Vocazioni, chiamata all’«esodo»

Nel messaggio di Francesco l’invito a uscire da se stessi per centrare la vita in Cristo: impegno concreto per tutta la Chiesa

Nel messaggio di Francesco l’invito a uscire da se stessi per centrare la vita in Cristo: impegno concreto per tutta la Chiesa

Reso noto questa mattina, martedì 14 aprile, il messaggio di Francesco per la 52ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, firmato nella Domenica delle Palme, intitolato “L’esodo, esperienza fondamentale della vocazione“. Nelle parole del pontefice, l’invito a uscire da se stessi, «dalla comodità e rigidità del proprio io», per centrare la vita in Cristo: è il «movimento fondamentale dell’esperienza di fede», che sta «alla radice di ogni vocazione cristiana». 

Ascoltare e «seguire la voce di Cristo Buon Pastore, lasciandosi attrarre e condurre da Lui e consacrando a Lui la propria vita – scrive il Papa -, significa permettere che lo Spirito Santo c’introduca in questo dinamismo missionario, suscitando in noi il desiderio e il coraggio gioioso di offrire la nostra vita e di spenderla per la causa del Regno di Dio». Ma questo è possibile «solo se siamo capaci di uscire da noi stessi», sottolinea Francesco, leggendo «l’esperienza dell’esodo» come «paradigma della vita cristiana, in particolare di chi abbraccia una vocazione di speciale dedizione al servizio del Vangelo». Al centro, il «dinamismo pasquale»: quell’atteggiamento «sempre rinnovato» di conversione e trasformazione. Un «restare sempre in cammino, in un passare dalla morte alla vita così come celebriamo in tutta la liturgia». Proiettati verso «la gioia della comunione con Dio e con i fratelli».
Rispondere alla chiamata di Dio, dunque, per Francesco, è «lasciare che Egli ci faccia uscire dalla nostra falsa stabilità per metterci in cammino verso Gesù Cristo, termine primo e ultimo della nostra vita e della nostra felicità». Nella «dinamica dell’esodo», appunto, che riguarda «l’azione missionaria ed evangelizzatrice di tutta la Chiesa», che è davvero fedele al suo maestro «nella misura in cui è una Chiesa “in uscita”, non preoccupata di se stessa, delle proprie strutture e delle proprie conquiste, quanto piuttosto capace di andare, di muoversi, di incontrare i figli di Dio nella loro situazione reale e di com-patire per le loro ferite».
Accogliere la chiamata del Signore allora, rimarca il pontefice, «non è una questione privata e intimista», bensì «un impegno concreto, reale e totale», che «spinge al tempo stesso all’impegno solidale a favore della liberazione dei fratelli, soprattutto dei più poveri».
14 aprile 2015