Draghi al Senato: «Nuova ricostruzione, come nel dopoguerra»

Il 17 febbraio il discorso programmatico del premier. «Il governo farà le riforme ma affronterà anche l'emergenza». Fra i temi, la crisi, la politica estera - e l'euro, «irreversibile», la scuola, il lavoro, il Recovery Fund e la giustizia. La fiducia con 262 sì

21 gli applausi che hanno scandito, a più riprese, il discorso pronunciato ieri, 17 febbraio, dal premier Mario Draghi al Senato, chiamato a esprimere il voto di fiducia sul nuovo esecutivo. Un discorso segnato dall’emozione per il compito assunto, come ha affermato lo stesso presidente del Consiglio: «Non vi è mai stato, nella mia lunga vita professionale, un momento di emozione così intensa e di responsabilità così ampia», le sue parole. E l’emiciclo ha applaudito a lungo.

Proprio “responsabilità” è il primo concetto declinato nel discorso, esteso a una dimensione comunitaria. «Il primo pensiero che vorrei condividere – ha detto Draghi – riguarda la nostra responsabilità nazionale, il principale dovere a cui siamo chiamati tutti, io per primo». Quindi, l’invito all’unità e il richiamo al «nostro dovere» di «combattere con ogni mezzo la pandemia e salvaguardare le vite dei cittadini: una trincea dove combattiamo tutti insieme, il virus è nemico di tutti». Il premier guarda anzitutto a quanti soffrono per la crisi economica scatenata dalla pandemia. «Ci impegniamo a fare di tutto perché possano tornare, nel più breve tempo possibile, nel riconoscimento dei loro diritti, alla normalità delle loro occupazioni», assicura, assumendo contemporaneamente l’impegno a «informare i cittadini con sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di ogni cambiamento nelle regole. Un esecutivo come quello che ho l’onore di presiedere – aggiunge -, specialmente in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo, è semplicemente il governo del Paese. Non ha bisogno di alcun aggettivo che lo definisca. Riassume la volontà, la consapevolezza, il senso di responsabilità delle forze politiche che lo sostengono alle quali è stata chiesta una rinuncia per il bene di tutti».

Nelle parole del premier, l’accento sullo «spirito repubblicano di un governo che nasce in una situazione di emergenza raccogliendo l’alta indicazione del capo dello Stato. Noi oggi, politici e tecnici che formano questo nuovo esecutivo – prosegue – siamo tutti semplicemente cittadini italiani, onorati di servire il proprio Paese, tutti ugualmente consapevoli del compito che ci è stato affidato». L’orizzonte è quello di un «nuovo e del tutto inconsueto perimetro di collaborazione» tra le forze politiche – agli antipodi rispetto al «fallimento della politica» a cui, nell’analisi di Draghi, hanno fatto riferimento in tanti in questi giorni. Quindi la gratitudine al predecessore Giuseppe Conte per il lavoro fatto fino ad oggi.

La pandemia, avverte il presidente del Consiglio, «ha finora ha colpito soprattutto giovani e donne, una disoccupazione selettiva, ma presto potrebbe iniziare a colpire anche i lavoratori con contratti a tempo indeterminato». La crescita di un’economia di un Paese però «non scaturisce solo da fattori economici. Dipende dalle istituzioni, dalla fiducia dei cittadini verso di esse, dalla condivisione di valori e di speranze. Gli stessi fattori determinano il progresso di un Paese». Oggi, è la tesi del premier, «abbiamo, come accadde ai governi dell’immediato dopoguerra, la possibilità o meglio la responsabilità, di avviare una Nuova Ricostruzione», attraverso «la fiducia reciproca, nella fratellanza nazionale, nel perseguimento di un riscatto civico e morale. A quella ricostruzione collaborarono forze politiche ideologicamente lontane se non contrapposte. Sono certo che anche a questa nuova ricostruzione nessuno farà mancare, nella distinzione di ruoli e identità, il proprio apporto».

Politica estera e appartenenza europea – «questo governo sarà convintamente europeista e atlantista» -, solido ancoraggio alla moneta unica – «sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro e la prospettiva di un’Unione europea sempre più integrata, che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione» -, orgoglio nazionale e unità. Questi alcuni dei temi toccati nel discorso. «Nell’appartenenza convinta al destino dell’Europa siamo ancora più italiani», la sottolineatura di Draghi, da cui arriva l’invito a essere «orgogliosi del contributo italiano alla crescita e allo sviluppo dell’Unione europea. Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine». E ancora: «Dobbiamo essere più orgogliosi, più giusti e più generosi nei confronti del nostro Paese. E riconoscere i tanti primati, la profonda ricchezza del nostro capitale sociale, del nostro volontariato, che altri ci invidiano». Di qui la richiesta di un «sostegno convinto» da parte del Parlamento, poggiato «sul vibrante desiderio di rinascere, di tornare più forti e sull’entusiasmo dei giovani che vogliono un Paese capace di realizzare i loro sogni. Oggi, l’unità non è un’opzione ma un dovere. Un dovere guidato da ciò che son certo ci unisce tutti: l’amore per l’Italia».

All’attenzione del presidente del Consiglio anche il mondo della scuola e le «ferite profonde» che il Covid ha provocato «anche sul piano culturale ed educativo». L’auspicio è quello di «tornare rapidamente a un orario scolastico normale», recuperando le ore perse lo scorso anno, ma «il ritorno a scuola deve avvenire in sicurezza». Formazione e innovazione le parole chiave, specie per quanto riguarda gli istituti tecnici. Ancora, il nodo chiave del «piano di vaccinazione» anti Covid, «il nemico di tutti»; l’ambiente, da proteggere con «un approccio nuovo: digitalizzazione, agricoltura, salute, energia, aerospazio, cloud computing, scuole ed educazione, protezione dei territori , biodiversità, riscaldamento globale ed effetto serra, sono diverse facce di una sfida poliedrica che vede al centro l’ecosistema in cui si svilupperanno tutte le azioni umane». Quindi il lavoro. «Uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce. Il governo – è la convinzione del premier – dovrà proteggere tutti i lavoratori ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi. Centrali sono le politiche attive del lavoro. Affinché esse siano immediatamente operative è necessario migliorare gli strumenti esistenti, come l’assegno di riallocazione, rafforzando le politiche di formazione dei lavoratori occupati e disoccupati». In sintesi, «la risposta della politica economica al cambiamento climatico e alla pandemia dovrà essere una combinazione di politiche strutturali che facilitino l’innovazione, di politiche finanziarie che facilitino l’accesso delle imprese capaci di crescere al capitale e al credito e di politiche monetarie e fiscali espansive che agevolino gli investimenti e creino domanda per le nuove attività sostenibili che sono state create».

Particolarmente applaudito il passaggio dell’intervento dedicato alle donne. «Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi. Intendiamo lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro». Sul tavolo poi anche il tema del turismo – tra i modelli di crescita che «dovranno cambiare» – e quello delle infrastrutture, con il richiamo a «investire sulla preparazione tecnica, legale ed economica dei funzionari pubblici per permettere alle amministrazioni di poter pianificare, progettare e accelerare gli investimenti con certezza di tempi, costi e in piena compatibilità con gli indirizzi di sostenibilità e crescita indicati nel Programma nazionale di Ripresa e Resilienza».

Imparare a «prevenire piuttosto che riparare»: è un altro degli inviti rivolti da Draghi, con l’obiettivo di una strategia «trasversale e sinergica» con cui affrontare i progetti del Next Generation Eu. Dal Piano di ripresa e resilienza agli aiuti specifici per il Mezzogiorno: «Per riuscire a spendere bene, occorre irrobustire le amministrazioni meridionali. La governance del Programma di ripresa e resilienza è incardinata nel ministero dell’Economia e Finanza con la strettissima collaborazione dei ministeri competenti che definiscono le politiche e i progetti di settore. Il Parlamento verrà costantemente informato sia sull’impianto complessivo, sia sulle politiche di settore». Le “missioni” comunque restano quelle enunciate dal governo uscente, che «ha già svolto una grande mole di lavoro». Accanto a questo, all’orizzonte Draghi intravede anche un intervento complessivo sul sistema fiscale – «non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta» -, che preveda anche «un rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione fiscale».

Giustizia e pubblica amministrazione gli altri fronti su cui avviare un lavoro di riforma, in linea con le esortazioni che arrivano dalla Commissione europea. Ancora, «altra sfida sarà il negoziato sul nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo, nel quale perseguiremo un deciso rafforzamento dell’equilibrio tra responsabilità dei Paesi di primo ingresso e solidarietà effettiva. Cruciale sarà anche la costruzione di una politica europea dei rimpatri dei non aventi diritto alla protezione internazionale, accanto al pieno rispetto dei diritti dei rifugiati».

Il governo insomma «farà le riforme ma affronterà anche l’emergenza», ha assicurato il presidente del Consiglio. Quindi, citando Papa Francesco: «Le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento. E penso che se chiedessi al Signore cosa pensa, non credo mi direbbe che è una cosa buona: siamo stati noi a rovinare l’opera del Signore».

Nella serata di ieri, il voto di fiducia: 262 sì, 40 i no, 2 gli astenuti. Al momento del voto risultavano presenti 305 senatori; 304 sono stati i votanti. Oggi, 18 febbraio, il passaggio alla Camera dei deputati

18 febbraio 2021