Al Teatro Spazio Uno in scena la Polonia degli anni ’80

Otto repliche per raccontare i cambiamenti socio – politici di quegli anni e lo stato di quanti vagano per il mondo senza essere mai veramente cittadini

Otto repliche per raccontare i cambiamenti sociopolitici degli anni ’80 e la condizione di quanti vagano per il mondo senza essere mai veramente cittadini

Ha debuttato ieri sera, giovedì 14 maggio, al Teatro Spazio Uno, “Gli strani affari del Signor Molarek – Polacchi”, scritto da Ernesto De Stefano e adattato e diretto da Francesca Frascà. In tutto 8 repliche, dal 14 al 17 e dal 21 al 24, tutte le sere alle 21, in bilico costante tra commedia e tragedia. A fare da sfondo, la situazione sociopolitica della Polonia del 1981, con l’affacciarsi dei movimenti rivoluzionari di Solidarnosc scaturiti dall’ondata di scioperi nel Paese, raccontata attraverso il racconto del piccolo mondo di tre operai polacchi, che nel dicembre 1981 vengono inviati a Londra per ristrutturare in meno di un mese l’appartamento comprato da un funzionario del ministero dell’Industria di Varsavia, un burocrate intrallazzatore, il signor Molarek.

I tre – Zbigniew, Pavel e Vitek – viaggiano con documenti falsi e senza permesso di soggiorno. Nonostante l’alto rischio, accettano sapendo che la loro ricompensa al rientro sarà una bella casa e il tanto desiderato orologio di marca. Ma, arrivati nell’appartamento londinese, spuntano quasi subito i primi problemi tra loro. Vitek è l’unico dei tre a conoscere l’inglese e a fare da congiunzione con la loro realtà fatta di stenti, privazioni, compromessi e umiliazioni. Il tugurio dove vivono costituisce momentaneamente sia la casa che il posto di lavoro dei tre operai, che vivono una realtà fatta di stenti, privazioni, compromessi e umiliazioni. A Vitek è affidata la gestione dei soldi a disposizione per completare il lavoro, è il caposquadra dei tre operai, ognuno dei quali impiegherebbe cinque anni per guadagnare in patria l’intera somma a disposizione. È il loro angelo custode, costretto suo malgrado a nascondere la verità sugli avvenimenti che in quel momento stanno accadendo in Polonia per non compromettere il lavoro; è un uomo dilaniato dal rapporto con la sua donna che, rimasta a Varsavia, continua ad osservarlo e a rimproverarlo per la sua mala gestione attraverso un dialogo epistolare in un tempo surreale.

La similitudine tra il luogo chiuso e disastrato dove vivono e lavorano e la Polonia è fortissima, come pure quella «tra i tre operai polacchi e tutti gli altri esseri umani che vagano per il mondo senza essere cittadini del mondo ma solo numeri sfruttati nelle mani ora di un totalitarismo ora di un altro, disperati che dalle zone povere del mondo affluiscono alle zone ricche», dichiara la regista. Il disagio di chi osserva nasce quando semtte di ridere e accusa il dolore peggiorato improvvisamente. Lo spettatore può solo assistere e per ciò sentirsi complice, così come l’Occidente assistette al golpe militare di Jaruzelski in quel periodo in Polonia senza scomporsi. «Niente di nuovo da un fronte abituato ad accettare la sottomissione: con un po’ di ipocrisia perbenista si può privare la dignità delle persone fra le mura di casa loro e abituarle ad accettare anche un orologio di marca come paga di un lavoro estenuante e privo di garanzie».  Il clima di tensione che si respira in quella Polonia è tangibile pure se la storia si svolge interamente a Londra e la porta che alla fine si chiuderà alle spalle dei nostri tre operai prima di tornare nella loro città, che forse non li accoglierà come loro si aspettano, ne sarà il suo punto più alto.

A dare corpo e voce alle vicende dei protagonisti, Raffaele Risoli, Manuela Di Salvia, Alessandro Di Somma, Daniel Plat ed Emanuele Pierozzi. Scenografia e costumi: Made in Testaccio di Gloria Brescini. Disegno luci: Giovanni Brescini. Foto di scena: Marco Lausi. Per informazioni e prenotazioni: tel. 06.45540551.

15 maggio 2015