Don Ambarus: contro il Covid, sbloccare gli ingranaggi della solidarietà

Il direttore della Caritas diocesana fa il punto sull’accoglienza in sicurezza dei senza fissa dimora. «Urgente l’istituzione di un tavolo tecnico tra Comune, Regione e parti sociali»

«Una catena di montaggio sociale». È di questo che ha bisogno Roma, dove la forbice delle disuguaglianze si sta allargando quotidianamente a causa della crisi economica aggravata dalla pandemia. Ne è convinto don Benoni Ambarus, direttore della Caritas diocesana di Roma, che chiede l’istituzione di un tavolo tecnico tra Comune, Regione e parti sociali per concordare insieme un percorso di accoglienza in sicurezza dei senza fissa dimora. Stando alle disposizioni regionali l’ingresso di nuove persone negli ostelli e nelle mense della Caritas – sospeso nella fase clou dell’epidemia – potrà essere consentito solo se gli ospiti si sottopongono a un primo tampone, poi all’autoisolamento per 14 giorni e poi a un secondo tampone. È quindi urgente mettere a sistema un piano dettagliato con il personale del Servizio sanitario regionale e delle Asl territoriali impegnato a fare i tamponi, il Comune, impegnato a trovare strutture per la quarantena, e le parti sociali, pronte a prendere in carico le persone dopo l’isolamento.

Il via libera della Regione Lazio ad eseguire i tamponi ai senza dimora, arrivato solo il 17 agosto dopo i numerosi appelli lanciati da don Benoni, non ha comunque sbloccato la situazione. Gli ingranaggi della macchina della solidarietà si sono inceppati sul secondo step, cioè l’isolamento “prudenziale”. «Il Comune deve ancora mettere a disposizione le strutture adeguate dove queste persone possano trascorrere le due settimane in isolamento – spiega don Ambarus -. Se questo non avviene non se ne verrà fuori. Le istituzioni non stanno facendo quanto in loro potere». Al momento sono solo una ventina i nuovi ospiti in ingresso (alcuni in isolamento mentre quelli che hanno completato la quarantena sono stati accolti nella struttura collettiva) e per garantire il distanziamento sociale è ridotto anche il numero degli ospiti nell’ostello di via Marsala, dove ci sono attualmente 80 persone.

Per Salvatore Geraci, responsabile del settore sanitario della Caritas romana, «è indispensabile avviare il percorso altamente protettivo sia per i nuovi ospiti sia per quelli che già si trovano nelle strutture di accoglienza collettive. Si tratta di una popolazione molto fragile dal punto di vista fisico e psicologico». Dal primo momento i volontari e gli operatori della Caritas diocesana si sono mobilitati per accogliere in sicurezza 29 minori stranieri non accompagnati inseriti in strutture di accoglienza dopo un tampone effettuato dalla Asl e un periodo di isolamento. «Abbiamo ritenuto che fossero i più fragili in assoluto – specifica Geraci – e abbiamo creato un percorso specifico per poterli accogliere». Durante il lockdown, e precisamente dal 10 marzo al 17 maggio, il poliambulatorio, pur garantendo solo le prestazioni indifferibili, ha potuto fare oltre 1.500 interventi di triage per Covid-19, 829 tra visite mediche generali e colloqui con medico di accoglienza e quasi 350 medicazioni.

Don Ambarus riconosce che l’emergenza sanitaria ha colto di sorpresa e ha «spiazzato» tutti ma ora «bisogna cominciare a ragionare per trovare soluzioni» affinché gli ultimi non restino tali. «La bellezza dell’essere umano è che cerca soluzioni per ogni situazione – aggiunge – ma per le fasce più deboli sembra non esserci lo stesso interesse e la stessa passione ed è quindi necessario spingere perché questo avvenga». L’organismo pastorale diocesano ha «fatto uno sforzo straordinario» allestendo per l’isolamento sei stanze singole con bagno nella struttura di accoglienza di Villa Letizia. «Occupati questi sei posti letto dobbiamo attendere 14 giorni per poter ospitare altre sei persone. Con questi ritmi come potremo organizzare un piano freddo diocesano?» si chiede il direttore della Caritas, il quale teme di vedersi costretto «a lasciare per strada un numero considerevole di persone fragili e vulnerabili».

Gli fa eco Geraci, secondo il quale è importante prepararsi ora per gestire adeguatamente la situazione in autunno, quando arriveranno le prime influenze e bisognerà distinguere il malanno di stagione dal coronavirus. Anche per questo Caritas «ha insistito che venisse riaperta l’accoglienza in sicurezza sia per gli utenti sia per gli operatori e i volontari (medici, infermieri, logisti) – rimarca -. Vogliamo garantire percorsi ben consolidati nei prossimi mesi. La nostra priorità resta sempre la stessa ossia intercettare il maggior numero di persone in difficoltà per poterle curare, orientare e mettere in sicurezza». Ad avvalorare le parole di Geraci i numeri degli accessi agli ambulatori dove da marzo sono stati effettuati oltre 2.395 interventi di triage Covid-19, 1.775 tra visite e colloqui col medico, 468 medicazioni.

1° settembre 2020