Giorno della Memoria, Mattarella: «Leggi razziali infami e infamanti»

Al Quirinale la celebrazione del Giorno della Memoria, il 27 gennaio, alla presenza delle più alte cariche dello Stato, della presidente Ucei Noemi Di Segni e di Sami Modiano, sopravvissuto all’Olocausto

«Ricordare e far ricordare a tutti il sacrificio di milioni di vittime innocenti – ebrei in maggior parte ma anche rom e sinti, omosessuali, oppositori politici, disabili – esprime un dovere di umanità e di civiltà». Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo ha affermato con forza ieri, 27 gennaio, nella celebrazione del Giorno della Memoria che si è svolta al Quirinale, alla presenza delle più alte cariche dello Stato. Accanto a loro anche la presidente dell’Ucei (Unione delle Comunità ebraiche italiane) Noemi Di Segni e Sami Modiano, sopravvissuto all’Olocausto.

Il capo dello Stato ha parlato di «commozione e turbamento», insieme a «inquietudine, dubbi e interrogativi irrisolti», relativamente al tema della Memoria, perché «Auschwitz – che simboleggia e riassume tutto l’orrore e la lucida follia del totalitarismo razzista – racchiude in sé i termini di un tragico paradosso. Si tratta, infatti, della costruzione più disumana mai concepita dall’uomo. Uomini contro l’umanità», ha proseguito Mattarella, parlando della «spaventosa fabbrica di morte. Il non luogo, l’inaudito, il mai visto, l’inimmaginabile. Sono questi – ha ricordato – i termini ricorrenti con cui i sopravvissuti hanno descritto il loro tremendo passaggio in quei luoghi di violenza e di abiezione. Un unicum, nella storia dell’umanità, che pur è costellata purtroppo di stragi, genocidi, guerre e crudeltà. Una mostruosa costruzione, realizzata nel cuore della civile ed evoluta Europa». Tutto questo, ha evidenziato ancora Mattarella, in un secolo «che pure si era aperto con la speranza nel progresso, nella pace e nella giustizia sociale e con la fiducia nella scienza, nella tecnica e nelle istituzioni della democrazia».

Nelle parole del presidente della Repubblica, la memoria «non è gettare lo sguardo su una fotografia che sbiadisce con il trascorrere del tempo». Si tratta piuttosto di «un sentimento civile, energico e impegnativo. Una passione autentica per tutto quello che concerne la pace, la fratellanza, l’amicizia tra i popoli, il diritto, il dialogo, l’eguaglianza, la libertà, la democrazia». Mattarella ha ricordato quindi le parole pronunciate nei giorni scorsi da un’altra testimone della Shoah, Edith Bruk, scrittrice, poetessa, traduttrice, regista e testimone della Shoah ungherese, naturalizzata italiana, secondo la quale «sull’Europa intera sta tornando una nuvola nera». Nella riflessione del presidente della Repubblica, l’auspicio che non sia così – «anche per la fiducia nella grande, storica costruzione di pace rappresentata dall’Unione europea, nata dando centralità alla persona umana, sulla base dell’amicizia tra i popoli del Continente e mettendo in comune il loro futuro» – ma anche la consapevolezza che «quell’appello, quell’avvertimento non va dimenticato. Sta a noi impedire che quel che – di così turpe – è avvenuto si ripeta. Sta a noi vigilare e guidare gli avvenimenti e trasmettere alle future generazioni i valori della civiltà umana».

Per il capo dello Stato, «i totalitarismi della prima metà del Novecento – e le ideologie che li hanno ispirati – hanno arrestato la ruota dello sviluppo della civiltà, precipitando larga parte del mondo nella notte della ragione, nel buio fitto della barbarie, in una dimensione di terrore e di sangue». Proprio per questo, «faremmo un’offesa grave a quegli uomini, a quelle donne, a quei bambini mandati a morire nelle camere a gas, se considerassimo quella infausta stagione come un accidente della storia. Se, insomma, rinchiudessimo soltanto nella memoria quei tragici accadimenti, chiudendo gli occhi sulle origini che hanno avuto e sulle loro dinamiche». Perché «il fascismo, il nazismo, il razzismo non furono funghi velenosi nati per caso nel giardino ben curato della civiltà europea. Furono invece il prodotto di pulsioni, di correnti pseudo culturali, e persino di mode e atteggiamenti che affondavano le radici nei decenni e, persino, nei secoli precedenti».

Fondamentale, per Mattarella, il ruolo della Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza, che «ha cancellato le ignominie della dittatura. Ma non intende dimenticarle. Non vanno dimenticate», ha ripetuto. La memoria infatti è «un fondamento della Repubblica che si basa sui principi di uguaglianza, di libertà, di dignità umana, con il riconoscimento, pieno e inalienabile, dei diritti universali dell’uomo, di ciascuna persona. Contro la barbarie dell’arbitrio, della violenza, della sopraffazione».

Il presidente ha ripercorso quanto successo nei decenni bui dei regimi totalitari in Italia e Germania, «Paesi di antica tradizione cristiana e umanista, culle del diritto, dell’arte, del pensiero, della civiltà» che «le dittature» fecero precipitare «in un universo tetro, senza libertà e senza umanità. Una dimensione fatta di odio e di paura che, inevitabilmente, portò alla soppressione fisica di chi veniva definito diverso e scatenò – per brama di conquista e di potenza – il più micidiale e distruttivo conflitto che la storia dell’uomo rammenti. La circostanza che i dittatori trovino nelle loro popolazioni, per qualche tempo, larga approvazione e ampio consenso non attenua per nulla la responsabilità morale e storica dei loro misfatti. Un crimine, e un crimine contro l’umanità, resta tale, anche se condiviso da molti, aggiungendo alla infamia la colpa di aver trascinano in essa numerosi altri», ha sottolineato Mattarella, secondo cui «questa constatazione, persino ovvia – ma talvolta posta in discussione – ci obbliga piuttosto, ancora una volta, a fare i conti senza infingimenti e con coraggio, con la storia nazionale. E a chiamare gli eventi con il loro vero nome».

28 gennaio 2021