Il Peter pan rock c’è ancora

Edoardo Bennato racconta il nuovo album “Non c’è”, che anticipa il nuovo, omonimo, doppio, album con una rilettura di suoi classici e alcuni brani inediti

“Non c’è” eppur si sente. Si tratta del nuovo singolo di Edoardo Bennato, che anticipa il nuovo, omonimo, doppio, album con una rilettura di suoi classici e brani inediti e una copertina provocatoria: la prima pagina di un quotidiano, il giornale “Non c’è” e gli strilli che rimandano ai titoli delle canzoni. Insomma, una sorta di giornale d’attualità in stile bennettiano, ovvero ironico con punte di sarcasmo, realista e, allo stesso tempo sognatore. L’album contiene venti tracce nella versione cd e ventitre tracce nella versione in vinile. Sono otto i brani inediti di “Non c’è”: “Geniale”, “Il Mistero della Pubblica Istruzione”, “L’uomo nero” (con Clementino), “La bella addormentata”, “La realtà non può essere questa” (uscita durante il primo lockdown, realizzata insieme al fratello Eugenio Bennato), “Maskerate”, “Non c’è”, “Signore e signori”. Tra i brani di repertorio: “Bravi ragazzi”, “Cantautore”, “Dotti medici e sapienti”, “Feste di piazza”, “Italiani”, “L’isola che non c’è”, “La verità”, “Le ragazze fanno grandi sogni”, “Mangiafuoco”, “Non farti cadere le braccia”, “Perché” (con Morgan), “Relax”, “Salviamo il salvabile”, “Tutti”, “Un giorno credi”.  Con il cantautore flegreo hanno suonato Raffaele Lopez (pianoforte, organo Hammond, sintetizzatori, programmazioni), Giuseppe Scarpato (chitarre elettriche, chitarre acustiche, drumsprogramming), Gennaro Porcelli (chitarre elettriche, chitarre acustiche, armonica), Arduino Lopez (basso).

Bennato non ha voluto rinunciare al nuovo progetto in un anno importante per la sua carriera, a  40 anni dal leggendario “Solo solo canzonette”, l’album che ne consacrò il successo, portandolo, primo in Italia, a riempire gli stadi con i suoi concerti.
Un po’ quello che ci si augurava nel 2020, con il progetto live “Rockin’ with Peter Pan on Tour 2020”, più volte rimandato e, al momento, purtroppo, ancora sospeso, in ottemperanza all’emergenza sanitaria per evitare il diffondersi del COVID-19 e alle relative disposizioni ministeriali. Nonostante l’amarezza per l’annus horribilis del mondo intero, con il settore dello spettacolo, come altri, in ginocchio, Bennato ne è convinto: «La realtà è tutta in questa stanza/nella rete che annulla ogni distanza/la realtà è fuori dal balcone/nella rete che diventa una prigione/…/La realtà è tutta da rifare/è la vita che non si può fermare/e che canta la sua ribellione», come canta nel duetto con il fratello.

Dalle contraddizioni della società, alla pubblica istruzione, dal razzismo fino all’universo femminile: non sono proprio temi da canzonette.
Le chiamo canzonette proprio per esorcizzare i contenuti, la mia è un’autoironia costante. Visto che ironizzo e provoco su tutto e tutti, è giusto che provochi anche me stesso. Già nel 1975, in “Cantautore”, cantavo: «Tu sei forte, Tu sei bello, Tu sei imbattibile, Tu sei incorruttibile, Tu sei un cantautore», uno sfottò a me stesso. Questo album si presenta come la copertina di un quotidiano in cui gli strilli sono i titoli delle canzoni, delle canzonette, delle canzonacce. In “Bravi ragazzi canto: «Per fronteggiare la situazione/C’è stato un programma alla televisione/Hanno parlato tutti gli avvocati/Di tutte le bandiere, di tutti i partiti/Ed è stato proprio commovente/Vedere tutti quei grandi sacrificare le proprie idee/In nome del bene della gente/Poi hanno dato severe istruzioni/Di stare calmi e stare buoni». Forse per i tempi che viviamo i miei brani sono fin troppo provocatori, perché in questo momento mi sembra che nessuno voglia essere provocato. Io cerco di coniugare il mio ruolo di cantastorie -cantautore – saltimbanco – canzonettaro con le mie nozioni, sono laureato in architettura, mi intendo di urbanistica, sociologia, geopolitica. Di recente ho scritto anche un libro di geopolitica, “Girogirotondo. Codex latitudinis” per lanciare un messaggio di speranza e di cambiamento. Ho una figlia adolescente, Gaia, molto assennata, e adesso mi sento più responsabile, il futuro mi preoccupa molto e mi intriga. Mai come in questo momento storico è importante che ognuno di noi si dia da fare, in tutti i modi possibili, sia per quanto riguarda il nostro rapporto con gli altri che l’attenzione al pianeta Terra. La realtà che stiamo vivendo assume dei toni orwelliani. George Orwell a suo tempo, parliamo del 1948, scrisse “1984” in cui dava l’immagine di un nuovo pianeta, con un nuovo assetto, in cui il personaggio del “Grande fratello” controllava tutto e tutti, soprattutto il cervello ed era proibito addirittura amare. Un’immagine spettrale. Ricordo che quando ho letto questo libro, negli anni Sessanta, ci faceva paura. Adesso ci fa più paura la realtà fuori dai balconi.

Chi rappresenta il ragazzino del video di “Non c’è” che emoziona e viene ripagato con le monetine in strada ma non insegue il successo a tutti i costi? Tu che rapporto hai con il successo?
Il ragazzino è antitetico rispetto a me. Non vuole avere contatti e non vuole firmare contratti con i gatti e le volpi, i marpioni di questo baraccone rutilante e accattivante ma pieno di insidie della musica leggera, rifiuta il successo. Io, a suo tempo, fui costretto a mettermi per strada, perché dopo “Non farti cadere le braccia” venni licenziato dalla Ricordi e mi misi a fare il punk per strada per attirare l’attenzione, con uno sfottò al presidente della Repubblica di allora, un brano che si chiamava “Salviamo il salvabile”, che ho riproposto in questo nuovo album, rifatto sulle note dei Black Rebel Motorcycle, un gruppo americano che a me piace molto, e mi piace valorizzare le influenze musicisti. Credo che la musica sia scambio di emozioni non solo tra chi la fa e chi l’ascolta, ma anche tra i vari musicisti. Ebbene, dalla strada cominciai a frequentare i festival di tendenza ed ebbi la patente che mi era stata negata dal mondo della musica ufficiale delle radio. Forse il mio modo di pormi, il mio modo di essere e di dire certe cose non è quello classico e rassicurante della musica leggera, il cui ruolo è divagare, distrarre, invitare a non pensare. Mentre la musica rock che penso di fare io, tra le righe provoca, invita a riflettere, a cercare di capire che c’è un’altra verità e invita sempre al dialogo, tant’è vero che i miei concerti iniziano sempre con “Abbi dubbi”, in cui ammetto di avere dubbi su tutto e invito chi mi ascolta a fare altrettanto, a non radicarsi sulle proprie idee e convinzioni, a immedesimarsi nel proprio nemico per cercare di capire le sue ragioni e probabilmente da questo dialogo o ci si prende a cazzotti, o come, mi auguro, nasce qualcosa di propositivo. Ad ogni modo io non sono come quel ragazzino, a me il successo piace e ho sempre inseguito i miei sogni.

18 dicembre 2020