De Donatis: «Il cammino riprende». La sfida: «Cambiare gli stili di vita»

Il cardinale vicario ha presentato alla diocesi gli orientamenti pastorali per il prossimo anno. La mappa delle cose «da abbandonare senza rimpianti» e la riforma dell'azione evangelizzatrice. Le proposte per giovani e famiglie e la chiamata alla solidarietà

Il cammino pastorale diocesano post Covid-19 deve mirare a entrare maggiormente in relazione con le persone che in questo momento hanno più che mai fame di rapporti autentici e profondi. La Chiesa, che per mesi è entrata nelle case grazie ai social, ora deve fisicamente incontrare le famiglie tra le mura domestiche e ascoltare ciò che hanno vissuto a causa del coronavirus, «che è stato una scossa nella vita di tutti». È chiamata a una riforma «della sua azione evangelizzatrice», a puntare a un legame basato sul “tu per tu”, ad «ascoltare con cuore contemplativo» tenendo ben presenti gli effetti dell’emergenza sanitaria. Traguardi raggiungibili se ci si lascia guidare dallo Spirito confidando nel “respiro di Dio” e sbarazzandosi «dell’autoreferenzialità narcisistica che si appaga della propria autocelebrazione» e dalla smania di pianificare.

Negli orientamenti per il prossimo anno pastorale – il terzo dei sette ispirati al Libro dell’Esodo in vista del Giubileo del 2025 -, il cardinale vicario Angelo De Donatis traccia una mappa delle «cose da abbandonare con coraggio e senza rimpianti» per poter «uscire, incontrare, abbracciare, sostenere» moralmente ed economicamente le famiglie «coinvolgendo i cristiani in una gara di solidarietà che aiuti ad alimentare il Fondo Famiglia e il Fondo Gesù Divino Lavoratore, voluto da Papa Francesco». Senza dimenticare giovani, anziani, poveri e ammalati. Ieri, 24 giugno, nel cortile del Palazzo Lateranense il porporato ha guidato la preghiera dei secondi Vespri nella solennità della Natività di san Giovanni Battista. Occasione per tracciare il bilancio di un anno segnato dalla pandemia e fornire gli indirizzi per il prossimo, che a settembre, con la ripresa delle attività pastorali, saranno approfonditi – si è augurato il cardinale – con Papa Francesco. Un anno all’insegna dell’interrogativo “Saremo disposti a cambiare gli stili di vita?”.

Ringraziando il clero romano per come ha affrontato l’emergenza e per la vicinanza sperimentata durante il suo ricovero al policlinico Gemelli, De Donatis ha evidenziato che non si è trattato di «una “parentesi”, ma di un tempo in cui siamo “stati arati” per renderci “terreno buono” che accoglie il seme dei doni di Dio». Il cammino riprende «arricchito da questo tempo in cui lo Spirito ha ricondotto fortemente all’essenziale». In quest’ottica, è necessario «ripensare all’evangelizzazione di giovani e adulti», scrollandosi di dosso il convincimento di aver soddisfatto «il proprio compito» solo se si salvaguardano le tradizionali attività. L’evangelizzatore deve essere in grado «di discernere e contemplare quali frutti di fede, di speranza e di carità lo Spirito ha seminato nel cuore delle persone», le quali, lo ha chiaramente messo in luce la pandemia, sono alla ricerca di Dio, desiderose di migliorare la propria vita spirituale e propense alla solidarietà.

«Abbandoniamo lo sguardo pessimista e distruttivo che ci vuol convincere dell’inutilità di buttarci – il monito del cardinale -, di incontrare gli altri, di ascoltare, di dialogare, di annunciare il Vangelo nelle situazioni di vita più diverse e apparentemente più lontane. Abbandoniamo ogni accidia e ogni resistenza per avventurarci nella fatica del collaborare per realizzare cose nuove con coraggio». Importante sarà il lavoro delle équipe pastorali, alle quali è affidato il compito di «rilanciare l’ascolto contemplativo», e, fino a quando vigerà il divieto di assembramento, favorire i contatti individuali anche per stimolare approfondimenti su cosa ha insegnato la pandemia.

Tra le proposte formative per le famiglie, che hanno dimostrato «con evidenza» di poter essere «le protagoniste attive di una nuova stagione evangelizzatrice della Chiesa di Roma», il cardinale ha annoverato la valorizzazione e il potenziamento di consultori, scuole di genitorialità, counseling familiare. Se molte famiglie hanno colto l’occasione per trascorrere del tempo insieme, altre hanno sperimentato la fragilità e vanno sostenute. Auspicata anche la maggiore integrazione delle famiglie immigrate, «portatrici di una ricchezza di fede e di cultura che può diventare patrimonio per la Chiesa e per la città».

Nei giovani e negli adolescenti il lockdown ha generato confusione e incertezza. «Forse alcuni potrebbero non avere il desiderio di uscire e di incontrare gli altri», le parole del porporato, che suggerisce la creazione di «spazi di ascolto e di condivisione in parrocchia e a scuola, magari nelle ore di religione, e sui social». Anche in questo caso l’invito è quello di adottare il criterio pastorale dei piccoli gruppi per potersi “guardare negli occhi” e, «appena sarà possibile», proporre «giornate di vita comune per favorire una narrazione reciproca e una lettura di fede».

L’impatto del Covid-19 sull’economia è sempre più evidente e per il vicario è indispensabile «creare una mentalità di condivisione che non metta in comune il superfluo ma parte del necessario». Tra le proposte, la spesa condivisa, la decima dello stipendio, gli affitti solidali e le donazioni al Fondo Gesù Divino Lavoratore. «Chi non ha avuto il proprio reddito intaccato dalla crisi, pensi a chi ha perso tutto», l’auspicio del cardinale.

25 giugno 2020