La città e la sfida a ricreare «terra umana»
Il sociologo Mauro Magatti e il preside della Luiss Lo Storto nella serata conclusiva dei Dialoghi in cattedrale. La priorità del «prendersi cura»
Il sociologo Mauro Magatti e il direttore generale della Luiss Lo Storto a confronto nella serata conclusiva dei Dialoghi in cattedrale. La priorità del «prendersi cura»
«Nelle nostre società contemporanee, in mezzo a tanta bellezza vi sono molti luoghi e situazioni che possiamo assimilare all’idea dell’inferno: le periferie degradate, la solitudine degli anziani, le famiglie spezzate, i senza fissa dimora, i carcerati o i migranti esclusi». È partito da qui il sociologo Mauro Magatti, preside della facoltà di Sociologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, per approfondire dal suo particolare punto di vista il tema “Noi-tutti. Costruire insieme la città”. Lo ha fatto ieri sera, martedì 14 aprile, nella basilica di San Giovanni in Laterano, ospite della serata conclusiva dei Dialoghi in cattedrale. «Viviamo in un tempo in cui la città è il luogo della contraddizione della società umana: ci sono eccellenze straordinarie insieme a miserie inenarrabili», ha proseguito Magatti, sottolineando che questo è l’esito del ventennio 1989-2008, che va dalla caduta del muro di Berlino alla crisi finanziaria, quando «abbiamo pensato che tutto potesse espandersi a dismisura e tutto si è slegato: le famiglie, le città, i valori».
La crisi del 2008, ha spiegato il sociologo, altro non è che «la crisi spirituale di un io che si è immaginato di poter vivere separatamente dagli altri». Ma questo non è possibile perché l’uomo «è un essere di relazione – ha ricordato il cardinale vicario Agostino Vallini moderando l’incontro – che deve essere liberato dalla solitudine, un male del nostro tempo da cui dobbiamo guardarci». Ecco perché oggi, secondo Magatti, viviamo una importante stagione di transizione. «Abbiamo il problema di ricreare terra umana nel mare della tecnica: dobbiamo cioè “rilegarci” e stringere nuove alleanze» creando valore economico ma anche sociale, prendendoci cura dell’umano e valorizzando le diversità.
Seguire l’invito di Papa Francesco a «riconoscere le diversità che si creano in città o da essa sono generate» è una priorità anche per Giovanni Lo Storto, direttore generale dell’Università Luiss “Guido Carli”. «Il compito di una università – ha spiegato – deve essere quello di trasmettere competenze altre e larghe fatte di esperienza e condivisione che sappiano portare crescita e ricchezza anche al territorio e al contesto sociale». È proprio negli atteggiamenti di responsabilità e servizio alla comunità che, secondo Lo Storto, si manifesta la presenza di Dio nella città. Un «servire e prendersi cura» che deve interrogare anche l’università. In un contesto in cui «la sua tradizionale missione bipartita (istruzione e ricerca) è messa a dura prova dal ruolo sempre maggiore della ricerca scientifica – ha osservato – l’università deve avere profondamente a cuore il tema della costruzione di responsabilità» dotando i ragazzi degli strumenti necessari per mettere a frutto le proprie ricchezze e facendoli entrare in contatto con le diversità. Alla Luiss non mancano le iniziative in questo senso «come il progetto VolontariaMente – ha evidenziato Lo Storto -, che permette ai nostri studenti di trascorrere del tempo estivo lavorando al fianco di associazioni come Libera e Save the Children, svolgendo percorsi con valore etico e curriculare».
Una testimonianza alla quale si sono aggiunte quelle di due ragazzi della parrocchia romana di Santa Maria Assunta e San Giuseppe a Primavalle, periferia ovest della Capitale, dove il disagio giovanile è segnato dalla droga, dall’alcol e dal gioco d’azzardo. In questo contesto, una comunità di giovani studenti si incontra ogni giorno per vivere la concretezza della fede all’insegna dell’accoglienza e del sostegno. «Non è semplice – ha sottolineato Francesco – annunciare la gioia del Vangelo a chi vive la tossicodipendenza, i problemi del carcere e della depressione e ai giovani che sembra abbiano smarrito il senso della vita. Non è semplice ma è possibile e noi vogliamo essere un propulsore per la vita parrocchiale, che rischia di chiudersi troppo in sé stessa e non generare più figli».
15 aprile 2015