Bambino Gesù, separate due gemelline siamesi unite per la testa

È il primo caso in Italia e probabilmente l’unico al mondo. L’intervento preparato in oltre un anno di studio e in più fasi chirurgiche. Le piccole ora stanno bene

Posizionate nuca contro nuca, avevano in comune la scatola cranica e gran parte del sistema venoso le due gemelline siamesi arrivate dal Centrafrica separate con successo all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù. Un intervento preparato in oltre un anno di studio, culminato in tre diverse e delicatissime operazioni. L’ultima fase, la separazione definitiva, il 5 giugno scorso, con un’operazione di 18 ore e l’impegno di oltre 30 persone tra medici e infermieri. A un mese di distanza, le bambine, che hanno appena compiuto due anni, stanno bene: lo hanno reso noto ieri, 7 luglio, dal Bambino Gesù, illustrando, in una nota, gli step che hanno portato all’intervento. «È il primo caso in Italia, e probabilmente l’unico al mondo (in letteratura non sono descritte operazioni simili) – di intervento riuscito su una coppia di “craniopagi totali posteriori”, una tra le più rare e complesse forme di fusione a livello cranico e cerebrale», spiegano. Ora le piccole sono ricoverate nel reparto di Neurochirurgia dell’ospedale della Santa Sede in due lettini vicini, una accanto all’altra, insieme alla loro mamma Ermine.

«Quando si incontrano vite che possono essere salvate, va fatto. Non possiamo e non dobbiamo voltare lo sguardo dall’altra parte» ha detto la presidente Enoc durante la conferenza stampa di presentazione dell’intervento, ieri, 7 luglio. Lei quelle vite le aveva incontrate nel luglio 2018, a Bangui, Capitale del Centrafrica, dove era arrivate per seguire i lavori di ampliamento della struttura pediatrica voluta da Papa Francesco. Le gemelline, Ervina e Prefina, erano nate pochi giorni prima, il 29 giugno, nel centro medico di un villaggio a 100 km da Bangui. Nessuna indagine prenatale: la mamma e i medici scoprono che si tratta di una coppia di gemelle siamesi solo al momento del parto cesareo. Il piccolo centro sanitario, però, non è attrezzato per prendersene cura, così la famiglia viene trasferita nella Capitale centrafricana. Immediata la decisione di Enoc di farsene carico, portandole a Roma, per dare loro maggiori possibilità di sopravvivenza.

L’arrivo in Italia risale al 10 settembre 2018, nell’ambito delle attività unitarie internazionali del Bambino Gesù. La prima tappa è la struttura di Palidoro, per il percorso di neuroriabilitazione; quindi le piccole vengono trasferite nel reparto di Neurochirurgia al Gianicolo per gli studi sulla fattibilità delle procedure di separazione. E le indagini confermano che le gemelline godono di buona salute generale: sono unite per un’ampia superficie della parte posteriore della testa che comprende la nuca. Hanno in comune ossa craniche e pelle; a livello più profondo, condividono la falce e il tentorio (membrane fibrose che separano i due emisferi cerebrali e questi dal cervelletto) insieme a gran parte del sistema venoso, «che ha rappresentato la sfida più difficile per l’équipe di Neurochirurgia del Bambino Gesù nella pianificazione degli interventi», riferiscono dall’ospedale. Per questa particolare conformazione, rientrano nella rarissima categoria di gemelli siamesi craniopagi “totali”, uniti, cioè, sia a livello cranico che cerebrale. Tante cose in comune ma personalità diverse e distinte: Prefina giocherellona e vivace, Ervina più seria e osservatrice. «Per farle conoscere, e riconoscere, anche attraverso il contatto visivo prima della separazione, nell’ambito del percorso riabilitativo viene utilizzato un sistema di specchi».

Per farle sopravvivere, da separate, bisogna studiare ogni aspetto. Nasce così un gruppo multidisciplinare composto da neurochirurghi, anestesisti, neuroradiologi, chirurghi plastici, neuroriabilitatori, ingegneri, infermieri di differenti aree specialistiche e fisioterapisti. Viene coinvolto il Comitato Etico che condivide un percorso terapeutico che possa dare a entrambe le bambine le stesse chance di qualità della vita. E si mette a punto il programma. Nel corso dei mesi anche le gemelline vengono preparate alla separazione. Nella storia dell’Ospedale è il quarto caso di separazione di siamesi: nel 2017 c’erano state le gemelline algerine unite per il torace e l’addome e le piccole burundesi, unite per la zona sacrale. Negli anni 80, invece, la prima operazione del genere su due maschietti uniti sempre per il torace e l’addome.

Enoc e Marras, con la mamma delle gemelle siamesi separate al Bambino Gesù, luglio 2020

La grande sfida è il sistema venoso cerebrale, la rete di vasi sanguigni che le gemelle condividono in più punti.  L’équipe di Neurochirurgia del Bambino Gesù decide di procedere per fasi: tre interventi delicatissimi per ricostruire progressivamente due sistemi venosi indipendenti, in grado di contenere il carico di sangue che viaggia dal cervello al cuore. Si inizia nel maggio 2019 per arrivare, il 5 giugno 2020, alla separazione definitiva. Una volta separate le gemelline, poi, l’operazione prosegue in due diverse camere operatorie, con due équipe distinte, per ricostruire la membrana che riveste il cervello, rimodellare le ossa della scatola cranica e ricreare il rivestimento cutaneo. Il responsabile di Neurochirurgia del Bambino Gesù e dell’équipe che ha seguito le gemelline, Carlo Marras, lo racconta come «un momento emozionante, un’esperienza fantastica, irripetibile. Era un obiettivo molto ambizioso – afferma – e abbiamo fatto di tutto per raggiungerlo, con passione, ottimismo e gioia. Condividendo ogni passaggio, studiando insieme ogni minimo dettaglio».

Per le piccole, pochi giorni di monitoraggio in terapia intensiva, quindi il ritorno in reparto, nella stanza con due lettini singoli. «Il 29 giugno hanno festeggiato 2 anni, guardandosi negli occhi, muovendo le manine a ritmo di musica, in braccio alla mamma», raccontano dall’ospedale pediatrico. Hanno superato operazioni difficilissime; le ferite impiegheranno del tempo a rimarginarsi; il rischio di infezione è ancora presente. Proseguono il programma di neuroriabilitazione e per alcuni mesi dovranno indossare un casco protettivo. «Ma i controlli post-operatori indicano che il cervello è integro. Il sistema ricreato funziona, il flusso di sangue si è adattato al nuovo percorso. Si trovano in una condizione – spiegano i medici del dipartimento di Neuroscienze – che darà loro la possibilità di crescere regolarmente sia dal punto di vista motorio che cognitivo, e di condurre una vita normale, come tutte le bimbe della loro età».

Da mamma Ermine, in conferenza stampa, parole di gratitudine per l’ospedale e per quanti si sono presi cura delle sue bambine, «nate due volte. Se fossimo rimaste in Africa – afferma – non so quale destino avrebbero avuto. Ora che sono separate e stanno bene vorrei che fossero battezzate da Papa Francesco che si è sempre preso cura dei bambini di Bangui. Le mie piccole ora possono crescere, studiare e diventare dei medici per salvare altri bambini».

8 luglio 2020