La consacrazione di tre vergini, al servizio della Chiesa

Il rito domenica 31 maggio, presieduto dal vescovo Marciante. Si uniscono alle oltre 50 che fanno già parte dell’Ordo virginum nella diocesi di Roma

Il rito domenica 31 maggio, presieduto dal vescovo Marciante. Si uniscono alle oltre 50 che fanno già parte dell’Ordo virginum nella diocesi di Roma

Iwona Maria Langa, Damiana Petrelli, Laura Sini. Sono le tre donne che domenica 31 maggio, solennità della Santissima Trinità, hanno consegnato nelle mani del vescovo Giuseppe Marciante il loro proposito di castità perfetta alla sequela di Cristo, al servizio della Chiesa. Una consacrazione, la loro, che le unisce alle oltre 50 donne, giovani e meno giovani, insegnanti, impiegate, medici, infermiere, pensionate, impegnate in vario modo nell’ambito ecclesiale o sociale, che fanno parte dell’Ordo virginum nella Chiesa di Roma.

Il rito della consacrazione è arrivato dopo un cammino di formazione specifico durato oltre 4 anni, attraverso gli incontri mensili proposti dal Vicariato sotto la guida del vescovo Marciante e del direttore dell’Ufficio per la vita consacrata, padre Agostino Montan. Iwona Langa, polacca, traferitasi in Italia nel 1996 a poco più di 20 anni, è una delle consacrate che il 16 maggio scorso ha offerto la sua testimonianza nell’incontro con Papa Francesco. «Il Signore – ha detto – è stato mio compagno di viaggio: per vie misteriose mi ha condotto dalla mia bella Polonia a Roma, insieme ad una mia amica. Sono stata vicina alla mia amica quando si trovava in difficoltà, per non lasciarla sola, incinta, senza casa né aiuto. E proprio stando vicino a lei ho cominciato a sentire che il Signore Gesù camminava accanto a me. Con la mia amica ho vissuto l’esperienza dei poveri. Quando ha partorito l’ho accompagnata in una casa famiglia e in questa casa ho trovato anche la mia casa. Servendo – ha continuato – ho ricevuto molto di più di ciò che ho donato. La carità di Cristo mi spinge a donare la mia vita ai fratelli e soprattutto ai poveri e ai bambini soli che hanno sempre circondato la mia vita».

Completamente diverse le storie di vita che hanno condotto alla consacrazione Damiana Petrelli e Lara Sini. La prima, cresciuta nell’oratorio dei Salesiani, ha curato a lungo i genitori e li ha assistiti durante la loro dolorosa malattia, svolgendo il suo lavoro di funzionario presso il ministero delle Finanze. È impegnata nella catechesi parrocchiale, spende molto del suo tempo in una casa famiglia e nell’assistenza di famiglie di migranti. La seconda, Laura Sini, ha maturato la sua vocazione nella parrocchia di Santa Maria Regina Pacis, dove ha coltivato il desiderio di donarsi al Signore lungo tutta la vita professionale e di volontariato. Tutte e tre, donne «normali», che «hanno scelto Cristo come unico sposo della loro vita, continuando a sgranare la quotidianità dei giorni come tutti gli uomini e le donne con i quali condividono le gioie e le ansie dell’esistenza», ha sottolineato il vescovo.

Questa forma di consacrazione della donna nella Chiesa, riconosciuto fin dal II secolo, è presente attualmente in oltre 60 diocesi italiane, e numerose sono le Chiese locali che si stanno avvicinando a questa realtà. Sono già più di 500 le donne che hanno ricevuto la consacrazione secondo il rito liturgico, e molte altre sono impegnate in un cammino di formazione specifico. Ad accomunarle, spiegano dall’Ordo, la disponibilità ad accogliere «in una sintesi personale il mistero della sponsalità della Chiesa e della sua verginità feconda, tendendo con tutta la propria esistenza a far risplendere la bellezza dell’unica Sposa di cui è immagine: la Chiesa». Guardando al modello di Maria, che «riflette nel modo più limpido e fedele tutti i caratteri del proprio carisma».

3 giugno 2015