Migranti, una nave con 70 persone al largo di Lampedusa

L’avvistamento segnalato via Twitter da Alarm Phone. «Le autorità italiane sono avvisate», informano. Sull’imbarcazione anche tre bambini

È ancora allarme nel Mediterraneo, dove in questi giorni una dopo l’altra imbarcazioni cariche di migranti tentato la via della fuga dalla Libia. È di questa mattina, 13 novembre, l’ultimo avvistamento, al largo delle coste di Lampedusa, segnalato via Twitter da Alarm Phone. «Dopo diverse ore senza contatti con la barca con 70 persone a bordo – scrivono -, abbiamo ripreso contatto stamattina. Ora sono vicini a Lampedusa». Quindi la precisazione: «Le autorità italiane sono avvisate». Un aggiornamento, quello di Alarm Phone, che arriva dopo il tweet di ieri sera, nel quale l’organizzazione lanciava l’allerta dopo l’avvistamento dell’imbarcazione: «70 perone, inclusi tre bambini, in pericolo».

Nella stessa giornata di ieri, 12 novembre, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) denunciava «un devastante naufragio» al largo di Khums, in Libia, che ha causato la morte di almeno 74 migranti. «Si tratta dell’ultima di una serie di tragedie che hanno coinvolto almeno altri otto naufragi nel Mediterraneo centrale dal 1° ottobre», affermano dall’Oim, secondo cui l’imbarcazione «trasportava oltre 120 persone, tra cui donne e bambini. 47 sopravvissuti sono stati portati a riva dalla Guardia Costiera libica e da pescatori, 31 corpi sono stati recuperati. Proseguono le ricerche delle vittime». Negli ultimi 2 giorni, altre 19 persone sono morte nelle acque del Mediterraneo; tra le vittime anche due bambini annegati dopo che le due barche sui cui si trovavano si sono rovesciate. «La nave Open Arms, l’unica nave di una ong attualmente attiva nel Mediterraneo centrale, ha salvato più di 200 persone in tre operazioni», è il bilancio tracciato dall’Oim.

Per Federico Soda, capo missione dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni in Libia, «la perdita di vite umane nel Mediterraneo è una manifestazione dell’incapacità degli Stati di intraprendere un’azione decisiva per dispiegare un sistema di ricerca e soccorso quanto mai necessario in quella che è la rotta più mortale del mondo». Da tempo, ricorda, «chiediamo un cambiamento nell’approccio, evidentemente impraticabile, seguito nei confronti della Libia e del Mediterraneo. Non dovrebbero essere più riportate persone a Tripoli e si dovrebbe dar vita al più presto a un meccanismo di sbarco chiaro e prevedibile, a cui possano far seguito delle azioni di solidarietà degli altri Stati. Migliaia di persone vulnerabili – conclude – continuano a pagare il prezzo dell’inazione, sia in mare sia sulla terraferma».

Nel frattempo, fa il giro del mondo il video diffuso ieri da Open Arms con il grido disperato della madre del bimbo morto nel naufragio dell’11 novembre, che si dispera a bordo del gommone di soccorso: «I loose my baby, where is my baby?» (Ho perso mio figlio, dov’è mio figlio?). Dalla ong spagnola spiegano di avere riflettuto se fosse il caso di mostrare o meno quel dolore, quella disperazione. «Abbiamo deciso di rendere pubblico quello che accade in quel tratto di mare – riferiscono su Twitter – perché i nostri occhi non siano i soli a vedere e perché si ponga fine a tutto questo subito».

13 novembre 2020