Riapertura scuole, 7 genitori su 10 non hanno ricevuto indicazioni dagli istituti

La nuova ricerca di Save the Children sulla "scuola che verrà": incertezza e preoccupazione i sentimenti con cui genitori e bambini affrontano la riapertura

Incertezza e preoccupazione sono i sentimenti con cui genitori e bambini affrontano la riapertura della scuola dopo il lungo lockdown che li ha tenuti lontani dalle aule a causa della pandemia di Covid-19. Per quanto riguarda la ripresa della didattica, al momento dell’indagine il 66% dei genitori era a conoscenza della data di riapertura delle scuole ma quasi 7 su 10 (68%) non avevano ricevuto alcuna comunicazione ufficiale dalle scuole dei propri figli sulle modalità organizzative e sulle norme comportamentali per il prossimo anno scolastico. Solo 1 genitore su 4 sapeva già se la classe del proprio figlio sarebbe stata divisa in gruppi.

Questo il quadro che emerge da una nuova ricerca “La scuola che verrà: attese, incertezze e sogni all’avvio del nuovo anno scolastico”, che contiene anche una rilevazione condotta in esclusiva da Ipsos per Save the Children e che delinea la percezione dei genitori al momento della rilevazione, a pochi giorni dalla ripartenza del nuovo anno scolastico. In generale, guardando al nuovo anno, 7 genitori su 10 dichiarano di avere preoccupazioni relative al rientro a scuola; la principale è data dall’incertezza circa le modalità di ripresa (60%), seguita dai rischi legati al mancato distanziamento fisico (51%) e quindi dalle possibili variazioni di orario di entrata/uscita da scuola che potrebbero non essere compatibili con gli impegni lavorativi dei genitori (37%), specialmente per i genitori di bambini di 4-6 anni (45%). In questo caso i nonni, per chi li ha, tornano a essere il pilastro del welfare familiare, per il 22% dei genitori intervistati. Anche la rinuncia al lavoro o la riduzione dell’orario lavorativo sembra essere una delle opzioni delle famiglie, in particolare quelle con figli più piccoli: una scelta che però – confermando ancora una volta il gender gap del nostro Paese – ricadrebbe principalmente sulle madri (23%) piu’ che sui padri (4%).

Tra le principali preoccupazioni con cui le famiglie si trovano a fare i conti con la ripresa dell’anno scolastico emerge anche l’apprensione legata alle difficoltà di apprendimento, dopo i lunghi mesi di lockdown e un’estate che non per tutti è stata l’occasione per recuperare il cosiddetto “learning loss”. Sebbene quasi tutti siano stati ammessi alla classe successiva senza debiti, quasi 1 genitore su 5 (18%) ritiene che il proprio figlio non sia pronto ad affrontarne il programma a causa della perdita di apprendimento conseguente alle condizioni imposte dal confinamento.

La preoccupazione per le condizioni economiche peggiorate negli ultimi mesi si riflette anche sul rientro a scuola: 1 genitore su 10 crede di non potersi permettere l’acquisto di tutti i libri scolastici, 7 genitori su 10 fra coloro che usufruiscono del servizio mensa si dichiarano preoccupati della possibile sospensione del servizio a causa delle norme anti-Covid mentre 2 genitori su 10 fra coloro che ne hanno usufruito negli anni passati per i propri figli di 4-12 anni, pensano di non poter sostenere le spese il prossimo anno. I primi effetti di questa situazione si fanno sentire sulle scelte dei ragazzi sul proprio corso di studi: l’8% dei genitori intervistati dichiara che il proprio figlio pensava di iscriversi al liceo ma, a causa delle difficoltà economiche che sta attraversando la famiglia, ha scelto una scuola professionale.

L’Italia – sottolinea Save the Children nel suo rapporto – già prima della crisi presentava un quadro critico relativamente al fallimento scolastico, la dispersione e la povertà minorile. Il nostro Paese spende per l’istruzione e università circa il 4% del Pil (ultimo dato disponibile, 2018) rispetto al 4,6% della media Eu. La sola riforma del 2008 ha ridotto gli investimenti in istruzione di ben 8 miliardi di euro in 3 anni, operando dei tagli lineari, ovvero in percentuale sulla voce di costo, con poca attenzione al loro possibile impatto. La spesa per l’istruzione è così crollata dal 4,6% del 2008 al 4,1% del 2011, fino al minimo storico del 2016 e 2017 del 3,9%. Dal 2011 al 2016 l’Italia ha speso generalmente di più in interessi sul debito che sull’istruzione.

Il Rapporto dà anche conto della voce di più di 4000 studenti e di diversi docenti e dirigenti scolastici di alcune scuole con cui l’organizzazione collabora. L’ascolto delle necessità di tutti gli attori coinvolti, famiglie, studenti, docenti, comunità educante, in un momento così  delicato deve rappresentare una priorità nella costruzione di interventi e politiche pubbliche finalizzate alla ripresa e alla resilienza, per scongiurare il rischio di misure inefficaci dal punto di vista del loro impatto reale. «Molte scuole hanno dimostrato durante questi mesi la loro resilienza e la capacità di fronteggiare la crisi, nelle aree del Paese dove la povertà educativa è  più forte. Per cambiare la scuola non abbiamo bisogno di progetti a tavolino ma di partire da queste esperienze. Un investimento sulla scuola deve consentire di garantire ed estendere il tempo pieno, assicurare le mense scolastiche, un numero sufficiente di docenti, di personale amministrativo, di dirigenti scolastici, avere a cuore la sicurezza e la qualità dei luoghi in cui bambini e ragazzi vanno per imparare, favorire nuove e più inclusive modalità di apprendimento, con spazi e tempi di partecipazione. Il Piano nazionale “Next Generation” che il governo italiano sta per presentare all’Europa deve avere al suo centro questo obiettivo, se vuole rispondere a questo nome ambizioso, puntando anche al superamento della povertà educativa digitale delle scuole e degli studenti, emersa con tutta la sua evidenza nella fase di lockdown», afferma Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Nel corso degli anni Save the Children ha avviato una serie di progetti volti proprio a sperimentare approcci educativi più aperti e combattere efficacemente la povertà educativa. L’emergenza Coronavirus- Covid19 ha però reso necessario un riorientamento di tali iniziative. È per questo motivo che Save the Children ha lanciato, a giugno scorso, il programma “Riscriviamo il Futuro”, con l’ambizione di raggiungere 100mila bambini e adolescenti sul territorio nazionale e le loro famiglie, nei prossimi 15 mesi. Particolare attenzione, nell’analisi dell’organizzazione, anche ai servizi educativi per la prima infanzia, la cui rete «è del tutto inadeguata e in alcune regioni del Sud di fatto inesistente – spiega Milano -. La povertà educativa comincia sin dalla primissima infanzia e per questo riteniamo fondamentale un investimento ambizioso per rafforzare questa rete, nell’ambito degli interventi che dovranno essere messi in campo con le risorse del Next Generation Eu e che per essere all’altezza di questo nome non può dimenticare i bambini e in particolare i più piccoli». Di qui la richiesta dell’organizzazione che il piano nazionale del Recovery Resilience Fund affronti alcuni nodi cruciali, coerentemente con le Raccomandazioni specifiche del Consiglio Europeo e le linee generali del Programma nazionale riforme 2020, assicurando entro il 2023, in tutte le regioni, l’accesso di almeno il 33% dei bambini, e raggiungendo, entro il 2027, l’obiettivo ambizioso ma possibile del servizio educativo zero-sei come diritto per tutti i bambini.

Il programma “Riscriviamo il Futuro”, spiegano da Save the Children, ha come obiettivo quello di dare continuità all’apprendimento, assicurando a tutti i minori l’accesso a opportunità educative di qualità, attraverso l’innovazione e la didattica aperta. Per questo sono stati attivati 90 “Spazi Futuro” in 26 località italiane. L’idea è quella di un intervento su tre fronti: garantire che il materiale scolastico necessario per la didattica a distanza (pc, tablet, connessione internet) raggiunga effettivamente tutti gli studenti che ne hanno bisogno; svolgere attività estive, quali laboratori artistici e ricreativi, attività ludiche e motorie, di promozione alla lettura e acquisizione di competenze digitali, accompagnamento allo studio, compatibilmente alle norme di sicurezza e sanitarie, in modo tale da consentire a bambini e ragazzi il recupero delle competenze cognitive e sociali compromesse dal lungo periodo di isolamento; programmare per tempo interventi innovativi per la riorganizzazione della scuola e della didattica per l’anno scolastico 2020/2021, prevedendo anche un supporto materiale ed educativo per gli studenti in maggiore difficoltà economica.