La preghiera e il ricordo dei 48 martiri di Baghdad, a 10 anni dal massacro

L’iniziativa del gruppo Nuovi martiri con il vicegerente della diocesi Palmieri e il vescovo di Aretusa dei Siri. «Testimoni della rivoluzione dell’amore»

«Basta! Basta! Smettetela!». Furono le urla, atroci, del piccolo Adam, un bambino iracheno di appena tre anni, trucidato insieme ad altri 47 cristiani, tra cui due sacerdoti, tutti uccisi il 31 ottobre di dieci anni fa, nella cattedrale siro-cattolica Nostra Signora del perpetuo soccorso di Baghdad, in un attentato terroristico ad opera di Al Qaeda. Ieri sera, 1° dicembre, dopo oltre un anno dalla chiusura della fase diocesana per la causa di beatificazione, nella Capitale è stato organizzato un doppio momento di preghiera e ricordo, per iniziativa del gruppo Nuovi martiri, costituito dalle associazioni Archè, Finestra per il Medio Oriente, parrocchia Sant’Innocenzo I Papa e San Guido Vescovo e dalla Comunità Missionaria di Villaregia. Dopo un primo momento di preghiera nella parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio, è stata celebrata l’Eucaristia nella parrocchia dei Santi Antonio e Annibale Maria, presieduta dal vicegerente della diocesi di Roma Gianpiero Palmieri e da monsignor Flaviano Rami Al Kabalan, vescovo titolare di Aretusa dei Siri.

«Dio – ha sottolineato Palmieri durante l’omelia – esalta i più piccoli e i puri di cuore, come spiegano le Beatitudini. Proprio l’ultima cita i perseguitati e dunque chi viene martirizzato nel nome di Cristo. Chi viene ucciso per la propria fede diventa il segno di Dio che cambia la storia con la mitezza, con la fedeltà, con la giustizia. Alle armi della violenza – ha continuato l’arcivescovo – corrispondono le armi della grazia e i martiri sono testimoni della rivoluzione dell’amore operata da Cristo», che bandisce qualsiasi odio o vendetta verso i nemici.

Per il parroco di piazza Asti padre Pasquale Albisinni, «essere qui stasera è un dono perché ci fa rendere conto come ci siano, anche in questo preciso istante, tante persone che donano la vita per la fede cristiana, tra i quali molti bambini come il piccolo Adam». Un momento, quello vissuto ieri sera, che ha assunto un significato particolare per la comunità dei Santi Antonio e Annibale Maria, poiché i Rogazionisti, a cui è affidata la parrocchia, sono presenti anche in Iraq. «Un’emozione in più – ha detto padre Albisinni – potere quindi ospitare un evento diocesano che vuole ricordare queste figure», tra le quali anche i sacerdoti padre Thair Saadallah Abdal e padre Wassim Sabih Alkas Butros che stavano rispettivamente celebrano Messa e confessando e che si offrirono, seppur inutilmente, di morire al posto di tutti gli altri.

Dopo l’Eucaristia c’è stato spazio per una breve testimonianza da parte di padre Firas Kidher, sacerdote rogazionista della Chiesa siro-antiochena. Un excursus storico, quello di padre Kidher, sulla storia millenaria della fede cristiana nei territori dell’attuale Iraq, arrivando poi a spiegare «i brividi e la commozione» provati «nell’ascoltare le voci dei testimoni oculari di quel tragico evento del 2010» quando, dopo una serie di azioni diversive, i terroristi di Al Qaeda fecero saltare una Jeep imbottita di esplosivo ed entrarono nella Chiesa, durante la celebrazione, sparando «senza pietà su madri, padri, bambini e sacerdoti». La grandezza della tragedia e del dolore, ha però aggiunto il sacerdote, «ci ha dimostrato la grandezza della fede di quei martiri e del loro sacrificio. Essere cristiani in zone come l’Iraq – ha proseguito – può diventare un vero dramma» ma il buio del terrore «viene illuminato dalla fede di questi sacrifici».

2 dicembre 2020