Maxiprocesso: il clan Casamonica è mafia

La sentenza pronunciata dai giudici della X sezione penale del Tribunale di Roma. Condannati in 44, con accuse che vanno a vario titolo dall'associazione mafiosa dedita al traffico e allo spaccio di droga, all'estorsione, dall'usura alla detenzione illegale di armi. Zingaretti: «Sentenza storica»

Comminate pene per oltre 400 anni di carcere. La più alta, 30 anni, per il boss Domenica Casamonica. I giudici della X sezione penale del Tribunale di Roma lo hanno deciso dopo 7 ore di camera di consiglio: il clan Casamonica è mafia. La sentenza, datata 20 settembre – di cui si attendono a breve le motivazioni – riconosce infatti l’associazione di stampo mafioso per l’organizzazione criminale attiva nell’area est della Capitale. Per i 44 imputati, le accuse vanno dall’associazione mafiosa dedita al traffico e allo spaccio di droga all’estorsione, dall’usura alla detenzione illegale di armi. In 14 sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso. Un’impianto accusatorio che conferma quello della Direzione distrettuale antimafia della Capitale, rappresentata dai pm Giovanni Musarò e Stefano Luciani. Alla lettura del dispositivo, nell’aula bunker di Rebibbia, era presente anche il procuratore aggiunto della Dda di Roma Ilaria Calò.

All’origine del processo, l’indagine che i Carabinieri hanno chiamato “Gramigna”, coordinata dai pm delle Dda di piazzale Clodio. «La gramigna – aveva spiegato all’epoca il tenente colonnello del Gruppo Carabinieri di Frascati Stefano Cotugno – è un’erba infestante, detestata dai contadini poiché ovunque si diffonde, prolifera velocemente e rovinava le colture. Una pianta che si insinua tra le erbe buone ed è difficile da estirpare». Come è avvenuto per il clan, che negli anni si è insinuato nelle radici della città, tra spaccio, estorsioni e usura. Per questa stessa vicenda, nel maggio del 2019 erano state disposte 14 condanne in abbreviato e tre patteggiamenti.

Si tratta del terzo riconoscimento del reato di associazione mafiosa per una organizzazione criminale della Capitale; gli altri sono stati gli Spada e i Fasciano. L’avvocato dei Casamonica Giosué Bruno Naso, difensore di diversi imputati, tra cui Giuseppe e Domenico Casamonica, ha parlato di «sentenza sconcertante ma non sorprendente», annunciando il ricorso in appello.

«Quella pronunciata oggi dal Tribunale di Roma è una sentenza storica che finalmente mette nero su bianco che Casamonica equivale a mafia ed un segnale importante da dare ai cittadini del nostro territorio», è il commento del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Da anni, rivendica il governatore, «come Regione siamo in prima linea per ridare vita ai beni confiscati alle mafie, insieme ad associazioni e comitati di quartiere, uniti tutti insieme per affermare la legalità. Come Regione lo abbiamo fatto a Roma restituendo ai cittadini tre ville di via Roccabernarda, tra cui quella dalla cui demolizione è nato il Parco della Legalità. La sentenza di oggi – conclude – ci da ancora più forza, noi non molliamo ma continueremo nella lotta contro le mafie e per la legalità, il che significa stare ogni giorno nei quartieri delle nostre città e presidiarli con i servizi e non lasciare spazi nei quali l’illegalità si può infilare».

21 settembre 2021