Libertà di stampa: nel 2020 attacchi senza precedenti ai giornalisti

Presentato il Rapporto annuale Ue: in aumento episodi di violenza e intimidazione. In Italia, «in pericolo l’indipendenza del servizio pubblico»

Presentato ieri, 28 aprile, in conferenza stampa, il Rapporto annuale delle 14 associazioni che partecipano alla Piattaforma del Consiglio d’Europa per promuovere la protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti, relativo al 2020. Un’indagine che mette a fuoco il «danno al difuori dell’ordinario» subito dal giornalismo libero e indipendente, con erosioni alla libertà e all’indipendenza dei giornalisti dovute a «leggi e regolamenti di emergenza in risposta alla pandemia Covid-19 che hanno anche imposto restrizioni straordinarie sulle attività dei giornalisti». Vale a dire, leggi che puniscono la presunta diffusione di false informazioni oppure il rifiuto sistematico di accesso alle informazioni pubbliche sulla pandemia. In ogni caso, si tratta di «arbitrarie interferenze». Non solo: nonostante i richiami degli organismi internazionali, «molti governi europei hanno promulgato leggi di emergenza radicali, spesso con scarso controllo parlamentare – viene denunciato nel rapporto – e misure straordinarie per penalizzare le voci critiche e limitare il controllo dei media sulle azioni del governo».

Sulla piattaforma del Consiglio europeo sono stati pubblicati un totale di 201 avvisi sulla libertà dei media nel 2020: quasi il 40% in più rispetto al 2019. Un numero record di allarmi ha riguardato attacchi fisici (52 casi segnalati) e molestie o intimidazioni (70 casi). Due i giornalisti morti: Kastriot Reçi, proprietario di testate albanesi, ucciso a colpi d’arma da fuoco fuori da casa sua; Irina Slavina, caporedattrice del portale russo koza.press, che si è data fuoco dopo numerose richieste di protezione contro ripetute molestie ufficiali. Ma al secondo posto nella classifica per il maggior numero di attacchi all’integrità fisica dei giornalisti, dopo la Federazione Russa c’è l’Italia, seguita, al terzo posto, dal Regno Unito.

Il Rapporto cita l’Italia anche quando si parla di proroga o sospensione dei termini entro i quali gli enti pubblici sono tenuti a rispondere alle richieste di informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni (Foia): alcuni Paesi hanno raddoppiato (Bulgaria, Serbia e Romania) o triplicato il tempo massimo di risposta mentre Italia, Spagna e Slovenia hanno sospeso del tutto le scadenze, minando «seriamente la capacità dei giornalisti di ricevere informazioni sulla crisi sanitaria in rapida evoluzione». Nelle 74 pagine si sottolinea anche che la Corte costituzionale ha dichiarato «urgentemente necessario alla luce della giurisprudenza della Corte Edu» abolire le pene detentive per diffamazione penale nei confronti di giornalisti e operatori dei media ma la riforma non è ancora stata attuata.

Irrisolto, in Italia, anche il nodo dell’indipendenza della governance e del finanziamento del servizio pubblico d’informazione, ad alto rischio principalmente a causa della «nomina di dirigenti politicamente dipendenti». Tra i Paesi dove il rischio è più alto ci sono Bulgaria (97%), Romania (97%), Turchia (92%) e Cipro, Italia, Malta e Polonia (tutti all’83%). Di molestie on line, si ricorda nel Rapporto, sono stati vittime in Italia il presidente della Federazione nazionale stampa italiana Beppe Giulietti, Angela Caponnetto di Rai News 24 e Nello Scavo di Avvenire.

«Pilastro essenziale delle nostre democrazie, troppo spesso dato per scontato». In una dichiarazione rilasciata in vista della Giornata mondiale della libertà di stampa, il 3 maggio, la segretaria generale del Consiglio d’Europa Marija Pejčinović Burić ha definito così la libertà dei media, sollecitando i governi europei a dimostrare una volontà politica più forte per proteggere i giornalisti e il giornalismo indipendente, per porre fine al deterioramento della libertà dei media sul continente. «Nel corso della pandemia di Covid-19, si è verificato un forte aumento delle segnalazioni di violenza nei confronti di giornalisti, nonché di censura e ritorsioni per avere messo in discussione le politiche governative – le sue parole -. Al contempo, i media di qualità si trovano a dovere affrontare gravi problemi economici e numerosi giornalisti hanno perso il loro lavoro a causa della pandemia». Tendenze, queste,  segnalate anche nel Rapporto diffuso a Strasburgo. «È giunta l’ora di ricordare che gli Stati hanno l’obbligo di garantire che i giornalisti possano svolgere il loro lavoro senza subire violenze e intimidazioni e adempiere al loro ruolo di watchdog pubblico, ovvero di sorveglianza contro le illegalità, che include il compito di chiamare le autorità pubbliche a rendere conto delle loro decisioni e azioni», il commento di Burić.

29 aprile 2021