Liceo Kennedy, didattica integrata e attesa per gli arredi

La preside Lidia Cangemi: pionieri nel modello “Dada”. Le modalità della riapertura e le difficoltà: per ora solo 4 collaboratori scolastici su 16

Didattica integrata, ancora attesa per i banchi e per i collaboratori scolastici. È questa la ripartenza per il liceo scientifico J.F. Kennedy per il ritorno ad una “nuova normalità” dopo il lockdown. Siamo nel cuore del Gianicolo, in una scuola storica di Roma con molti spazi interni ed esterni, avvolta nel verde. La preside Lidia Cangemi sottolinea che la didattica integrata – una parte di studenti in presenza ed una parte a distanza – è stata una scelta necessaria «perché la sede non consente di accogliere tutte le classi in presenza, quindi si è deciso di alternare presenza e distanza dando precedenza agli alunni delle prime classi, che in questa fase essendo i più piccoli hanno bisogno di essere accolti. Poi ci sarà una fascia di flessibilità nel primo pomeriggio, dove i docenti che hanno necessità potranno prenotare delle aule ed incontrare ulteriormente i loro studenti. Tutto questo per rispettare le norme e per cercare di far stare i ragazzi il più possibile in presenza».

L’istituto è tra i pionieri del cosiddetto modello “Dada”, per cui ogni docente ha un’aula per il suo insegnamento e gli studenti si muovono a seconda dell’orario, «anche se questa fase – puntualizza la preside – rappresenta una scelta che contraddice il principio, ma d’altra parte questo modo di interpretare la didattica ha permesso di avere già in uso da tempo i banchi monoposto e le sedie con “ribaltina”. In ritardo invece la consegna dell’arredamento scolastico che la scuola sta ancora aspettando». Per il resto sono state attrezzate le aule per mantenere le distanze di sicurezza e i ragazzi devono indossare le mascherine dove le distanze non sono garantite ed evitare qualsiasi assembramento. Inoltre sono stati formati i docenti e tutto il personale rispetto ad eventuali casi di positività al Covid e allestite apposite aule.

«I ragazzi appaiono chiaramente un po’ disorientati – racconta la preside – e chiusi dalle regole stringenti che gli impediscono il movimento e di essere liberi. Si è anche reso necessario riaprire diversi accessi (l’edificio conta due ingressi dall’esterno e otto accessi interni all’edificio, ndr) e dalla prossima settimana gli studenti avranno anche gli spazi all’aperto per la ricreazione». Dalla preside arriva anche il “grazie” al corpo docente, tra i primi in Italia ad organizzarsi con la didattica a distanza dopo il lockdown. «In questa fase si sta pensando a dei corsi di formazione per la metodologia».

Per Massimo Frana, docente di filosofia, la didattica in presenza è fondamentale dal punto di vista pedagogico, visto che la didattica a distanza, pur essendo una pratica molto utile, non ha lo stesso risultato, ma è servita ai ragazzi lo scorso anno scolastico per non perdere il contatto con la scuola. Rispetto alle regole da seguire all’interno della scuola, aggiunge: «I ragazzi sono molto intelligenti e ho chiesto loro di seguire anche fuori dalla scuola un atteggiamento consono volto a tutelare la loro e la nostra salute». Una studentessa, Elena, sorridendo afferma: «Per 17 anni la scuola non mi è piaciuta e non ci venivo volentieri, adesso invece non vedo l’ora di essere in classe con i compagni e i docenti; quando le cose che diamo per scontate ci vengono tolte improvvisamente, finiamo per apprezzarle».

18 settembre 2020