Il diritto al cibo per tutti, responsabilità di ciascuno

Il seminario della campagna “Una sola famiglia umana”. Galantino: «Se non ci mettiamo insieme, il grido di chi ha fame diverrà sempre più forte»

Nella Giornata della terra, il seminario della campagna “Una sola famiglia umana”. Galantino: «Se non ci mettiamo insieme, il grido di chi ha fame diverrà sempre più forte»

Diritto al cibo per tutti, abbattendo le diseguaglianze finanziarie, promuovendo un’economia sostenibile e sensibilizzando le popolazioni più ricche a comprare meglio e sprecare sempre meno. Lo scopo della campagna “Una sola famiglia umana. Cibo per tutti, è compito nostro” è proprio questo: un’azione gigantesca, messa in campo da Caritas internationalis che ha seguito le parole pronunciate da Francesco nel dicembre del 2013. In quell’occasione il Papa ha sottolineato come, nel mondo, ci sia cibo sufficiente per tutti, eppure circa un miliardo di persone soffre la fame. Pertanto, ognuno di noi deve dare voce a chi non ha cibo. Dal progetto è nato un seminario che si è tenuto oggi, 22 aprile, proprio in occasione della Giornata mondiale della terra.

«Partiamo dai numeri – dice Fabrizio Cavalletti, di Caritas italiana, responsabile dell’ufficio Asia e Africa -: nel mondo ci sono 7 miliardi di persone. Si produce cibo per 12 miliardi, eppure 800 milioni di persone soffrono la fame. È evidente che c’è qualcosa che non va. Il Papa ci ha detto che per sconfiggere la fame occorre riscoprire i rapporti di fraternità, cioè collegare il diritto al cibo alla relazione tra gli uomini, ad ogni livello. Da subito, come Caritas italiana, ci siamo messi in contatto con altre realtà, creando così una rete di 32 associazioni con cui abbiamo dato vita al progetto. Tre le caratteristiche principali: la prima, la territorialità. Abbiamo coinvolto le realtà locali che meglio conoscono il loro ambiente. Da qui si è sviluppata la seconda caratteristica: sensibilizzare, soprattutto i più giovani, non solo sullo spreco del cibo, quanto sulle cause che generano la negazione del diritto al cibo, quindi sulla buona e cattiva economia, sullo spreco anche delle risorse ambientali. Un esempio che facciamo sempre è quello dei biocarburanti: se io produco carburante da un campo di mais, è ovvio che quel mais non lo utilizzerò per creare cibo. Pertanto, mentre ci sono persone che muoiono di fame, io utilizzo la terra per scopi che non sono essenziali, potremmo definirli superflui. Il terzo punto è la pace: riscoprire una nuova fraternità che aiuti la cooperazione tra i popoli».

Ma come si è creata questa disuguaglianza finanziaria e cosa fare per cambiare rotta? «Nei sistemi economici si vuole solo far diventare la torta sempre più grande – spiega Leonardo Becchetti, ordinario di Economia politica all’università di Tor Vergata – e la distribuzione diventa sempre più diseguale, perché è l’1% dei più ricchi a condizionare sia la cultura sia la politica. Quello che bisogna cercare di fare è spingere sulla cultura e la comunicazione, perché il problema della diseguaglianza e della povertà non è una malattia di cui non conosciamo la ricetta; bisogna però trovare il modo di applicarla. È la soluzione si trova sul mercato, cambiando il potere delle quote, attraverso quello che io chiamo il “voto col portafoglio”, ovvero, le scelte dei consumi e dei risparmi dei cittadini. Se una persona cambia voto politico, nessuno se ne accorge ma se cambia banca allora ecco comparire il direttore a chiedere il perché». Un voto, questo, che «ha una forza enorme e sta cambiando lentamente le cose. Ad esempio, oggi abbiamo un 30% di fondi d’investimento in Europa che votano col portafoglio e selezionano le aziende eticamente più responsabili. Questo sta creando una pressione molto forte per le aziende quotate, per avere standard sociali e ambientali più alti. Ci sono tanti esempi di economia sostenibile che si stanno affermando: i km0, i terreni confiscati dalla mafia e coltivati, le banche etiche, il micro credito. La sfida oggi – rileva Becchetti – è far crescere questi esempi, e la battaglia si gioca sul campo della cultura e della comunicazione».

In questo contesto s’inserisce anche la nuova enciclica di Papa Francesco, sull’agricoltura famigliare e custodia del Creato. «Al centro c’è la persona in quanto essere umano – spiega Flaminia Giovannelli, sottosegretario del Pontificio Consiglio giustizia e pace – e custode del creato. In quanto cristiani, è questo il nostro elemento in più, perché ci è stato dato da Dio». Don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, è soddisfatto del lavoro fatto finora ma deve essere solo un punto di partenza: «Abbiamo raccolto l’invito del Papa perché questa sua voce potesse tramutarsi in un ruggito di quei popoli che soffrono la fame. Un ruggito che si trasforma in coscienza viva, in formazione e informazione, attraverso l’azione che ognuno di noi può fare in quanto cittadino attivo».

Il progetto si concluderà a fine 2015. Rilanciare l’azione a sostegno del diritto al cibo e la custodia della terra sono obiettivi possibili. Gli artefici del progetto aspettano un riscontro importante dall’assemblea dell’Onu, in programma il prossimo settembre a New York, dove saranno lanciati i nuovi obiettivi di sviluppo del millennio, e dalla conferenza internazionale sull’ambiente di Parigi.

Al seminario è intervenuto anche il segretario generale della Cei Nunzio Galantino, ricordando il 5° convegno ecclesiale nazionale che si terrà a Firenze dal 9 al 15 novembre, sul tema “In Gesù Cristo, il nuovo umanesimo”. L’emergenza cibo si traduce in un «bisogno di aprire gli occhi e tentare delle risposte concrete, fattibili, che nascono dalla consapevolezza che c’è già cibo per tutti. Il problema – sostiene – è la responsabilità dei singoli e delle realtà aggregate, affinché si creino le condizioni che il cibo per tutti possa diventare il cibo dato a tutti. I nostri interlocutori sono soprattutto quelli che hanno fame – continua -. Il loro grido, la loro fame non ci da pace: è un grido che chiede intelligenza, che chiede ricerca di coloro che con noi lo sentono e vogliono dare una risposta. Mi piace che nel titolo di questo seminario ci sia la frase “nutrire il pianeta” – ha concluso – perché è nostro compito e responsabilità: se non ci mettiamo tutti insieme, se non affrontiamo questo tema, quel grido diverrà sempre più forte».

22 aprile 2015