“Il cuore in una goccia”, in prima linea per la vita nascente

La fondazione presieduta da Giuseppe Noia (Gemelli) accanto ai genitori che ricevono diagnosi infausta. Dall’assistenza medica, al supporto familiare e spirituale. Il sostegno con i fondi 8xmille

Come se si spalancasse una finestra che fa entrare la luce laddove la durezza di una diagnosi infausta sembra fare precipitare in un baratro buio e profondo. In questo modo la Fondazione “Il cuore in una goccia” opera in difesa della vita nascente e a tutela della salute materna e fetale. Ma offrire una prospettiva differente, che «fa passare dalla dimensione della sentenza a quella della speranza», non significa «trascurare la conoscenza scientifica, tutt’altro – sottolinea Giuseppe Noia, direttore dell’Unità operativa complessa hospice perinatale del Policlinico Agostino Gemelli e presidente della onlus attiva dal 2015 -. Insieme a una diagnosi precisa e approfondita, non facciamo altro che tendere una mano a dei genitori che si sentono soli e confusi». Si tratta dunque primariamente di accompagnare le famiglie, «attuando un vero e proprio progetto d’amore finalizzato alla difesa della vita nascente, l’unica che non ha voce per difendere se stessa – dice ancora il medico, che è anche docente di Medicina dell’età prenatale nella sede romana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore -, pur in presenza di gravi patologie e malformazioni, in opposizione alla visione perfezionistica dell’essere umano e alle logiche eugenistiche proprie del contesto attuale».

La Fondazione, la cui sede operativa è in via Francesco Albergotti, in zona Baldo degli Ubaldi, ma che opera a livello nazionale, è «una realtà che esprime il servizio sul piano sociale di una medicina condivisa – continua Noia, che ha dato vita a questo progetto insieme alla moglie Anna Luisa La Teano e all’amica Angela Bozzo -, di una scienza che oltre al camice indossa anche il grembiule di medici che si pongono gratuitamente al servizio di colui che è in assoluto il più debole e fragile tra tutti: il feto». Per fare questo «non basta offrire a delle famiglie che sono state poste davanti a una scelta interruttiva – e quindi a dubbi etici e morali oltre che a percorsi medici lunghi e duri sia fisicamente che psicologicamente – soltanto una risposta alternativa sul piano scientifico ma serve un approccio onnicomprensivo – spiega ancora l’esperto -. Da qui nasce il modello integrato che è alla base della fondazione, con i tre bracci, medico-scientifico, familiare-testimoniale e spirituale, che agiscono tra loro in sinergia».

neonato, parto, gravidanzaSi tratta in primo luogo di comprendere nel dettaglio la condizione patologica del bambino, analizzando il percorso da intraprendere con tutti gli scenari possibili. «Consulenza medica e indirizzamento sono i due aspetti centrali in questo tipo di operatività – illustra Noia -, che vengono poi completati con l’assistenza clinica svolta in hospice o in strutture specializzate. Ma l’impegno è rivolto anche alla ricerca, ai progetti divulgativi e alla formazione di operatori medico-sanitari che in presenza di una gravidanza patologica siano pronti a fornire un’assistenza anche umana e questo implica, a monte, un lavoro sul piano culturale». In secondo luogo, un ruolo centrale giocano «i cenacoli di preghiera, che diventano occasione di ritrovo, riflessione e conforto per le famiglie, perché la fede è lo sfondo che colora l’operato della fondazione e la fonte di ispirazione della sua missione – sono ancora le parole del medico -. Poi c’è la rete di sostegno familiare». Quest’ultima è formata «sia da famiglie che, avendo affrontato una gravidanza con diagnosi patologica, mettono la propria esperienza a servizio di quelle coppie che si trovano ad affrontare il loro stesso percorso – spiega Noia -, sia da quelle che pur non essendo state toccate da un’esperienza diretta si pongono ugualmente accanto a chi è in difficoltà, per condividere il loro peso, come il Cireneo dei Vangeli».

Referenti del braccio testimoniale-familiare attivo in Campania sono Antonio e Ylenia, genitori di Miryam, nata 10 anni fa «grazie all’incontro importantissimo con la fondazione – raccontano -. Per la prima volta, dopo tanti consulti, ci siamo sentiti chiamare per nome ed è stato un balsamo in quel momento di dolore e di frustrazione. Inoltre, ci sono stati mostrati gli aspetti più rassicuranti della diagnosi fatta sulla nostra bambina, alla quale non volevamo rinunciare, invece che unicamente quelli negativi, in nome dei quali la piccola era stata paragonata a un motore di un’automobile uscito difettoso dalla fabbrica, e quindi da eliminare». Ciò che «oggi possiamo restituire, come segno di gratitudine per quanto abbiamo ricevuto – dice Ylenia senza nascondere la commozione – è una vicinanza fatta prima di tutto di ascolto».

logo 8xmille 2021Questi due elementi caratterizzano anche «gli sportelli di accoglienza per le maternità difficili presenti in molte regioni italiane a opera della fondazione – dice Emilia Spina, membro del consiglio direttivo -, che si appoggiano ai Centri di aiuto alla vita presenti sul territorio, alle parrocchie o a ospedali e cliniche private». Sono poi diversi «i progetti che promuoviamo, sia a breve che a lungo termine, a sostegno delle famiglie con bambini affetti da patologie prenatali, che spesso devono affrontare lunghi viaggi e degenze ospedaliere in città lontane da quella in cui risiedono». Tra questi, uno è stato finanziato con i fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica assegnati dalla diocesi di Roma, dice ancora la referente. L’obiettivo è quello di «fornire un aiuto, non fare carità, perché non vogliamo mortificare nessuno bensì consentire a ciascuno di affrontare con dignità la propria situazione, rispondendo concretamente ai loro bisogni».

8 giugno 2021