Coronavirus, tamponi a senza dimora. Medu: serve «intervento complessivo»

Il sindaco Raggi scrive al governatore del Lazio per chiedere test a chi vive nei pressi della stazione Tiburtina ma le associazioni sono già al lavoro sul campo

Tamponi ai senza dimora che vivono nell’area intorno alla stazione Tiburtina. Lo chiede il sindaco di Roma Virginia Raggi in una lettera inviata al governatore del Lazio Nicola Zingaretti. L’obiettivo, spiega Raggi, è quello di «tutelare i cittadini», evitando che nella zona si verifichino casi di Covid-19. Ma la missiva ha suscitato già un dibattito all’interno delle associazioni che da giorni a Roma si stanno occupando della prevenzione del contagio da coronavirus tra gli homeless che vivono nelle stazioni e nei siti informali.

«Siamo rimasti estremamente sconcertati dalla dichiarazione del sindaco che denota un preoccupante pressapochismo – sottolinea Alberto Barbieri medico e coordinatore di Medu (Medici per i diritti umani) -: ci sono vari aspetti critici in questa richiesta. Innanzitutto, a Roma si stimano circa 8mila homeless; se consideriamo, poi, chi vive insediamenti informali la cifra arriva a 16mila. Non capiamo dunque perché il sindaco si preoccupi solo delle persone che vivono intorno alla stazione Tiburtina. Lì gravitano diverse centinaia di persone ma altrettante, se non di più, si trovano intorno a Termini o alla stazione Ostiense. Serve un intervento che prenda in carico tutti gli ottomila homeless di Roma. E questo lo diciamo con cognizione di causa perché da più di tre settimane abbiamo attivi alcuni team mobili che stanno facendo azioni di contenimento e screening».

In tutto Medu sta seguendo circa 3mila persone che vivono in condizione di grave precarietà. «Si tratta di persone a rischio, che non possono ottemperare alle misure previste dai dpcm, non possono stare a casa o in isolamento – spiega Barbieri – e non possono lavarsi le mani spesso. Inoltre, molti di loro hanno più di 50 anni e problemi di salute pregressi, in alcuni casi malattie croniche debilitanti. Finora non ci sono stati focolai anche perché le associazioni si sono attivate per una sorveglianza attiva e per fare prevenzione – prosegue -. Siamo dunque convinti che se si vuole richiamare l’attenzione sul tema si debba fare in maniera seria: bisogna comprendere che le 8mila persone senza dimora devono avere alloggi dove stare per tutelare la salute di tutti. Finché queste persone restano per strada il rischio è sempre alto: fare i tamponi ha un senso nell’ottica di una strategia complessiva di presa in carico. Al contrario si accresce solo l’allarme tra i cittadini».

Oltre a lavorare sul campo con altre organizzazioni umanitarie, da giorni Medu chiede che sia attivato un numero h24 per gli operatori, in modo da poter segnalare le persone con sintomatologia sospetta da Covid 19, e che siano messi a disposizione alloggi adeguati dove poter isolare questi casi. «Abbiamo dato la disponibilità a seguire con i nostri medici i malati in quarantena: se la persona ha dei sintomi gravi si chiama il 118 per chiedere il ricovero ma se i sintomi non giustificano il ricovero ospedaliero bisogna trovare un altro posto dove poter far stare le persone, senza sovraccaricare le strutture sanitarie. Questa esperienza ci sta insegnando che l’epidemia si contrasta sul territorio. Noi e altre associazioni lo stiamo facendo, le istituzioni ci devono ascoltare e darci mezzi adeguati. Noi distribuiamo quotidianamente gel e mascherine ma non sempre bastano per tutti». (Eleonora Camilli)

6 aprile 2020