Una sfida per tutti: ritrovare la forza di stare insieme

La valenza simbolica della riapertura delle scuole e l’invito a trovare le ragioni per continuare a vivere e lavorare sapendo che il rischio non potrà essere evitato

Quest’anno la tanto sospirata riapertura delle scuole, sebbene avvenga in ordine sparso e con qualche disagio organizzativo in più rispetto alla norma, legato alle misure di sicurezza da approntare, assume una valenza simbolica innegabile. Dopo la lunga forzata interruzione primaverile, evento inaudito mai accaduto nella storia della Repubblica, così come nel mondo intero, il ritorno sui banchi, monoposto con rotelle quando possibile o semplicemente distanzati, rappresenta il segno di una ripresa dell’attività sociale complessiva che tutti ci auguriamo possa stabilizzarsi al più presto. Dieci milioni di italiani in movimento non sono uno scherzo.

Per questo dobbiamo ammettere che l’inquietudine, plasticamente evidenziata dalle famigerate mascherine indossate da alunni e insegnanti, serpeggia sovrana in molte circoscrizioni della Capitale, non solo e non tanto perché in numerosi casi gli organici dei docenti non sono ancora quelli necessari a supportare il frazionamento dei gruppi classe, quanto perché nessuno a tutt’oggi può prevedere cosa accadrà nei prossimi mesi prima che il vaccino diventi disponibile a tutti scongiurando, si spera, la temuta seconda ondata della pandemia. Nel momento in cui si verificherà un singolo contagio, l’intera struttura scolastica verrà messa a dura prova. I protocolli sanitari sono abbastanza circostanziati ma c’è da pensare che non basteranno a evitare equivoci, malintesi e fraintendimenti. Ecco perché ci sarebbe bisogno di una consapevolezza comune tesa a superare le divisioni strumentali legate alla speculazione politica. Soffiare sul fuoco nella condizione che stiamo sperimentando non sembra proprio una buona idea.

Pare evidente che i problemi da risolvere arriveranno presto: convivere insieme al Covid–19 si annuncia tutt’altro che facile, non solo a scuola ma nelle prevedibili ricadute in famiglia, quando i ragazzi potrebbero contagiare padri, madri e nonni. La reazione della popolazione a quel punto dovrà essere compatta ed elastica allo stesso tempo: non dividerci per partito preso, bensì trovare insieme le ragioni per continuare a vivere e lavorare sapendo che il rischio ci sarà comunque. Non potrà essere evitato. In tale prospettiva l’anno scolastico 2020/21, con tutte le incognite che si porta dietro, compresa la malaugurata possibilità di chiusure settoriali in caso di nuovi focolai, costituirà una sfida di livello superiore persino rispetto al trascorso confinamento. È più facile barricarsi in casa che uscire in campo aperto. Eppure tutti ne abbiamo bisogno: non soltanto per contrapporci a una crisi economica di portata epocale che sta già esacerbando le vecchie povertà: lo sanno bene gli operatori della Caritas. Anche per ritrovare la forza di stare insieme toccando con mano che non basta salvare se stessi per sentirsi a posto. È stato questo, lo sappiamo, il grande insegnamento che la malattia ci ha dato: un forte sentimento di coralità sul quale gli educatori, nelle istituzioni pubbliche così come nelle realtà parrocchiali, devono poter costruire.

Inoltre il virus ha contribuito ad accelerare il progresso tecnologico delle scuole scoprendo le disuguglianze sociali, fra centro e periferia. Adesso chiederà a noi tutti di mettere a frutto la lezione appresa negli scorsi mesi: i docenti saranno chiamati a uno sforzo supplementare dovendo peraltro tenersi pronti a ricorrere, se necessario, anche alla didattica mista (digitale e in presenza); le famiglie dovranno collaborare con le scuole rinnovando una perduta alleanza; gli studenti diventeranno decisivi nell’opera di responsabilità e drammatica consapevolezza. È chiaro che non sarà sufficiente rispettare i distanziamenti in classe se poi nel pomeriggio o in altre situazioni collaterali i nostri adolescenti non resteranno accorti.

14 settembre 2020