Giacomo Poretti e la sua «storia tragicomica» di un infermiere

L'attore del trio Aldo, Giovanni e Giacomo racconta i suoi 11 anni all'ospedale di Legnano nel libro "Turno di notte", presentato al Gemelli. «Quello che ho vissuto è stato talmente grande che valeva la pena raccontare ciò che succedeva in reparto». Le chiavi: ironia e leggerezza

Sandrino, detto Saetta, è sempre stato velocissimo ad accorrere al letto dei ricoverati. Per anni in corsia come infermiere, si è sempre affrettato a spegnere il suono insistente del campanello con cui i pazienti reclamavano le sue attenzioni. Una carriera, la sua, iniziata come ausiliario delle pulizie e costellata da storie divertenti, ma anche commoventi e drammatiche. Ricordi che si fanno racconto nel libro “Turno di notte. Storia tragicomica di un infermiere che avrebbe voluto fare altro”, romanzo edito da Mondadori in cui il comico Giacomo Poretti narra – nelle vesti del suo alter ego Sandrino – gli undici anni trascorsi all’ospedale di Legnano, prima come ausiliario poi come infermiere e caposala, nei reparti di chirurgia plastica, di traumatologia – ortopedia e di medicina II, lì dove la morte è molto frequente.

«Sognavo di fare il calciatore ma poi la vita mi ha portato lì per necessità – ha raccontato l’attore del celebre trio Aldo, Giovanni e Giacomo nel corso di un incontro di presentazione del libro,  ieri, 15 novembre, al Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs -. È stata un’esperienza che mi ha segnato, prima ancora che sul piano professionale, su quello umano. Quello che ho vissuto è stato talmente grande che valeva la pena raccontare ciò che succedeva in reparto». Soprattutto di notte, quando si avverte non solo una certa solitudine ma anche il forte senso di responsabilità per il servizio che si sta svolgendo: «Negli anni ‘70 era possibile fare l’infermiere in corsia da solo di notte – ha commentato -. Il ricordo che non mi ha mai abbandonato era la preoccupazione di trovarmi con me stesso e con la paura che potesse succedere qualcosa di grave, come un arresto cardiaco». Ma si sa, l’infermiere è una professione in cui bisogna farsi trovare pronti a ogni emergenza: «Ho lavorato con due suore che mi hanno insegnato tutto della professione, anche il valore della fatica – ha confidato Poretti -. L’ospedale è sempre stata quella fabbrica dove la materia prima non manca mai, mentre il personale manca sempre». Soprattutto «allora c’erano grandi possibilità di venire promossi e di imparare sul campo, anche se rispetto a oggi esiste un’importante differenza dal punto di vista della scolarizzazione».

L’incontro è stato anche l’occasione per dialogare con alcuni studenti della facoltà di Medicina e infermieristica. A chi gli ha chiesto un consiglio alla luce dell’esperienza vissuta, Poretti ha risposto ricordando il consiglio della caposala, suor Aurelia: «Ripeteva sempre che un bravo infermiere è quello che riesce a tenere compagnia alla vergogna». Un’attenzione che si concretizza attraverso il sorriso e il rispetto: «A volte può capitare che i malati affidino agli infermieri qualcosa di particolare, come le loro ultime volontà, e non è una cosa da poco». Poretti ha quindi osservato come «attraverso questa professione si apprenda l’umiltà e si ridimensioni il proprio ego». Saetta, ad esempio, nonostante i momenti difficili vissuti corsia, «non ha mai rinunciato a restituire al paziente la sua dignità».

Sollecitato dalle domande emerse nel corso dell’incontro, l’attore ha inoltre spiegato come molti ricordi sarebbero stati impossibili da raccontare senza l’ironia. Come il rapporto con il medico restio a svegliarsi durante la notte, e per questo soprannominato “Brandina”, o la questione spinosa delle ferie. «Chi è sposato o ha figli è privilegiato mentre i single si fanno tutte le festività al lavoro. Allora a volte si inventa qualche bugia. Mia nonna, per dirne una, è morta quattro o cinque volte». Leggerezza: è questo l’elemento che più caratterizza il romanzo di Poretti, attraversato da storie che fanno ridere e commuovere. Intervenendo tra gli altri, Stefano Margaritora, presidente del corso di laurea in Infermieristica ha sottolineato come «“Turno di notte” sia un libro – forse il primo in cui si tratta un argomento del genere – che fa sorridere e riflettere su temi molto importanti».

16 novembre 2021