Mediterraneo, Comece: «Nessuno muoia in mare o nei Paesi di transito»

Il documento della Commissione degli episcopati Ue presentato al commissario europeo Várhelyi. «Il Mediterraneo sia luogo di incontro pacifico tra popoli»

Più di 30 proposte politiche in 5 aree prioritarie: migrazione, pace, libertà religiosa, sviluppo umano ed ecologia integrale. È un documento ricco e articolato quello che la delegazione della Commissione degli episcopati dell’Ue (Comece) ha presentato lunedì 18 gennaio a Olivér Várhelyi, commissario europeo per la politica di vicinato e l’allargamento, attraverso il cardinale presidente Jean-Claude Hollerich e monsignor Youssef Soueif, arcivescovo di Tripoli dei Maroniti (Libano). Un testo che è frutto del dialogo che la Comece ha avuto con le autorità ecclesiastiche locali, presentato come contributo degli episcopati cattolici dell’Unione europea al prossimo rinnovo del partenariato Ue per la regione del Mediterraneo meridionale

«Accogliamo con favore gli sforzi dell’Unione europea per contribuire a creare stabilità, pace e prosperità nel suo vicinato meridionale», ha affermato il cardinale, chiedendo «risposte politiche europee ancorate ai valori fondamentali dell’Unione e pienamente rispettose della dignità umana e dei diritti di ciascuno, compresi migranti e rifugiati». Secondo la Comece, di fronte a molteplici sfide in termini di pace, socio-economia, diritti umani ed ecologia, «la regione del Mediterraneo dovrebbe diventare ancora una volta un luogo di incontro pacifico tra persone di culture e religioni diverse». E l’Ue, ha sottolineato Soueif, «dovrebbe sostenere una cultura dell’incontro nel suo vicinato meridionale e contribuire a promuovere la pace attraverso l’educazione, il dialogo, la fiducia e il rispetto per la diversità socio-culturale e religiosa, promuovendo il concetto di cittadinanza piena e uguale». La delegazione, da parte sua, ha sottolineato l’impegno attivo delle Chiese locali in Libano e in altri Paesi nel Sud del Mediterraneo in campo umanitario e ha espresso la propria disponibilità a collaborare con l’Ue per soddisfare le esigenze della popolazione, soprattutto in ambito sanitario e istruzione.

Tra i passaggi chiave del documento, l’affermazione che «l’Ue dovrebbe garantire che nessuno muoia in mare a causa della mancanza di aiuti e che il diritto internazionale sia rispettato in materia di non respingimento e sbarco». I migranti e i rifugiati che sono «bloccati nei Paesi di transito e che stanno subendo gravi violazioni dei diritti umani – è il parere dei vescovi della Comece – dovrebbero essere aiutati a lasciare quel Paese e tornare o nel loro Paese d’origine o in un altro Paese sicuro».

Nell’introduzione si ricorda che «rendere il Mediterraneo di nuovo un luogo di incontro pacifico di persone di culture e religioni diverse è stata anche una grande preoccupazione per la Chiesa cattolica», come testimonia l’incontro che nel febbraio 2020 ha riunito a Bari oltre  50 vescovi di 19 nazioni del Mediterraneo per discutere le molteplici problematiche socio-economiche, diritti umani, pace e sfide ecologiche che la regione deve affrontare. Riguardo alle migrazioni, in particolare, i vescovi chiedono all’Ue un maggiore impegno a combatterne le cause profonde, per «rendere reale il diritto primario delle persone e delle famiglie di rimanere nel loro Paese d’origine in sicurezza e dignità».

Tra le proposte concrete, viene chiesto anche uno sforzo nella «formazione degli ufficiali di controllo delle frontiere dei Paesi del vicinato meridionale dell’Ue sulle norme dei diritti umani, compreso il rispetto del principio di non respingimento, il diritto fondamentale di chiedere asilo e il diritto a non essere torturato, o posto in condizioni disumane o trattamento degradante». Non solo: i vescovi chiedono anche «un programma speciale per favorire il ricongiungimento dei minori migranti non accompagnati con i loro genitori o tutori legali».

Su pace e sicurezza, si chiede un maggior coinvolgimento deli leader locali religiosi i quali possono svolgere un ruolo cruciale nei diversi contesti per rafforzare la coesione sociale e promuovere una cultura dell’incontro e della fraternità umana. Nel Documento si evidenzia quindi la realtà di discriminazione che  in determinati Paesi vivono le comunità religiose di minoranza e, nel caso specifico, le Chiese cristiane. «L’Ue – è il parere di vescovi della Comece – dovrebbe rendere visibili queste situazioni nelle sedi internazionali, sostenere le vittime e usare il suo potere e la sua influenza per fermare (e prevenire) queste violazioni della libertà religiosa, anche attraverso l’uso del diritto penale internazionale». E la chiave per superare percezioni o posizioni religiose e civili di superiorità, concludono, è la promozione del concetto di «cittadinanza comune», specie nelle scuole e attraverso i mass media.

21 gennaio 2021