel rione Esquilino. Può ospitare dieci persone e l’accoglienza prevede anche attività per la costruzione di percorsi di inserimento sociale, lavorativo e sanitario. «Da una parte diamo risposte immediate – prosegue Borzì –, ma l’altro obiettivo è quello di una presa in carico che vada oltre l’emergenza attuando un welfare che non sia riparativo ma promozionale. Questo porta tante organizzazioni diverse ma complementari a fare ognuno la propria parte per un modello di inclusione della persona a tutto tondo».

Con il sostegno del Comune e del VII Municipio, la Comunità di Sant’Egidio ha avviato il nuovo centro di accoglienza notturna in via Caio Manilio, al Tuscolano, a due passi dalla fermata della metro A Lucio Sestio. La sede, sequestrata alla criminalità organizzata, alcuni anni fa è stata assegnata alla comunità di Trastevere e dalla scorsa settimana ospita una decina di persone. Massimiliano Signifredi, coordinatore delle cene itineranti di Sant’Egidio, spiega che la Comunità in questi anni ha aiutato «300 persone a lasciare la strada offrendo soluzioni creative come il cohousing e le convivenze. Bisogna ragionare in una logica che permetta alle persone di non tornare in strada».

La Comunità gestisce vari centri di accoglienza aperti tutto l’anno come la Villetta della Misericordia nel campus del Policlinico Gemelli, Palazzo Migliori, a pochi metri dal Colonnato di San Pietro, inaugurato da Papa Francesco il 15 novembre 2019, l’antico monastero del Buon Pastore a via della Lungara aperto dal 25 gennaio 2021. «C’è un continuo turn over di persone – conclude Signifredi –. Lo step è graduale: prima si aiutano le persone ad avere un posto letto poi si trova loro una soluzione più stabile».

Intanto, per i senza dimora l’Istituto San Gallicano ha approntato un programma di vaccinazione per i più fragili, migranti e senza dimora, attivo anche il giorno di Natale. «Per garantire la salute delle persone presenti nel proprio Paese bisogna partire dalle fasce più fragili. È una scelta di politica sanitaria», dice il direttore scientifico del San Gallicano Aldo Morrone. Già nel 2020 si riscontrarono positivi asintomatici tra i più vulnerabili. Poi con i vaccini e le ulteriori analisi è emerso che in centinaia avevano già una carica virale alta. «Avevano contratto il virus senza che nessuno se ne accorgesse – aggiunge –. È necessario salvaguardare i più fragili e avere per loro particolari attenzioni. Spesso accade il contrario.

24 gennaio 2022