Naufragio al largo della Tunisia, «no all’immobilismo come misura politica»

Il Centro Astalli, dopo il ritrovamento di 34 cadaveri ripescati in mare. L’imbarcazione, diretta in Italia, era partita tra il 4 e il 5 giugno

22 donne, 9 uomini e 3 bambini. Sono i 34 cadaveri ripescati al largo della Tunisia: sono le vittime del naufragio di un’imbarcazione con 53 migranti a bordo, partita nella notte tra il 4 e il 5 giugno e diretta verso le coste italiane. Nel tratto di mare interessato, continuano le ricerche, nel tentativo di recuperare gli altri dispersi.

A prendere la parola, il presidente del Centro Astalli padre Camillo Ripamonti. «Non si può sospendere il soccorso in mare senza un piano alternativo di ingressi in Europa – afferma -. Le violazioni da parte dei governi del diritto internazionale pubblico, dei principi umanitari e del diritto del mare sono talmente frequenti che non suscitano più alcuna reazione da parte di istituzioni nazionali e sovranazionali». Per il gesuita, è «un paradosso che preoccupa: a fronte dell’incremento di crisi umanitarie, guerre e calamità naturali nel mondo, assistiamo in Europa a un indebolimento delle tutele internazionali e del rispetto dei diritti fondamentali».

Dal Centro Astalli arriva quindi la richiesta «a chi ci governa» di «porre fine alla strage dei migranti in mare attivando immediatamente vie legali d’ingresso in Europa: canali umanitari, programmi di reinsediamento e visti di ingresso per lavoro sono misure esistenti che da troppo tempo non trovano applicazione».

12 giugno 2020