Coronavirus, Lazio: numeri in crescita

Le difficoltà negli ospedali. L’assessore regionale alla Sanità D’Amato: «Fase lunga ancora tutta in salita». I dati dell’8 novembre: 51.378 positivi

La pandemia non accenna a dare tregua. Nel Lazio i numeri crescono, tanto che l’assessore regionale alla sanità Alessio D’Amato parla di «una fase lunga ancora tutta in salita». I dati aggiornati a ieri, domenica 8 novembre, parlano di 2.686 nuovi casi, a fronte di 24.486 tamponi effettuati, che portano il totale degli attualmente positivi nella regione a 51.378. 16 i decessi, che arrivano così a 1.413, dall’inizio dell’emergenza sanitaria.131 i guariti e dimessi nell’ultima giornata. Il totale dei casi nel Lazio è di 65.814, con un incremento nelle ultime 24 ore di
2.489 unità. A Roma l’incremento nello stesso arco di tempo è di 2.045 casi, con i quali si arriva al numero complessivo di 47.171. 48.455 le persone in isolamento domiciliare in tutta la regione, 2.686 i ricoverati con sintomi e 237 le persone in terapia intensiva.

Numeri, questi ultimi, che per il segretario regionale del sindacato dei medici Anaao-Assomed Lazio Guido Coen Tirelli «non corrispondono alla realtà» perché negli ospedali di Roma si assiste «a una grande promiscuità» per cui «i pazienti Covid e quelli con altre patologie sono mischiati» e ci sono «pazienti intubati anche in reparti normali». Da qui si evince che «l’effettivo numero delle terapie intensive è di gran lunga superiore». Il medico parla di «situazione drammatica» imputabile al fatto che «probabilmente è stato sottostimato il pericolo della seconda ondata di contagi». Per uscire dall’emergenza «serve nuovo personale e soprattutto spazi per i malati non gravi».

Al Campus Bio – medico è stata attrezzata l’area Covid center «esattamente come sei mesi fa» e questo fa sì che «non esiste alcuna promiscuità con altri pazienti», afferma il direttore sanitario Lorenzo Sommella. Per far posto ai 43 posti letto di medicina, di semi intensiva e di terapia intensiva, però, «si è dovuto sacrificare il Pronto soccorso» inaugurato il 1° settembre. «Una chiusura imposta dalle circostanze che non sarà breve e che ha provocato delusione da parte degli operatori assunti appositamente per la medicina d’urgenza», prosegue Sommella, il quale non fa mistero dello stato d’animo «di grande preoccupazione e ansia. Siamo proiettati alla situazione di sei mesi fa, con l’aggravante di casi numerosi e molto seri, età media diminuita e pazienti giovani che si aggravano rapidamente». Per questo è stato necessario un primo ampliamento dell’offerta con 14 posti letto collocati «in un’altra area del policlinico completamente separata dal resto della struttura», aggiunge il direttore sanitario, che annuncia un possibile ulteriore ampliamento di un reparto esclusivamente dedicato a pazienti Covid.

Anche per Sommella, «si è arrivati impreparati alla seconda ondata» e in questo momento drammatico dal punto di vista sanitario suggerisce che si può trarre forza nella solidarietà e «probabilmente chi è stato meno toccato dalla crisi economica dovrebbe fare qualcosa nei confronti di chi ha subito pesanti danni». Per far fronte all’emergenza sono operativi anche la nuova area di pronto soccorso dell’ospedale San Camillo e il drive-in di Tor Vergata, il 63° della rete regionale, e sono in arrivo altri 125 ventilatori. Per la Regione Lazio la strada da percorrere è quella dell’assistenza domiciliare. A tal proposito ha approvato una determina che consente tamponi a domicilio periodici per 30mila anziani o con fragilità in assistenza domiciliare integrata. In attesa degli esiti del bando rivolto ai medici di assistenza primaria e ai pediatri per manifestare la propria volontà a effettuare i tamponi rapidi a domicilio, Fausto, pediatra con studio nel territorio di competenza della Asl Roma 2, non la «ritiene una cosa fattibile. Sarebbe più opportuno – dice – potenziare l’organico con personale preposto a questo servizio specifico». Avendo la responsabilità di 850 piccoli pazienti rimarca che è «impensabile mettere a repentaglio la loro salute».

All’indomani della suddivisione dell’Italia in fasce di rischio, D’Amato ha rimarcato che al momento il Lazio è inserito nell’area “gialla” «ma se non si mantiene il rigore si va in area “rossa”. Il tema è raffreddare la curva dell’epidemia con misure proporzionate all’andamento territoriale e non deve essere interpretata come una classifica tra le regioni: non ci sono buoni o cattivi, stiamo tutti sulla stessa barca. L’obiettivo comune è quello di contenere il virus e non sovraccaricare oltre ogni limite le strutture ospedaliere».

9 novembre 2020