Il Papa: «La parrocchia casa di tutti nel quartiere»

Dedicata al cammino sinodale l’udienza alla diocesi di Roma in Aula Paolo VI. Il primo invito: «Avere orecchi e ascoltare». Quindi l'esortazione a «riconciliare differenze e distanze trasformandole in familiarità». Il clericalismo, «uno dei mali della Chiesa, anzi, una perversione»

All’inizio dell’anno pastorale, mentre la Chiesa è in procinto di mettersi in cammino per la XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi – cammino articolato in tre fasi a partire da quella diocesana che si aprirà nel mese di ottobre -, il Papa ha ricevuto in udienza sabato 18 settembre la diocesi di Roma, «per incoraggiare a prendere sul serio il processo sinodale» e dire che lo Spirito Santo ha bisogno di ognuno. Un incontro voluto da Francesco affinché la “sua” diocesi si «impegni con convinzione in questo cammino» altrimenti «sarebbe una figuraccia». Il primo invito è quello di «avere orecchi e ascoltare». Un ascolto reciproco che deve estendersi a tutti i livelli, dal cardinale vicario ai laici, passando dai vescovi ausiliari ai sacerdoti e ai religiosi, ha affermato il Papa volgendo lo sguardo ai numerosi rappresentanti laici delle parrocchie romane, accompagnati dai rispettivi parroci. Presenti anche il cardinale vicario Angelo De Donatis, il suo predecessore Agostino Vallini, il cardinale Enrico Feroci, il Consiglio episcopale e il vescovo Paolo Schiavon. Tutti devono «parlare e ascoltarsi. Non si tratta di raccogliere opinioni, non è una inchiesta – ha detto il successore di Pietro – ma si tratta di ascoltare lo Spirito Santo». L’ascolto è l’atteggiamento imprescindibile se si vuol essere una Chiesa sinodale, concetto che «non è il capitolo di un trattato di ecclesiologia, tanto meno una moda – ha spiegato il Papa -, non è uno slogan o il nuovo termine da usare o strumentalizzare nei nostri incontri. La sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione».

Il Paraclito è stato il protagonista del lungo intervento di Francesco nell’Aula Paolo VI, arricchito anche da riflessioni a braccio. «Se non ci sarà lo Spirito – ha avvertito – sarà un parlamento diocesano, non un Sinodo. Noi non stiamo facendo uno studio ma un cammino per ascoltarsi e ascoltare lo Spirito Santo; anche discutere con Lui è un modo di pregare». È quindi importante raccogliersi, fare discernimento e ascoltare i suggerimenti dello Spirito, che «non conosce confini e non si lascia nemmeno limitare dalle appartenenze». Ai sacerdoti ha ricordato che «la parrocchia è la casa di tutti nel quartiere, non un club esclusivo». Per questo è importante «lasciare aperte porte e finestre». Evitare la tentazione di considerare solo chi frequenta o la pensa allo stesso modo, «che saranno il 3, 4 o 5%, non di più. Permettete a tutti di entrare e a voi stessi di andare incontro e lasciarvi interrogare, che le loro domande siano le vostre domande, permettete di camminare insieme: lo Spirito vi condurrà, abbiate fiducia nello Spirito». Ispirandosi al libro degli Atti degli Apostoli, «il più importante “manuale” di ecclesiologia», il Papa ha rimarcato che nel cammino sinodale «tutti sono protagonisti, nessuno può essere considerato semplice comparsa». Tutti capaci di farsi prossimi. Infatti «il cristianesimo – ha proseguito Francesco – dev’essere sempre umano, umanizzante, riconciliare differenze e distanze trasformandole in familiarità. Uno dei mali della Chiesa, anzi una perversione, è questo clericalismo che stacca il prete, il vescovo dalla gente. Il vescovo e il prete staccato dalla gente è un funzionario, non è un pastore».

Altro «peccato» da evitare è la discriminazione perché per il Papa non esistono i puri, gli eletti, i movimenti che conoscono ogni cosa. «Noi siamo Chiesa, tutti insieme». L’altra «perversione» riscontrabile ancora oggi è la rigidità nel considerare le circostanze: «È un peccato contro la pazienza di Dio», ha avvertito Francesco. Nel congedarsi ha nuovamente rivolto l’invito a «non lasciare fuori o indietro nessuno. Farà bene alla diocesi di Roma e a tutta la Chiesa, che non si rafforza solo riformando le strutture – questo è il grande inganno -, dando istruzioni, offrendo ritiri e conferenze o a forza di direttive e programmi, questo è buono, ma come parte di altro; si rafforza se riscoprirà di essere popolo che vuole camminare insieme».

20 settembre 2021